Acquisti da NR con rivalsa IVA irrituale: compliance più efficace solo senza sanzioni
- 5 Marzo 2024
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
Quale legame c’è fra le due cose?
Apparentemente nessuno, ma non si può non osservare come il connubio delle due novità potrebbe (con piccoli accorgimenti) risolvere efficacemente fenomeni fraudolenti realizzati da soggetti non residenti che, a quanto risulta, hanno trovato comunque il modo “efficace” per far arrivare merce in Italia senza assolvere l’IVA in dogana e – aspetto ancora più grave – non versarla nelle cessioni interne.
Il TD28 potrebbe infatti fare da sponda per intercettare puntualmente – nel B2B – le errate fatturazioni con IVA ma alle condizioni dell’attuale (paradossale) impianto sanzionatorio in capo al cessionario/committente nessun residente, se consapevole, “collaborerà” mai per (auto)celebrarsi in un elenco che lo vedrà sanzionabile per un importo che – ben che vada – varia da 250 a 10.000 euro per singolo acquisto.
Si tratta di fatture di cui il fornitore estero incassa l’IVA nazionale ma che (senza generalizzare) non versa all’Erario, magari dileguandosi rapidamente. Con una banale implementazione tecnica, come diremo in calce, detta banca dati potrebbe contenere la lista delle fatture abbinate alla partita IVA nazionale dei citati fornitori e rendere quindi estremamente efficaci e veloci l’individuazione di detti soggetti e le conseguenti verifiche mirate.
Prevenzione e contrasto alle frodi attraverso la rappresentanza fiscale dei NR
Attraverso l’immissione in libera pratica da altro Stato membro (regime 42) tali soggetti riescono infatti a introdurre in Italia beni senza assolvere IVA all’importazione indicando se stessi (e non un cessionario effettivo residente/stabilito) quali destinatari, con evidente elevazione del rischio che poi il soggetto non solo non versi l’IVA (dileguandosi abbastanza frettolosamente) dovuta nelle cessioni interne B2C ma la incameri anche nelle cessioni B2B, fatturate irritualmente in rivalsa, realizzando così non solo illecite frodi fiscali ma anche gravi distorsioni di mercato.
La relazione tecnica parla di circa 68.000 soggetti esteri con rappresentante fiscale di cui circa 60.000 concentrati su 30 rappresentanti fiscali che gestiscono quindi una media di 2.000 soggetti ciascuno.
(i) i fornitori extra UE possano ottenere l’iscrizione al VIES per realizzare operazioni intracomunitarie (fra le quali rientrano le suddette immissioni in regime 42) solo previo rilascio di idonea garanzia rimettendo ad apposito D.M. l’individuazione dei criteri e modalità attuative di rilascio di tale garanzia;
(ii) il rappresentante fiscale che trasmette all’Agenzia delle Entrate la dichiarazione di inizio/variazione attività da cui risulti la suddetta richiesta di iscrizione al VIES ha l’obbligo di verificare la veridicità e completezza del corredo documentale prodotto dal contribuente e la relativa corrispondenza con le notizie in suo possesso, a cui fa seguito la verifica di Agenzia e Guardia di Finanza nei termini e modalità di intervento che saranno individuati con apposito D.M.;
L’obiettivo di queste misure è ovviamente quello di contrastare i citati fenomeni (soprattutto legati all’e-commerce) espungendo quindi dal mercato quantomeno una parte dei soggetti “evanescenti” attualmente operanti; per i restanti la possibilità di escutere comunque la garanzia alla contestazione degli illeciti riscontrati dovrebbe garantire un recupero di gettito stimato in di circa 71 milioni di euro nel 2024 e, negli anni successivi, di 143 milioni l’anno.
L’irrituale addebito dell’IVA nelle operazioni B2B e il (poco convincente) uso del TD28
Ciò nonostante il fenomeno, come detto, non è raro ancorché il cessionario/committente fornisca puntualmente la propria partita IVA pure iscritta (anche se l’aspetto non è rilevante per le cessioni interne) e quindi agevolmente riscontrabile nel VIES.
Per il suddetto irrituale addebito, il già citato art. 6, comma 9-bis1, fa salva la detrazione (secondo le misure ordinarie) per il cessionario/committente; detta concessione è accompagnata, però, da una sanzione fissa che varia da 250 a 10.000 euro (di cui è solo solidalmente responsabile il fornitore estero) e ferma restando l’applicazione della sanzione più pesante del comma 1 (ovvero dal 90 al 180% che scenderà al 70%, senza forchetta, se sarà confermato lo schema del decreto attuativo della riforma) qualora il versamento in rivalsa, in luogo del reverse, sia determinato da un intento di evasione o di frode del quale (sia provato) il cessionario o committente era consapevole.
L’uso del TD28 si differenzia dal TD19 (e dal TD17) per il fatto che non genera la posta a debito tipica degli acquisti in reverse charge. Fu infatti originariamente introdotto per la gestione della comunicazione esterometro relativa agli acquisti con IVA di beni cartacei (per quelli in fattura elettronica SdI invece non si fa esterometro) da fornitori sammarinesi non obbligati all’uso della fattura elettronica (soggetti con ricavi non superiori a 100.000 euro), mentre per quelli addebitati senza rivalsa trova applicazione il reverse con ordinario uso (secondo i desiderata dell’Agenzia delle Entrate – ai fini precompilate – anche nel caso di fattura elettronica) del TD19.
L’uso del TD19 (o TD17 per i servizi)
Ciò considerato è evidente quindi che nessun cessionario/committente residente, consapevole del suddetto impianto sanzionatorio, utilizzerà mai il TD28 (tranne per i suddetti acquisti da San Marino) per non correre il rischio di vedersi propinare non per colpa sua (tanto più se in buona fede) la sanzione, ben che vada, di 250 euro (è abbastanza evidente che all’Agenzia basta un “click”, come è già stato sperimentato a marzo dello scorso anno per le segnalazioni di compliance relative alle fatture attive tardive).
Tolta suddetta, comunque fastidiosa, eventualità è invece agevole concludere che – anche laddove il malcapitato cessionario non riesca a farsi restituire l’IVA erroneamente applicata – la scelta prevalente (anche opportuna) sarà quella di rinunciare (sostanzialmente) alla detrazione tanto più se si tratta (come spesse succede negli acquisti da e-commerce) di singoli acquisti di pochi euro e applicare il reverse charge esattamente come richiede l’art. 17, comma 2 (in perfetta aderenza quindi alla norma) comunicando detti acquisti con il TD19 (o eventualmente TD17 se relativi a servizi).
In questa ipotesi rimangono irrisolte due questioni (da sempre) non del tutto chiare ovvero:
(i) se l’importo su cui calcolare l’IVA della posta a debito (e di conseguenza a credito) debba prendere a base il totale irritualmente ivato (122) ovvero quella che sarebbe stata la base (100) nel caso di fattura rituale (a giudizio di chi scrive entrambe le tesi sono sostenibili anche se la prima parrebbe più prudente);
I suggerimenti
Se quest’ultimo sarà l’approccio prevalente (com’è spontaneo pronosticare) è evidente che l’Amministrazione finanziari perderà l’occasione di farsi confezionare dai cessionari residenti la lista precisa delle fatture emesse dai fornitori esteri poco virtuosi e potenzialmente pericolosi.
Ciò rappresentato, questo il suggerimento delle citate Associazioni al Viceministro Leo per rendere la gestione più semplice (per gli operatori residenti) e più efficace (per l’Agenzia delle Entrate):
2. si consideri con l’Agenzia delle Entrate (e la Sogei) l’opportunità di implementare (modificare) le procedure tecniche affinché l’invio del TD28 sia praticabile anche indicando nell’IdFiscaleIva del fornitore la partita IVA Italiana (con codice ISO IT) del non residente (oggi non è così).
Il passo, a ben vedere il già citato schema del decreto legislativo sulle nuove sanzioni, non sarebbe poi così lontano da quanto riscontrabile nella riscrittura del comma 8 (caso diverso) del medesimo art. 6 da cui risulta (se sarà confermata) che il cessionario residente, in luogo dell’attuale autofattura denuncia che richiede il versamento dell’IVA nelle omesse/irregolari fatture dei fornitori residenti, non sarà sanzionabile laddove “provveda a comunicare l’omissione o l’irregolarità all’Agenzia delle Entrate, tramite gli strumenti messi a disposizione dalla medesima, entro la fine del mese successivo a quello cui doveva essere emessa la fattura o è stata emessa la fattura irregolare”; in caso di inottemperanza la sanzione sarà invece pari al 70% (invece dell’attuale 100%) dell’IVA con minimo di 250 euro.