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Addio mini-IRES, l’ACE torna in scena. Quali rischi per le imprese?

Addio Mini Ires, L’ace Torna In Scena

A volte ritornano. È il caso dell’ACE, che la legge di Bilancio 2020 ripropone già a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019. Esce così definitivamente di scena la mini-IRES, la cui breve (e travagliata) storia ne ha, di fatto, impedito l’effettiva entrata in vigore. Le imprese che avevano pianificato operazioni finalizzate a ottenere il vantaggio fiscale collegato alla mini-IRES potrebbero ora trovarsi in difficoltà: non solo non potranno ottenere il bonus, ma, in taluni casi, rischiano di subire un danno a causa delle diverse regole che presiedono le due agevolazioni.

Con un inaspettato colpo di scena, la legge di Bilancio 2020 ripropone l’ACE, l’Aiuto per la Crescita Economica introdotto dal D.L. n. 201/2011 e abrogato dopo 7 anni dalla legge di Bilancio 2019. E questo ritorno in scena avviene già a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, trasformando in una “breve storia triste” quella della mini-IRES, agevolazione di fatto mai entrata in vigore.

Mini-IRES: breve storia triste

La legge di Bilancio 2019 ha abrogato l’ACE introducendo la mini-IRES: a decorrere dal 2019 veniva concessa ai soggetti IRES e IRPEF la possibilità di beneficiare della tassazione ridotta degli utili reinvestiti in beni strumentali e/o in incrementi occupazionali.

Nello specifico, il reddito complessivo netto dichiarato dalle società di capitali e dagli enti commerciali e non residenti nel territorio dello Stato e dalle società non residenti operanti in Italia per il tramite di una stabile organizzazione sarebbe stato assoggettato all’aliquota IRES del 15% (in luogo di quella ordinaria del 24%) per la parte corrispondente agli utili del periodo d’imposta precedente a quello nel quale viene presentata la dichiarazione, conseguiti nell’esercizio di attività commerciali, accantonati a riserve diverse da quelle di utili non disponibili, nei limiti della somma:

– degli investimenti effettuati in beni strumentali materiali nuovi, ad esclusione degli investimenti in immobili e in veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti;

– del costo del personale dipendente assunto con contratto di lavoro a tempo determinato e indeterminato.

L’agevolazione avrebbe consentito di assoggettare ad IRES con aliquota ridotta la parte di reddito complessivo corrispondente al minore tra:

– l’ammontare degli utili accantonati a riserve disponibili;

– la somma degli investimenti in beni strumentali nuovi e in incrementi occupazionali.

Data la complessità, da subito evidenziata dagli operatori, legata alla concreta applicazione dell’agevolazione, il decreto Crescita ha completamente abrogato la disciplina della mini-IRES prevista dalla legge di Bilancio 2019, sostituendola con quella dettata dall’art. 2 del D.L. n. 34/2019, che contiene un nuovo incentivo volto ad individuare una modalità di tassazione agevolata IRES relativamente semplice, ma pur sempre con la finalità di agevolare gli utili non distribuiti.

A decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2022 (2023), l’IRES può essere applicata sul reddito d’impresa dichiarato, fino a concorrenza dell’importo corrispondente agli utili di esercizio accantonati a riserve diverse da quelle non disponibili e nei limiti dell’incremento del patrimonio netto, in misura ridotta di 4 punti percentuali (20%).

L’aliquota IRES viene ridotta come segue per i periodi d’imposta antecedenti al 2023:

– al 22,5% per il 2019;

– al 21,5% per il 2020;

– al 21% per il 2021;

– al 20,5% per il 2022.

Rilevano gli utili realizzati a decorrere dal 2018 e accantonati a riserva.

Per incremento del patrimonio netto si deve intendere la differenza tra il patrimonio netto risultante dal bilancio d’esercizio del periodo d’imposta di riferimento, senza considerare il risultato del medesimo esercizio, al netto degli utili accantonati a riserva, agevolati nei periodi d’imposta precedenti e il patrimonio netto risultante dal bilancio d’esercizio in corso al 31 dicembre 2018, senza considerare il risultato del medesimo esercizio.

ACE: a volte ritornano…

Ora la legge di Bilancio 2020 abroga la mini-IRES reintroducendo l’ACE già a decorrere dal 2019 e prevedendo che il rendimento nozionale del nuovo capitale proprio sia pari all’1,3%.

Introdotta dal D.L. n. 201/2011, l’ACE rappresenta una misura finalizzata a promuovere la capitalizzazione delle imprese, rendendo al tempo stesso più equilibrato il trattamento fiscale tra capitale proprio e capitale di debito. L’ACE consente una deduzione dal reddito imponibile commisurata al rendimento nozionale del nuovo capitale immesso nella società (sotto forma di conferimento in denaro o destinazione di utili a riserva), rispetto a quello esistente alla data del 31 dicembre 2010.

Inizialmente l’aliquota del rendimento nozionale era pari al 3% per il primo triennio di applicazione (2011-2013); per gli esercizi successivi, si sarebbe dovuto provvedere a una rideterminazione di tale coefficiente, mediante decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, da emanare entro il 31 gennaio di ogni anno.

La legge di Stabilità 2014 è intervenuta sospendendo quest’ultimo sistema di calcolo per un ulteriore triennio, rideterminando il rendimento nozionale in misura pari:

– al 4% per il periodo d’imposta 2014;

– al 4,5% per il 2015;

– al 4,75% per il 2016.

La legge di Bilancio 2017 ha nuovamente provveduto a rideterminare il coefficiente nozionale mediante decreto ministeriale e ha ridotto l’aliquota ACE, in via transitoria, al 2,3% nel 2017, fissandola al 2,7% a decorrere dal 2018.

Infine, con il D.L. n. 50/2017 sono state ulteriormente rimodulate al ribasso le aliquote del rendimento nozionale del nuovo capitale proprio che – dal 2,3% stabilito dalla legge di Bilancio 2017 – passa all’1,6% per il 2017, per assestarsi all’1,5% dal 2018.

Ora, la legge di Bilancio 2020 reintroduce l’ACE dopo che la legge di Bilancio 2019 l’aveva abrogata, dandone applicazione già dal 2019 e prevedendo l’aliquota del rendimento nozionale del nuovo capitale proprio all’1,3%.

Effetti dell’abrogazione della mini-IRES e della reintroduzione dell’ACE

Vediamo di fatto cosa potrebbe succedere con riferimento alle società che – per beneficiare della mini-IRES – hanno provveduto a deliberare la distribuzione delle riserve di utili generatisi fino al 2017 provvedendo, al contempo, ad accantonare a riserva quelli dell’anno 2018. Inoltre, al fine di non generare un decremento del patrimonio netto tra il 2018 e il 2019, i soci di queste società hanno potuto eseguire dei conferimenti in natura.

Tale comportamento avrebbe permesso di fruire appieno della mini-IRES sull’utile 2018.

Con la reintroduzione dell’ACE, invece, la distribuzione delle riserve di utili genera una riduzione della quota di patrimonio netto incrementale che deve essere moltiplicata per l’1,3% al fine di beneficiare dell’ACE stessa.

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