Al via la riforma dello sport: doppio regime di tassazione per il 2023

Ci siamo.

In attesa di correttivi legislativi richiesti da più parti e alimentati da dubbi e criticità ancora da risolvere, entra in vigore la riforma dello sport (D.Lgs. n. 36/2021), che rivoluziona i criteri di tassazione dei compensi percepiti dagli sportivi dilettanti, introducendo anche un’immediata complessità, in quanto il periodo d’imposta 2023 avrà un doppio regime per semestri e due diversi sistemi di tassazione:

– uno fino al 30 giugno 2023;

– un altro per i compensi percepiti dal 1° luglio.

In ogni caso, dalla combinazione tra agevolazioni fiscali e previdenziali in molti casi si ridurrà il costo complessivo del lavoro sportivo dilettantistico, in quanto la quasi totalità degli operatori di questo mondo non supera, su base annua, compensi superiori a 15.000 euro (e, molto spesso neanche a 5.000 euro) e, quindi, una quota ampia verrà, di fatto, esentata da prelievo fiscale e comunque in minima parte assoggettata a contribuzione obbligatoria.

Ma andiamo con ordine.

Quali sono le vecchie regole

Fino ad oggi, per i compensi percepiti in ambito sportivo dilettantistico ha trovato applicazione l’art. 69, comma 1, lettera m), TUIR, inquadrandosi i compensi percepiti dagli sportivi dilettanti tra i redditi diversi e, giusto quanto previsto dall’art. 69 TUIR fino all’importo massimo di 10.000 euro sono da ritenere esenti da tassazione, non concorrendo “altresì a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale”.

Superata la soglia di 10.000 euro, il sostituto di imposta opera una ritenuta a titolo di imposta e, nello specifico, per i compensi eccedenti il limite di 10.000 euro e fino a 30.658,28 euro, la ritenuta da operare a titolo di imposta è pari al 23%, mentre oltre tale ultimo limite la ritenuta si applica a titolo di acconto sempre nella misura del 23%.

Quali sono le nuove regole

Ecco, allora, la novità: detti compensi non sono ora più riconducibili nella categoria dei redditi diversi, essendo stato espunto dal novellato testo dell’art. 67, comma 1, lettera m) del TUIR ogni riferimento ai compensi corrisposti in ambito sportivo dilettantistico.
Da luglio, essi trovano la loro nuova disciplina nell’art. 36, comma 6, D.Lgs. n. 36/2021, che prevede che i compensi di lavoro sportivo nell’area del dilettantismo “non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino all’importo complessivo annuo di euro 15.000. Qualora l’ammontare complessivo dei suddetti compensi superi il limite di euro 15.000, esso concorre a formare il reddito del percipiente solo per la parte eccedente tale importo”.

Appare, peraltro, necessario segnalare che con l’entrata in vigore delle nuove norme sul lavoro sportivo, dovrà in molti casi cambiare anche il corretto inquadramento giuslavoristico di alcuni addetti e collaboratori che operano nell’ambito in argomento.

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Infatti, ai sensi dell’art. 25, comma 1, D.Lgs. n. 36/2021, è inquadrato come lavoratore sportivo “l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore di gara […] che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l’attività verso un corrispettivo. È lavoratore sportivo anche ogni tesserato […] che svolge verso un corrispettivo le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti degli enti affilianti, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale”.

In altri termini, i collaboratori che non operano in attività “necessarie per lo svolgimento di attività sportiva” (e come, peraltro, ampiamente sollecitato già in passato da diversi pronunciamenti della Corte di Cassazione) non potranno più essere inquadrati come lavoratori sportivi, ma sulla base delle ordinarie norme lavoristiche, tenendo conto anche dei regolamenti degli enti affilianti.

La “nuova” attività di lavoro sportivo potrà costituire oggetto di un rapporto di lavoro subordinato o autonomo, anche nella forma della collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.), con una previsione che introduce una presunzione per cui il rapporto di lavoro è nella forma della co.co.co. se la durata delle prestazioni lavorative non supera le 24 ore settimanali, escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive e se le prestazioni oggetto del contratto risultano coordinate, sotto il profilo tecnico-sportivo, ai regolamenti delle FSN, DSA ed EPS.

In altri termini, l’inquadramento contrattuale nel mondo sportivo dilettantistico dovrà fare riferimento ad una delle seguenti tipologie:

– lavoro subordinato,

– collaborazione coordinata e continuativa,

– lavoro autonomo con partita IVA,

– lavoro autonomo occasionale.

Appare, infine, utile evidenziare come anche l’attività di carattere amministrativo-gestionale resa in favore delle ASD e SSD potrà essere oggetto di co.co.co. e, ancorché tecnicamente fuori dal perimetro del lavoro sportivo, ai soli fini fiscali anch’esse fruiranno dell’agevolazione per la quale i compensi di lavoro sportivo nell’area del dilettantismo non concorrono all’imponibile fino a 15.000 euro (art. 36 comma 6).

Ai fini previdenziali, il lavoratore sportivo subordinato non godrà di esenzioni contributive, mentre quello autonomo (compreso il co.co.co. amministrativo-gestionale) beneficerà dell’esenzione per i primi 5.000 euro di compenso, nonché dell’aliquota contributiva ridotta nei limiti del 50% dell’imponibile contributivo fino al 31 dicembre 2027 (con aliquota al 33% per il lavoro subordinato, 25% per gli autonomi e co.co.co non già assicurati, 24% per autonomi e co.co.co già assicurati presso altre forme obbligatorie).

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