Antiriciclaggio e intelligenza artificiale. L’approccio? Prudenza

La capacità del crimine organizzato di adattarsi ai cambiamenti tecnologici è diventata un tratto distintivo. Intercetta l’innovazione, sfrutta i vantaggi dell’intelligenza artificiale per organizzare complesse operazioni di riciclaggio. Pertanto, i metodi di contrasto devono aggiornarsi e reagire in maniera tempestiva. L’intelligenza artificiale nel campo dell’antiriciclaggio può rappresentare senza dubbio un salto di qualità sempreché venga correttamente indirizzata e alimentata. Non si tratta più, quindi, di misurare “quanto” si muove, ma di comprendere “come”, “perché” e “dove” si muove il denaro. Questo cambio di prospettiva non sostituisce il giudizio umano, ma lo supporta, trasforma: l’analista da controllore passivo diventa soggetto attivo dell’interpretazione del rischio e consentirebbe (il condizionale è d’obbligo) di integrare un modello reattivo con uno realmente predittivo. Tuttavia, l’AI è uno strumento da maneggiare con estrema cura, poiché presenta alcune criticità.

Il riciclaggio di denaro, al netto delle sue molteplici manifestazioni, rappresenta il necessario “sfogo” per qualunque attività criminale che voglia trasformare proventi illeciti in risorse apparentemente lecite. È una fase cruciale, fisiologica, nella filiera del crimine ed è proprio in questa zona grigia – dove il denaro si mescola, si confonde – che le organizzazioni criminali mettono in campo le loro risorse più sofisticate: reti internazionali, veicoli societari, operatori compiacenti e, sempre più spesso, strumenti tecnologici avanzati.

Negli ultimi anni, la capacità del crimine organizzato di adattarsi ai cambiamenti tecnologici è diventata un tratto distintivo. Non si limita a seguire l’innovazione ma la intercetta, la adatta, la piega ai propri scopi; sfrutta – ad esempio – i vantaggi dell’intelligenza artificiale per organizzare complesse operazioni di riciclaggio o sfrutta talune tipologie di criptovalute che offrono un robusto anonimato.

Questa evoluzione comporta che i metodi di contrasto debbano, a loro volta, aggiornarsi e reagire in maniera tempestiva, soprattutto per non essere superati dall’abilità con cui i criminali sfruttano lacune normative e strumenti tecnologici sempre più sofisticati.

Le strategie di contrasto al riciclaggio si sono da sempre poggiate su sistemi rigidi, costruiti attorno a regole statiche e a soglie quantitative. Se una transazione, ad esempio, supera un certo importo, se coinvolge una giurisdizione considerata a rischio, se si ripete con una frequenza sospetta, allora scatta l’allerta.

Questo approccio, pur efficace nel porre un argine al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo, sconta alcune endemiche problematiche.

Una su tutte è l’elevato tasso di falsi positivi generati dai sistemi, che si traduce e si riverbera in un sovraccarico delle funzioni AML. Quest’ultime faticano a valutare i report generati dai sistemi informatici tradizionali e sono costrette ad impiegare tempo e risorse per analizzare operazioni che, nella maggior parte dei casi, si rivelano prive di reale rischio e, quindi, senza necessità di ulteriore approfondimento o segnalazione alle Autorità. In questo rumore di fondo, le vere anomalie rischiano di passare inosservate o di essere individuate quando è ormai troppo tardi.

C’è poi un altro aspetto, forse ancora più critico: capita sovente che questi sistemi vedano i dati, ma non li capiscano. Esaminano i movimenti a uno a uno, ma non riescono a cogliere la logica complessiva di una fattispecie complessa.

Esempio

Può infatti accadere che, se un soggetto fraziona le proprie operazioni, usa prestanome, si muove attraverso piattaforme decentralizzate o utilizza società di comodo in Paesi poco trasparenti, l’apparenza può rimanere impeccabile.

È proprio tra ciò che il sistema è in grado di vedere e ciò che realmente accade che si apre lo spazio per un nuovo approccio; è qui che l’intelligenza artificiale inizia a mostrare la sua utilità concreta, non in un’ottica di “automatizzazione” dei controlli, ma perché introduce un’intelligenza diversa, capace di leggere tra le righe, di connettere frammenti, di intuire coerenze o dissonanze nelle varie fattispecie che, prima facie, possono apparire del tutto normali.

L’analisi simultanea di diverse fonti permette di evidenziare collegamenti non immediatamente visibili a un occhio umano.

Esempio

Si pensi alla creazione di profili di rischio basati non solo sulle operazioni finanziarie “canoniche”, ma anche su aspetti più sottili, come la frequenza di determinate transazioni, la comparsa di soggetti già noti alla giustizia o la correlazione con indirizzi crittografici legati a reti poco trasparenti, la coerenza – o l’incoerenza – del comportamento finanziario con il profilo economico del soggetto.

L’intelligenza artificiale nel campo dell’antiriciclaggio può rappresentare senza dubbio un salto di qualità per osservare, analizzare e comprendere i dati; non è solo questione di velocità nell’elaborare i dati, ma anche di saperli interpretare in maniera “diversa”, scoprendo collegamenti che, altrimenti, resterebbero invisibili.

Un algoritmo ben progettato può analizzare simultaneamente una quantità di informazioni che nessun operatore umano potrebbe trattare. Per fare un esempio concreto: non si limita a rilevare se un bonifico supera una soglia prestabilita ma confronta se quel bonifico è in linea con l’operatività consueta del soggetto, lo collega con eventuali operazioni simili o collegate eseguite su conti intestati a soggetti correlati, verifica la natura dell’attività economica dichiarata, incrocia i dati con liste di persone politicamente esposte o sanzionate, valuta se il conto coinvolto si collega a piattaforme sospette, perfino se il dispositivo da cui parte l’operazione è stato utilizzato in altri contesti opachi.

In altre parole, l’IA non si accontenta del dato nudo e crudo, ma lo contestualizza in base al soggetto, all’operatività e alle informazioni in suo possesso. Sempreché, ovviamente, venga correttamente indirizzata e alimentata.

È innegabile che uno dei vantaggi dell’intelligenza artificiale sia una lettura complessa e profonda dei dati, nonché la capacità di mettere in relazione fonti diverse – dati bancari, anagrafici, societari, open source, perfino blockchain – in modo da costruire una visione d’insieme che non è più solo quantitativa, ma anche qualitativa. Non si tratta più, quindi, di misurare “quanto” si muove, ma di comprendere “come”, “perché” e “dove” si muove il denaro.

Un riadattamento in chiave moderna del più celebre “follow the money”.

Questo cambio di prospettiva è fondamentale per riconoscere schemi anomali che non violano alcuna soglia o parametro ma che, letti nel loro insieme, restituiscono un profilo incoerente con le informazioni e/o l’operatività del soggetto attenzionato in ottica di prevenzione del riciclaggio.

Naturalmente, tutto questo non sostituisce il giudizio umano ma lo supporta, può offrire alla funzione AML una mappa più chiara e profonda. Trasforma, altresì, l’analista da controllore passivo a soggetto attivo dell’interpretazione del rischio e consentirebbe (il condizionale è d’obbligo) di integrare un modello reattivo con uno realmente predittivo.

Uno dei vantaggi più evidenti dell’intelligenza artificiale in ambito antiriciclaggio è la sua capacità di liberare la funzione AML da una trappola che conosce fin troppo bene: i cosiddetti falsi positivi (operazioni apparentemente sospette ma in realtà del tutto legittime) che occupano gran parte del tempo degli operatori, rallentando l’intero processo di analisi.

L’IA, invece, è in grado di affinare continuamente i propri modelli, riducendo drasticamente questo rumore di fondo e permettendo agli analisti di concentrarsi dove davvero serve. A ciò si aggiunga che l’intelligenza artificiale risponde meglio e più velocemente – rispetto ai classici sistemi di allerta – alle trasformazioni del modus operandi criminale, aggiornandosi in tempo reale e scoprendo pattern che fino a poco tempo fa sarebbero stati semplicemente invisibili a un’analisi tradizionale.

Tuttavia, è uno strumento da maneggiare con estrema cura, poiché presenta alcune criticità.

Ogni tecnologia potente porta con sé, inevitabilmente, un margine di rischio e l’intelligenza artificiale non fa eccezione. Infatti, se da un lato essa offre nuove possibilità di osservazione e analisi, dall’altro introduce nuovi interrogativi, sia tecnici che etici, che non possono essere sottaciuti.

Ne stiamo parlando in tanti, forse troppi.

L’approccio di chi scrive resta sempre, seppur forse errato, quello della prudenza.

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