Autostrade, stop all’aumento dei pedaggi per i gestori che non accettano le nuove tariffe

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La mossa del governo per avere maggiore forza nelle rinegoziazioni ma i gestori potrebbero rispondere con ulteriori contenziosi

di Maurizio Caprino


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Si nasconde nel decreto milleproroghe uno snodo della complessa partita sulle concessioni autostradali: l’articolo 13 del testo che verrà portato in Consiglio dei ministri prevede di fatto il blocco dei rincari dei pedaggi per i gestori che non accetteranno il nuovo sistema tariffario elaborato dall’Art (Autorità di regolazione dei trasporti).
Così il Governo potrebbe presentarsi in una posizione di maggiore forza nelle rinegoziazioni delle concessioni. Ma i gestori potrebbero rispondere con ulteriori contenziosi. E, in ogni caso, pare inevitabile che nelle negoziazioni entri la realtà che sta emergendo giorno dopo giorno: ampi tratti di rete, lasciati sostanzialmente al degrado per anni, ora necessitano di interventi che potranno avere riflessi sui piani finanziari.

Cosa prevede il Milleproroghe
L’articolo 13 del Milleproroghe fa riferimento proprio a questi ultimi (i Pef), che regolano di quinquennio in quinquennio investimenti, manutenzioni e le relative coperture con rincari dei pedaggi da determinare in base al volume di traffico previsto nel periodo.
Secondo la norma che sta per essere varata, le concessionarie per le quali i piani sono scaduti (cioè quasi tutte) potranno ottenere adeguamenti delle tariffe di pedaggio non dal 1° gennaio dell’anno nuovo com’è sempre stato, ma solo «alla definizione del procedimento di aggiornamento» dei piani stessi. E l’aggiornamento dovrà avvenire secondo il nuovo metodo Art. Messo a punto per tagliare i profitti dei gestori.

Prevede infatti, tra le altre cose, un recupero di efficienza (taglio dei costi riconosciuti in tariffa man mano che il costo di costruzione di un’autostrada viene ammortizzato e il progresso consente risparmi di gestione) e penalizzazioni per gli investimenti programmati e non realizzati per colpa del concessionario (riconoscendo poi in tariffa solo quelli effettivamente sostenuti).
Inoltre, c’è un meccanismo per il quale il gestore dovrebbe girare allo Stato una parte degli extraprofitti di solito realizzati grazie alla sottostima dei volumi di traffico (se nel Pef si calcola che i costi siano da spalmare su un numero di utenti più basso di quello reale, si ottengono dal Governo rincari più alti).

Le proteste dei gestori
I gestori sono subito scesi in campo contro questo metodo. Non solo dichiarando che avrebbe bloccato gli investimenti (perché le regole non vanno mai cambiate in corsa), ma anche presentando ricorso al Tar contro le delibere con cui l’Art ha applicato il metodo a ciascuno di loro. L’adozione delle nuove tariffe è bloccata anche dal fatto che le delibere non sono direttamente applicabili: occorre un accordo tra il ministero delle Infrastrutture e ogni singolo gestore.

Il blocco tariffario previsto dal milleproroghe dovrebbe ora convincere i gestori a raggiungere l’accordo. Ma non si può escludere che, partano ulteriori ricorsi per far dichiarare incostituzionale l’articolo 13. È la strategia seguita da Autostrade per l’Italia (Aspi) per cercare di “smontare” il decreto Genova nella parte in cui l’aveva esclusa dalla ricostruzione del Ponte Morandi. E sta iniziando a dare frutti: il Tar di Genova ha rimesso la questione alla Corte costituzionale.

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