Bonus edilizi, catasto e case fantasma. Per garantire equità fiscale, è sufficiente applicare leggi già esistenti

Tassazione degli immobili: tema a cui i contribuenti sono molto sensibili. Basta, però, un riferimento improprio da parte della politica per accendere discussioni convulse. Questa volta il tema specifico è quello del recupero di gettito mediante la leva fiscale da usare nei confronti di proprietari di immobili che non sono censiti nei registri catastali, ovvero che hanno eseguito spese di ristrutturazione fruendo di bonus edilizi (il 110% in particolare), senza allineare le rendite catastali alla reale consistenza e valutazione degli immobili. Certamente il Ministro dell’Economia ha ricordato che si tratta di applicare leggi già esistenti. Occorrerebbe perciò contestualizzare queste situazioni in uno scenario d’insieme, di sistema, come si suol dire. E allora appare pacifico che sia un dovere dell’Esecutivo recuperare le imposte che sono dovute, ma sfuggono alla tassazione. Questa situazione configura un’evidente evasione fiscale, ampiamente deprecata e ritenuta una violazione dei doveri sociali prima che tributari. Quindi, giusta misura di equità fiscale.

Politica e tasse sono sempre state intrecciate e motivo di polemiche, talvolta eccessive. Spesso i politici usano un linguaggio approssimativo e, quindi, non di rado foriero di equivoci per chi li ascolta o legge.

Il mio obiettivo è cercare di svolgere un pacato ragionamento su uno dei temi più accesi: la tassazione degli immobili alla quale gli elettori-contribuenti sono molto sensibili. Basta però un riferimento improprio per accendere discussioni convulse, forse evitabili. Questa volta il tema specifico è quello del recupero di gettito mediante la leva fiscale da usare nei confronti di proprietari di immobili che non sono censiti nei registri catastali ovvero hanno eseguito spese di ristrutturazione (superbonus, eco e sisma) che hanno fruito degli aiuti di Stato sotto forma di crediti d’imposta (il 110% in particolare). Inserite nel contesto della legge di Bilancio, che normalmente cerca di reperire risorse aggiuntive per finanziare spese patrocinate dalle varie parti politiche, le misure proposte sono spesso rappresentate come nuove tasse.

Si tratta allora di vedere se effettivamente siamo di fronte ad una nuova tassazione oppure di un’applicazione delle norme tributarie già esistenti per recuperare entrate sfuggite, in definitiva, all’imposizione per ragioni diverse. Nella prima ipotesi sarebbero pertinenti le lagnanze delle forze politiche di opposizione, ma non lo sarebbero nella seconda. A parte la politica, il rischio è di confondere le idee dei cittadini per effetto di argomentazioni ideologiche o comunque inappropriate.

Certamente il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha ricordato in parlamento che si tratta di applicare leggi già esistenti, come l’obbligo di adeguamento delle rendite catastali degli immobili interessati da interventi di ristrutturazione che hanno generato incrementi del loro valore, oltretutto con spese poste a carico dello Stato e, quindi, di tutti i cittadini. Così come è il recupero delle imposte che sarebbero dovute dai proprietari di immobili non iscritti in catasto. Il suo messaggio deve, però, essere stato evidentemente compreso male.

Occorrerebbe perciò contestualizzare queste situazioni in uno scenario d’insieme, di sistema, come si suol dire. E allora appare pacifico che sia un dovere dell’Esecutivo recuperare le imposte che sono dovute ma sfuggono alla tassazione. Come ben noto questa situazione configura un’evidente evasione fiscale, che è ampiamente deprecata e ritenuta una violazione dei doveri sociali prima che tributari.

Cosa c’è di diverso allora rispetto alle fattispecie tipiche dell’evasione fiscale, quali quelle grossolane come, nelle imprese, l’occultamento degli incassi e la deduzione di spese inesistenti o non aventi i requisiti per la deduzione? Di diverso c’è la modalità con cui si sfugge alla tassazione e, quindi, si compie l’evasione fiscale. L’omessa iscrizione in catasto di un immobile, scientemente attuata e nell’immaginario denominata “case fantasma”, comporta che l’immobile non viene denunciato e quindi non “classato” per cui non gli viene attribuita la rendita che è necessaria quale presupposto per la tassazione (IMU, imposte sui redditi). La volontarietà dell’omissione configura o no evasione fiscale? La risposta non ammette discussioni ed è che costituisce evasione. La ricerca da parte delle autorità fiscali di codesti immobili non censiti è un dovere e fa parte delle azioni attive di controllo per scovare gli evasori. Quindi, chi vi si oppone o mette in discussione questo principio deve essere qualificato come amico degli evasori.

Prendiamo ora gli immobili che sono censiti in catasto ma lo sono con rappresentazione non veritiera della realtà perché sono classificati in catasto in una categoria o in una classe inferiore rispetto a quella di pertinenza. In questo caso è sacrosanto che le autorità di controllo fiscale accertino questa distorsione e procedano alla rettifica, attribuendo la corretta classificazione, che, ovviamente comporterà un aumento della rendita catastale e, quindi, delle imposte dovute. Anche in questo caso vi sono forse dubbi che si tratta di attività di recupero dell’evasione fiscale? No di certo.

La stessa logica va applicata ad eventuali mutamenti della classificazione catastale (categoria o classe) dovuta agli interventi di ristrutturazione agevolati se sono tali da migliorare, secondo le norme vigenti da tempo, le caratteristiche degli immobili, tanto da comportare l’obbligo dell’adeguamento catastale. E quindi anche allineare le rendite catastali alla reale consistenza e valutazione degli immobili costituisce recupero di indebito risparmio di imposte (non molto dissimile all’evasione se deriva da scelte volontarie) e quindi giusta misura di equità fiscale.

Capita, invece, di confondere queste attività di contrasto all’evasione fiscale con la volontà politica di aumentare le rendite catastali a fini di gettito come misura generale di incremento della tassazione immobiliare, che costituirebbe realmente un inasprimento della pressione fiscale.

Ci moviamo sempre nell’ambito dell’equità fiscale, in cui va anche collocata la misura, già tradotta in legge l’anno scorso, che prevede, nel calcolo delle plusvalenze realizzate in caso di vendita degli immobili abitativi entro dieci anni dal loro acquisto o costruzione, di assumere il valore di costo senza considerare le spese di ristrutturazione che hanno goduto dei bonus 110% e simili. L’equità non sarebbe rispettata se nel valore di costo da porre a confronto col prezzo di vendita fossero comprese anche quelle spese, con riduzione della plusvalenza tassabile, che non sono state sostenute dal contribuente ma in sostanza portate a carico dello Stato.

In conclusione, occorre evitare di confondere la nuova tassazione con iniziative che tendono a recuperare evasione fiscale che si verifica qualora le case siano accatastate erroneamente, ovvero non siano stati dichiarati i mutamenti che incidono sulla classificazione catastale. Tendono, invece, ad escludere ingiusti arricchimenti (nei limiti delle spese coperte dai bonus casa) se non vengono tassate le plusvalenze realizzate su immobili ristrutturati a spese della collettività.

Gli altri contribuenti hanno o no motivo di lamentarsi se si consentisse di sfuggire ad una giusta tassazione dovuta all’evasione fiscale per omessa dichiarazione (catastale) dell’esistenza delle case o dei mutamenti dovuti alle ristrutturazioni, agevolate o no che siano? Ed ancora se si permettesse un calcolo delle plusvalenze portando a decremento anche le spese sostenute ma coperte da bonus fiscali?

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