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Bonus edilizi: dal divieto di opzione alla remissione in bonis, le novità del decreto Cessioni

Bonus Edilizi: Dal Divieto Di Opzione Alla Remissione In Bonis, Le Novità Del Decreto Cessioni
L’Agenzia delle Entrate torna sulla tematica dei bonus edilizi. Con la circolare n. 27/E del 7 settembre 2023 fornisce importanti chiarimenti sulle novità introdotte dal decreto Cessioni (D.L. n. 11/2023). che ha modificato l’art. 121 del decreto Rilancio.

Le novità normative: il divieto di opzione

Il decreto Cessioni ha modificato la disciplina riguardante lo sconto in fattura e la cessione dei crediti d’imposta.

In particolare, per ragioni di tutela della finanza pubblica, sono state introdotte alcune misure che hanno limitato l’ambito applicativo dell’opzione per lo sconto in fattura o per la cessione dei crediti d’imposta, mediante l’introduzione del divieto di opzione.

Il decreto Cessioni in merito ai bonus edilizi sancisce, quindi, per il titolare della detrazione d’imposta, a partire dal 17 febbraio 2023, un generale divieto di esercizio dell’opzione per lo sconto in fattura o per la cessione del credito d’imposta per gli interventi elencati al comma 2 dell’art. 121 del decreto Rilancio.

La conseguenza è che dal 17 febbraio 2023, salve alcune le deroghe tassative, i beneficiari del superbonus e dei bonus diversi dal superbonus potranno fruire esclusivamente della detrazione in diminuzione delle imposte dovute, in sede di dichiarazione dei redditi, mediante una ripartizione su più anni d’imposta.

Il divieto all’esercizio dell’opzione opera in relazione agli interventi di:

– recupero del patrimonio edilizio;

– efficienza energetica;

– bonus facciate;

– installazione d’impianti fotovoltaici;

– installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici;

– superamento ed eliminazione di barriere architettoniche.

A fronte di questo generale divieto di opzione per lo sconto in fattura e per la cessione del credito, il decreto Cessioni ai commi 1-bis, 2, 3, 3-bis e 3-quater dell’art. 2 individua tassative deroghe.

Le deroghe: analisi generale

Il decreto Cessioni, tra le altre cose, prevede l’abrogazione delle disposizioni di cui all’art. 14, commi 2-ter, 2-sexies e 3.1, e all’art. 16, commi 1-quinquies, terzo, quarto e quinto periodo, e 1-septies, secondo e terzo periodo, del D.L. n. 63/2013, ossia le norme che prevedevano la possibilità di esercitare il diritto di opzione, in luogo della detrazione, per la cessione dei crediti d’imposta e, nella sola ipotesi di cui all’art. 14, comma 3.15 , per lo sconto in fattura, in relazione a:

– spese per interventi di riqualificazione energetica e interventi di ristrutturazione importante di primo livello (prestazione energetica) per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro;

– spese per interventi di riduzione del rischio sismico realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali o realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3, mediante demolizione e ricostruzione d’interi edifici, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano alla successiva alienazione dell’immobile.

Queste norme prevedevano già che i soggetti beneficiari delle detrazioni potessero optare per la cessione del corrispondente credito in favore delle imprese che avevano effettuato gli interventi ovvero ad altri soggetti privati, con la facoltà di successiva cessione del credito.

La deroga alle disposizioni indicate prevista nel decreto Rilancio aveva consentito, al momento dell’introduzione generalizzata dell’istituto della cessione del credito d’imposta e dello sconto in fattura, l’applicazione omogenea della disciplina in questione per gli interventi ivi previsti, consentendo, quindi, per ciascuno di essi sia la cessione sia lo sconto.

L’abrogazione prevista dal decreto Cessioni comporta che, qualora la fattispecie in concreto verificatasi non rientri tra quelle di cui al comma 2 dell’art. 121 decreto Rilancio, il contribuente non potrà più avvalersi, in via residuale, delle disposizioni del D.L. n. 63/2013 relative all’esercizio delle opzioni.

La conseguenza è che a decorrere dall’entrata in vigore del decreto Cessioni, dunque, gli interventi che rientravano nella previsione delle norme abrogate possono fruire dello sconto in fattura o della cessione del credito d’imposta solo ove siano compresi nell’elenco di cui al comma 2 dell’art. 121 e sempre che ricorrano le condizioni di deroga previste dal decreto in esame.

Quali sono le deroghe al divieto di esercizio dell’opzione

Il nuovo comma 1-bis dell’art. 26 del decreto Cessioni stabilisce la possibilità di continuare a esercitare l’opzione per lo sconto in fattura e per la cessione dei crediti d’imposta per le spese sostenute per gli interventi relativi a superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche.

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In particolare, una prima deroga al divieto di esercizio dell’opzione per le spese documentate sostenute dal 1° gennaio 2022 è per la realizzazione degli interventi (per i quali la detrazione spetta nella misura del 75%):

– finalizzati al superamento e alla eliminazione delle barriere architettoniche in edifici già esistenti;

– di automazione degli impianti degli edifici e delle singole unità immobiliari funzionali ad abbattere le barriere architettoniche;

– finalizzati allo smaltimento e alla bonifica dei materiali e dell’impianto sostituito, in caso di sostituzione dell’impianto.

Inoltre, è prevista la possibilità di continuare a esercitare l’opzione per lo sconto in fattura e per la cessione del credito d’imposta in relazione alle spese sostenute per gli interventi del superbonus, per i quali, alla data del 16 febbraio 2023, risulti:

– presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), ai sensi dell’art. 119, comma 13-ter, del decreto Rilancio, nei casi di interventi diversi da quelli effettuati dai condomìni;
– adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la CILA, ai sensi dell’art. 119, comma 13-ter, del decreto Rilancio, nei casi d’interventi effettuati dai condomìni;

– presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo per gli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici.

Un’ulteriore deroga al divieto generale di opzione è stata prevista con riferimento agli interventi non rientranti nel superbonus, stabilendo che è possibile l’esercizio dell’opzione per lo sconto in fattura e per la cessione del credito d’imposta in relazione alle spese sostenute per gli interventi diversi da quelli di cui all’art. 119 del decreto Rilancio, per i quali alla data del 16 febbraio 2023:

– risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario;

– siano già iniziati i lavori per gli interventi per i quali non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo oppure, nel caso in cui i lavori non siano ancora iniziati, sia già stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori; nel caso in cui al 17 febbraio 2023 non risultino versati acconti, l’attestazione che i lavori abbiano avuto inizio entro il 16 febbraio 2023, o entro detta data;

– risulti presentata la richiesta di titolo abilitativo per l’esecuzione dei lavori edilizi rientranti negli interventi agevolabili.

Secondo l’interpretazione autentica fornita dal decreto Cessioni la successiva presentazione di una variante al titolo originario non rileva ai fini del rispetto dei termini per l’applicabilità delle deroghe appena viste.

Soggetti esclusi dal divieto di opzione

In linea generale, il decreto Cessioni consente l’esercizio dell’opzione di sconto in fattura e di cessione del credito d’imposta per i seguenti soggetti:

istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati nonché enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti, costituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di “in house providing”;

cooperative di abitazione a proprietà indivisa;

organizzazioni non lucrative di utilità sociale, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale e nei registri regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Sul punto occorre osservare che il rinvio operato dal comma 3-bis dell’art. 2 del decreto Cessioni alle disposizioni di cui alle lettere c), d) e d-bis) del comma 9 dell’art. 119 del decreto Rilancio è diretto a individuare i soggetti esclusi dal divieto di opzione, senza alcun riferimento all’ambito oggettivo. Ne consegue che detti soggetti possono continuare a esercitare l’opzione di sconto in fattura e cessione del credito d’imposta con riferimento sia al superbonus sia ai bonus diversi dal superbonus.

Deroghe anche per immobili danneggiati da eventi sismici o meteorologici

Un’ulteriore deroga all’applicazione del divieto di avvalersi della procedura di cessione del credito d’imposta o dello sconto in fattura consente di continuare a esercitare l’opzione per gli interventi effettuati in relazione a immobili danneggiati dagli eventi sismici.

È possibile, altresì, esercitare l’opzione in parola per gli interventi effettuati in relazione a immobili danneggiati dagli eventi meteorologici verificatisi a partire dal 15 settembre 2022, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con le deliberazioni del Consiglio dei ministri del 16 settembre 2022 e del 19 ottobre 2022, siti nei territori della regione Marche.

Responsabilità solidale dei fornitori e dei cessionari: le novità

Al fine di contrastare i comportamenti fraudolenti nell’ambito delle operazioni di cessione dei crediti d’imposta relativi ai bonus edilizi e tutelare le ragioni erariali, sono stati introdotti nel tempo diversi correttivi alla relativa disciplina.

Nello specifico, l’art. 1, comma 1, lettera b), del decreto Cessioni, mediante l’inserimento dei nuovi commi 6-bis, 6-ter e 6-quater all’art. 121, individua delle ipotesi al ricorrere delle quali il fornitore o il cessionario del credito d’imposta non concorre nella violazione per colpa grave e nelle quali, quindi, non si configura la responsabilità in solido con il beneficiario della detrazione qualora sia accertata la carenza dei relativi presupposti costitutivi.

Il comma 6-bis conferma l’applicabilità della disciplina di cui al comma 6 per le ipotesi di dolo, nonché il divieto di acquisto dei crediti da parte dei soggetti obbligati al rispetto della normativa antiriciclaggio.

Al di fuori di questi casi, la disposizione stabilisce che non ricorre l’elemento soggettivo della colpa grave e, quindi, è esclusa la responsabilità in solido del fornitore o del cessionario del credito d’imposta laddove questi dimostri congiuntamente:

– di aver acquisito il credito d’imposta;

– di essere in possesso di una specifica documentazione a sostegno della legittimità dell’agevolazione, relativa alle opere edilizie dalle quali si è originato il credito.

Laddove il cessionario o il fornitore, pertanto, dimostri di aver acquisito il credito e sia in possesso della documentazione elencata dalla normativa, non si configura l’ipotesi del concorso nella violazione con il beneficiario della detrazione per la mancanza dei presupposti costitutivi.

Il mancato possesso della documentazione non comporta, di per sé, la sussistenza di dolo o colpa grave del cessionario, in quanto detti elementi soggettivi non sono desumibili dalla sola mancanza di detta documentazione conservando il cessionario la possibilità di «fornire, con ogni mezzo, prova della propria diligenza o della non gravità della negligenza».

Il nuovo comma 6-ter, invece, prevede un’ulteriore ipotesi di esclusione della responsabilità solidale, applicabile a quei cessionari che acquistano i crediti d’imposta da una banca o da altra società appartenente al gruppo bancario della medesima banca o da una società quotata o da altra società appartenente al gruppo della medesima società quotata e che dispongano di un’attestazione di possesso della documentazione di cui al comma 6-bis, rilasciata dai soggetti qualificati elencati.

Credito non utilizzato: ripartizione in 10 rate annuali

Il decreto Cessioni attribuisce al cessionario di taluni crediti, al ricorrere di specifiche condizioni, la facoltà di ripartire il credito residuo in ulteriori 10 rate annuali di pari importo.

In tal modo si consente di ripartire la “quota annuale di credito d’imposta residuo” in 10 rate annuali di pari importo, per agevolare i cessionari che non hanno – o che prevedono di non avere – la capienza per utilizzare in compensazione tramite modello F24, entro il 31 dicembre, la quota annuale del credito d’imposta acquistato.

I crediti d’imposta per i quali può essere esercitata la facoltà sono relativi a:

– superbonus;

– superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche;

– sismabonus.

La facoltà può essere esercitata a condizione che i crediti d’imposta elencati derivino dalle comunicazioni di cessione o di sconto in fattura inviate all’Agenzia delle Entrate entro il 31 marzo 2023.

Pubblica Amministrazione: divieto di acquisto dei crediti d’imposta cedibili

Il decreto Cessioni ha previsto inoltre a decorrere dal 17 febbraio 2023, per le pubbliche amministrazioni, un divieto di acquisto dei crediti d’imposta derivanti dall’esercizio delle opzioni.

Remissione in bonis: in quali casi?

Due ipotesi in cui il contribuente può avvalersi dell’istituto della remissione in bonis sono individuate dal decreto Cessioni:

– la prima ipotesi opera nel caso in cui il contribuente non abbia presentato tempestivamente l’asseverazione di efficacia degli interventi, necessaria per fruire dell’agevolazione prevista nei casi d’interventi volti alla riduzione del rischio sismico;

– la seconda ipotesi riguarda la comunicazione per l’esercizio dell’opzione di cessione del credito nel caso in cui il contratto di cessione del credito d’imposta non sia stato concluso entro il 31 marzo 2023 e il cessionario sia un soggetto qualificato.

Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che già con la circolare n. 33/E del 2022, è stata riconosciuta la possibilità di avvalersi della remissione in bonis anche per l’esercizio dell’opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito di cui all’art. 121 del decreto Rilancio, purché:

– sussistano tutti i requisiti sostanziali per usufruire della detrazione di imposta relativa alle spese dell’anno di riferimento;

– i contribuenti abbiano tenuto un comportamento coerente con l’esercizio dell’opzione, in particolare, nelle ipotesi in cui tale esercizio risulti da un accordo o da una fattura precedenti al termine di scadenza per l’invio della comunicazione;

– non siano già state poste in essere attività di controllo in ordine alla spettanza del beneficio fiscale che si intende cedere o acquisire sotto forma di sconto sul corrispettivo;

– sia versato l’importo corrispondente alla misura minima della sanzione.

Se tali presupposti sussistono, l’invio della comunicazione è consentito entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile successiva all’ordinario termine annuale di trasmissione dell’opzione.

Il secondo periodo della lettera c) del comma 1 dell’art. 2-ter del decreto Cessioni introduce una norma d’interpretazione autentica volta a definire il “termine di presentazione della prima dichiarazione utile” entro cui il contribuente può avvalersi della remissione in bonis.

Secondo l’interpretazione autentica fornita dalla nuova normativa le spese sostenute a decorrere dal 2022, agevolabili ai sensi dell’art. 16, commi 1-quater, 1-quinquies e 1-septies, del D.L. n. 63/2013 (c.d. sismabonus) e dell’art. 119, comma 4, del decreto Rilancio (c.d. super sismabonus), finalizzate alla riduzione del rischio sismico, possono essere portate in detrazione solo a condizione che tutti gli adempimenti necessari ai fini del perfezionamento della remissione in bonis siano posti in essere entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi nella quale deve essere esercitato il diritto a beneficiare della detrazione della prima quota costante dell’agevolazione.

In merito alla remissione in bonis per la comunicazione per l’esercizio dell’opzione di cessione del credito nel caso in cui il contratto di cessione del credito d’imposta non sia stato concluso entro il 31 marzo 2023 e il cessionario sia un soggetto qualificato, è stato chiarito che qualora il contribuente abbia inviato diverse comunicazioni di cessione del credito oltre il termine del 31 marzo 2023, versando un unico importo di 250 euro, in luogo del versamento di 250 euro per ciascuna comunicazione tardiva, ai fini del perfezionamento della remissione in bonis, il versamento delle ulteriori somme dovute può avvenire anche successivamente alla presentazione delle comunicazioni, purché lo stesso avvenga entro la data del 30 novembre 2023, sempreché sussistano i presupposti sostanziali per godere delle agevolazioni richieste.

Le condizioni previste dalla norma per considerare perfezionata la remissione in bonis (rimozione dell’errore od omissione e versamento della somma pari a 250 euro per ciascun errore/omissione rimosso) devono, infatti, realizzarsi al più tardi entro il termine del 30 novembre 2023, sempre che la violazione non sia stata constatata dall’Amministrazione finanziaria o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza.

A supporto di tale conclusione depongono i chiarimenti forniti in tema di ravvedimento operoso con la circolare 10 luglio 1998, n. 180, secondo cui il ravvedimento si perfeziona allorquando siano state eseguite tutte le incombenze richieste dalla legge. Il termine “contestualmente” non deve essere inteso nel senso che tutte le incombenze previste ai fini del ravvedimento (rimozione formale della violazione e pagamento delle somme dovute) debbano avvenire nel medesimo giorno ma, com’è logico che sia, entro lo stesso limite temporale previsto dalla norma.

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