Il documento servirebbe solo se il Comune non ha mai applicato il Dm 1444
di Saverio Fossati
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La nebbia si va diradando sulla questione delle zone A e B, nelle quali deve trovarsi l’edificio per beneficiare del bonus facciate con la detrazione del 90% delle spese.
Mentre passano i giorni (i pagamenti devono essere effettuati nel 2020) la circolare delle Entrate 2/E del 14 febbraio ha già chiarito molti aspetti importanti (si veda il Sole 24 Ore del 15 e 16 febbraio) ma rimane un aspetto centrale, legato all’ubicazione degli edifici su cui effettuare i lavori. La legge 160/2019 parla infatti delle sole zone A e B indicate nel Dm 1444/68.
Nel concreto, l’individuazione delle zone non sembra semplice, perché nei Piani di governo del territorio o nei Prgc (ma si tratta solo di due sigle tra molte) le denominazioni A e B non esistono più, sostituite a volte da “R” o “AC-R” o altre ancora, dove la lettera R di solito indica la destinazione residenziale di un’area o una zona di riqualificazione. Insomma, a poco a che fare con le zone da A a F indicate nel decreto del 1968 e avere un piano regolatore con la zonizzazione da A a F, a quanto risulta al Sole 24 Ore, sembra piuttosto raro.
Il Mibact, con la lettera del Capo di gabinetto Lorenzo Casini (prot. 4961 del 19 febbraio 2020) inviata a una serie di sindaci piemontesi, ha però spiegato che il decreto 1444/68 non imponeva ai Comuni «di applicare meccanicamente la suddivisione in zone e la conseguente denominazione ivi previste. Il decreto, invece, identifica zone omogenee al fine di stabilire le dotazioni urbanistiche, i limiti di densità edilizia, le altezze e le distanze tra gli edifici».
Per ottenere il beneficio, quindi, basta «che gli edifici si trovino in aree che, indipendentemente dalla loro denominazione, siano riconducibili o comunque equipollenti a quelle A o B?descritte dal Dm 1444/68: un’informazione ricavabile proprio come quando le amministrazioni debbono applicare i limiti di densità edilizia (…)».