Cambia il regime della circolazione delle perdite in presenza di operazioni straordinarie
- 19 Marzo 2024
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
– tendenziale omogeneizzazione dei limiti e delle condizioni di compensazione delle perdite fiscali;
– modifica della disciplina del riporto delle perdite nell’ambito delle operazioni di riorganizzazione aziendale, non penalizzando quelle conseguite a partire dall’ingresso dell’impresa nel gruppo societario, e revisione del limite quantitativo rappresentato dal valore del patrimonio netto e della nozione di modifica dell’attività principale esercitata;
– definizione delle perdite finali ai fini del loro riconoscimento secondo i princìpi espressi dalla giurisprudenza degli organi giurisdizionali dell’Unione europea.
L’omogeneizzazione dei limiti e delle condizioni di compensazione delle perdite
In quest’ultimo articolo sono che previste due distinte condizioni ai fini della compensazione delle perdite fiscali:
– quelle c.d. di “vitalità” della società dotata di perdite fiscali, riguardanti i ricavi derivanti dalla gestione caratteristica e le spese per prestazioni di lavoro subordinato (il cui ammontare deve essere superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media dei due esercizi anteriori) nonché la presenza di un numero di dipendenti mai inferiore a 10 unità nel biennio precedente;
– quella del non mutamento dell’attività principale di fatto esercitata nei periodi di realizzazione delle perdite.
Inoltre, nei detti articoli 172 e 173 non si fa riferimento all’attività svolta dalla società in perdita. Si dovrà, quindi, scegliere se mantenere nell’art. 84 la condizione del mancato mutamento dell’attività principale esercitata. Si ritiene che la stessa possa essere conservata, attesa la diversità tra l’acquisizione delle partecipazioni – nella quale per utilizzare le perdite di una “bara fiscale”, occorre anche l’inserimento nella società acquisita di compendi aziendali profittevoli – e l’effettuazione delle operazioni di fusione e scissione – che determinano di per sé il trasferimento delle posizioni soggettive, comprese le perdite, in favore della società beneficiaria.
Si ritiene che tale condizione vada, invece, limitata ai casi del mutamento del settore economico o del comparto merceologico della società e dell’acquisizione di un’azienda o di un suo ramo da parte del soggetto che ha maturato le perdite. Non dovrebbe, invece, costituire cambiamento dell’attività la mera “immissione” di risorse finanziarie aggiuntive o di singoli beni strumentali.
Poiché il patrimonio netto contabile è, di regola, inferiore al valore economico dello stesso – ricomprendendo quest’ultimo anche i plusvalori latenti delle attività/passività e l’eventuale avviamento – si potrebbe mantenere fermo, come criterio alternativo, quello del patrimonio netto contabile in modo da evitare di dover redigere sempre una relazione di stima, anche quando le perdite da riportare trovino capienza in quest’ultimo parametro.
Le perdite conseguite a partire dall’ingresso nel gruppo societario
La finalità comune delle dette disposizioni antielusive consiste nell’evitare il cd. “commercio di bare fiscali”, finalizzato alla compensazione delle perdite fiscali riportabili di cui è dotata una società “decotta” – caratterizzata da una redditività fortemente negativa e la cui attività d’impresa ha subito un rilevante ridimensionamento – con i redditi imponibili di una diversa società.
Si ricorda che quando furono introdotti i limiti al riporto delle perdite in presenza di operazioni societarie di carattere straordinario era possibile la deduzione delle svalutazioni delle partecipazioni detenute dalla società e che l’utilizzo in compensazione delle perdite avrebbe comportato una duplicazione del beneficio. Per tale motivo erano state introdotte le menzionate disposizioni antielusive.
La compensabilità delle perdite si ritiene che possa essere riconosciuta anche:
b) per quelle che residuano in capo alla scissa ovvero sono trasferite a una beneficiaria di nuova costituzione;
c) in ogni altro caso nel quale non si realizza il “commercio delle bare fiscali”.
Le “final losses”
La finalità è quella di evitare la possibile violazione del principio di libertà di stabilimento allorché non sia consentito ad una società residente in Italia di utilizzare in compensazione del suo reddito la perdita fiscale realizzata da una controllata estera ubicata in un Paese UE o aderente allo Spazio Economico Europeo con il quale l’Italia ha stipulato un accordo che assicura un effettivo scambio di informazioni.
La Corte di Giustizia UE (si vedano, tra le altre, le sentenze Marks & Spencer del 13 dicembre 2005, causa C-446/03; A Oy del 21 febbraio 2013, causa C-123/11; Bevola del 12 giugno 2018, causa C-650/16; Holmen, del 19 giugno 2019, causa C-608/17; Memira Holding del 19 giugno 2019, causa C-607/17; W. AG del 22 settembre 2022, causa C-538/20) ha stabilito che ai fini dell’utilizzabilità delle perdite occorre, però, che la società partecipata estera abbia terminato la propria attività commerciale, ceduto o eliminato i propri asset potenzialmente produttivi di ricavi e non possa essere ceduta a terzi mediante una compravendita il cui prezzo tenga conto del valore delle perdite. In pratica, l’ordinamento estero non deve più riconoscere il diritto al riporto della perdita neanche con redditi prodotti da altre società del gruppo.