L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta a interpello n. 403 del 28 luglio 2023 in tema di strumenti finanziari partecipativi sottoscritti da manager/dipendenti.
L’articolo 60, comma 1, DL n. 50 del 2017 prevede che i proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società, enti o organismi di investimento collettivo del risparmio, percepiti da dipendenti ed amministratori di tali società, enti od organismi di investimento collettivo del risparmio ovvero di soggetti ad essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione, se relativi ad azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati», si considerano, al ricorrere di determinati requisiti, «in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi».
La presunzione in questione, operante ope legis, è applicabile in presenza delle condizioni individuate dal medesimo articolo, comma 1, lettere a), b) e c), ovvero:
– l’impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e gli amministratori di cui al presente comma, comporta un esborso effettivo pari ad almeno l’1 per cento dell’investimento complessivo effettuato dall’organismo di investimento collettivo del risparmio o del patrimonio netto nel caso di società o enti?
-i proventi delle azioni, quote o strumenti finanziari che danno isuindicati diritti patrimoniali rafforzati maturano solo dopo che tutti i soci o partecipanti all’organismo di investimento collettivo del risparmio abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e ad un rendimento minimo previsto nello statuto o nel regolamento ovvero, nel caso di cambio di controllo, alla condizione che gli altri soci o partecipanti dell’investimento abbiano realizzato con la cessione un prezzo di vendita almeno pari al capitale investito e al predetto rendimento minimo?
-le azioni, le quote o gli strumenti finanziari aventi i suindicati diritti patrimoniali rafforzati sono detenuti dai dipendenti e amministratori, e, in caso di decesso, dai loro eredi, per un periodo non inferiore a cinque anni o, se precedente al decorso di tale periodo quinquennale, fino alla data di cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione.
La sussistenza dei richiamati requisiti è garanzia di un allineamento degli interessi e rischi dei manager rispetto a quelli degli altri investitori ai fini di una comune assunzione e condivisione del rischio societario. Tale allineamento costituisce la ratio dell’assimilazione dei proventi normati dalla disposizione in commento ai redditi di natura finanziaria (di capitale o diversi), assimilazione che prescinde da qualsiasi legame con l’attività svolta dai manager o dipendenti della società.
La sussistenza delle condizioni fissate dalla norma attribuisce al provento percepito dal dipendente o dall’amministratore natura finanziaria a prescindere da qualsiasi legame con l’attività lavorativa prestata presso la società, ente od OICR partecipati o presso società od enti collegati o controllati dalle prime, come indicato nella circolare 16 ottobre 2017, n. 25/E.
La richiamata circolare ha chiarito che, l’assenza di una delle condizioni richieste, pone viceversa il tema della qualificazione reddituale, e richiede una analisi volta a verificare caso per caso la natura del provento, onde stabilire se esso sia effettivamente collegato all’assunzione del rischio derivante dall’investimento, o se rappresenti un compenso per l’attività lavorativa prestata.
Assume rilevanza ai fini dell’applicazione della disciplina del ”carried interest”, l’idoneità dell’investimento, anche in termini di ammontare, a garantire l’allineamento di interessi tra investitori e management e la correlata esposizione al rischio di perdita del capitale investito che contraddistingue l’investimento del management.
Tuttavia, se tale caratteristica può costituire un indice della natura finanziaria del provento, pattuizioni che incidano in senso negativo sulla posizione di rischio del manager fino a neutralizzarla del tutto (si pensi a clausole che garantiscano al dipendente la restituzione integrale, in ogni caso, del capitale investito) mal si conciliano con la qualificazione dello stesso come reddito di capitale o diverso.
Sul tema, la circolare n. 25/E del 2017 ha chiarito che per quanto concerne gli strumenti finanziari acquistati da manager e dipendenti con finanziamenti concessi a condizioni di particolare favore, la condizione dell’esborso effettivo, tesa a garantire l’effettiva partecipazione al rischio economico da parte del manager/dipendente, non sussiste in caso di investimenti effettuati dal management mediante ricorso a finanziamenti accordati dal datore di lavoro o da terzi che, per effetto di rinuncia da parte del creditore o al verificarsi di determinate condizioni, escludono in tutto o in parte il rimborso del capitale sovvenzionato. In tale ipotesi, infatti, il manager o dipendente non assumerebbe un sostanziale ruolo di investitore non partecipando pienamente al rischio di perdita del capitale investito.