Cedolare al 12,5% e nuovi trend pesano sugli affitti concordati
- 22 Ottobre 2019
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
L’effetto dei rincari sul rendimento
In molti casi, il rincaro d’imposta non sarebbe tale da determinare, da solo, la convenienza di disdettare il contratto. Ma potrebbe diventare decisivo se abbinato ad altri elementi.
1. Gli aumenti Imu e Tasi. In alcuni Comuni, la possibilità di aumentare i tributi locali – sbloccata dall’ultima manovra – si è tradotta in un aumento delle aliquote Imu (ed eventualmente Tasi) applicate ai contratti agevolati. Resta lo sconto “statale” del 25%, ma in certe situazioni potrebbe non essere ritenuto abbastanza convincente dal locatore.
2. I canoni liberi. Le rilevazioni confermano che nelle grandi città i canoni di mercato sono in aumento (Tecnocasa rileva nel primo semestre +2,3% per i monolocali e +1,8% per i bilocali e i trilocali). Dopo anni di crescita del canale agevolato, un allargamento della forbice tra canoni liberi e concordati potrebbe far nuovamente pendere la bilancia verso i primi.
È un tema che si pone soprattutto nelle città in cui i canoni concordati sono vicini a quelli di mercato, perché dove il divario è molto ampio i canoni liberi lasciano già oggi al proprietario un guadagno netto superiore. Fatto 1.000 il canone di mercato, il canale agevolato conviene se il canone concordato è di almeno 815. Con la cedolare al 12,5%, il livello sale intorno a 840.
3. Gli affitti brevi. Sempre nelle grandi città, la crescita del fenomeno degli affitti brevi (che pure scontano la cedolare al 21%) potrebbe invogliare alcuni proprietari a passare dalla locazione concordata – ora fiscalmente un po’ meno vantaggiosa – alla formula breve. Che azzera alla radice il rischio di morosità, pur addossando al locatore maggiori spese (condominio, Tari, eventuali commissioni alla società specializzata di gestione).