La valenza delle circolari dell’Agenzia delle Entrate sta significativamente mutando. A seguito della revisione dello Statuto dei diritti del contribuente, è stato codificato il potere dell’Amministrazione finanziaria di fornire supporto ai contribuenti nell’interpretazione e applicazione delle disposizioni tributarie mediante circolari non solo “interpretative”, ma anche “applicative”, che la Cassazione ritiene dotate di efficacia vincolante, in quanto idonee a completare il precetto di rango primario. Inoltre, è prevista la possibilità, recentemente convalidata dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate, di procedere all’elaborazione di circolari sui temi di maggiore interesse attraverso interlocuzioni preventive con soggetti istituzionali, ovvero con ordini professionali, associazioni di categoria o altri enti esponenziali di interessi collettivi, o ricorrendo a forme di pubblica consultazione prima della loro pubblicazione. Si tratta di innovazioni davvero auspicabili?
A fronte di testi normativi sempre più ipertrofici e instabili, i testi interpretativi delle disposizioni fiscali stanno assumendo un’importanza sempre più crescente, provocando svariati contraccolpi sul modo di intendere il lavoro del tributarista: l’attività (impegnativa ed esitante) di studio delle norme è progressivamente rimpiazzata dalla ricerca (affrettata) di soluzioni interpretative preconfezionate, risolute e bell’e pronte.
La soluzione tecnica, nel condizionare i comportamenti dei contribuenti, sta sostituendo la regola giuridica.
Se la soluzione è prospettata da interpreti ufficiali – come il legislatore e i giudici – che non perseguono interessi di parte, il testo interpretativo può essere molto opportuno.
Una valenza diversa dovrebbe, invece, (continuare a) essere ascritta alle soluzioni tecniche fornite dall’Amministrazione finanziaria, che non è dotata di poteri discrezionali nella determinazione del tributo e si trova su un piano di parità con il soggetto passivo. Infatti, nei manuali di Diritto tributario continua a leggersi che la c.d. interpretazione ministeriale, sia essa contenuta in circolari interne o in risoluzioni, non vincola né i contribuenti, né i giudici, né costituisce fonte di diritto; le norme di condotta degli Uffici centrali dell’Agenzia delle Entrate possono al massimo stabilire per gli Uffici territoriali ordini e direttive di comportamento nella concreta applicazione delle norme di legge.
Anche il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, nell’ambito del Convegno “Le novità della Riforma fiscale per le imprese” organizzato da Assolombarda il 20 novembre 2024, ha prefigurato un cambiamento di metodo: le circolari a firma direttoriale saranno precedute da consultazioni periodiche con i professionisti del settore, per condividere delle “linee guida”, soggette ad aggiornamento. Si immagina una sorta di “tavolo di concertazione” sulle questioni fiscali più importanti, che si dovrebbe riunire regolarmente e dovrebbe, quindi, essere svincolato dall’episodicità delle uscite normative.
Si tratta di una innovazione davvero auspicabile?
A prescindere dalle incertezze sulla selezione e rappresentatività dei delegati che siederanno ai tavoli tecnici di fronte all’Agenzia delle Entrate, la soluzione esplicitata in circolare è destinata a diventare una regola tecnica, dalla quale difficilmente il singolo contribuente potrà discostarsi: la perdita di una riferibilità esclusiva in capo all’Amministrazione finanziaria potenzierà la valenza della circolare che, da “norma di condotta” di una parte, diverrà l’interpretazione ufficiale su cui tutti convergono.
Anziché semplificare il diritto tributario a livello normativo, creando testi legislativi più chiari e trasparenti (a monte), si tenta di rendere uniforme (a valle) l’interpretazione, attraverso l’accordo dei due soggetti coinvolti nella dinamica dell’attuazione del tributo.
L’interpretazione irrigidita nella circolare “concertata” porterà verosimilmente a dei vantaggi in termini di certezza nell’applicazione del diritto tributario, sotto forma di armonizzazione delle eventuali posizioni divergenti, inducendo:
– il contribuente a prestare ancor più affidamento alle istruzioni della circolare in ordine al comportamento da tenere ai fini dell’applicazione delle leggi tributarie;
– il giudice “pigro” ad adagiarsi acriticamente sulla soluzione ivi proposta;
Si corre, tuttavia, il rischio di scalzare il dato legislativo: se il testo normativo è oscuro, l’Amministrazione finanziaria in circolare ne blinda (anche per se stessa) l’interpretazione, annettendo al testo legislativo un testo che legislativo non è.
A testi che continueranno ad avere la forma di atti di prassi andrà, quindi, assegnata una valenza para-normativa, con ricadute – ancora tutte da verificare – sul rispetto del principio costituzionale di riserva di legge in materia tributaria e sulla dinamica delle relazioni tra i soggetti che intervengono nella determinazione e attuazione del rapporto d’imposta.
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