Con la
risposta a interpello n. 378 dell’11 luglio 2023 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito il trattamento fiscale applicabile agli
interessi maturati su un mutuo concesso da una banca ad un suo dipendente, in caso di operazione di
cartolarizzazione.
In base all’
art. 51, comma 1,
TUIR, il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. La disposizione sancisce il
principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente fiscalmente rilevante, in base al quale sia gli emolumenti in denaro sia i valori corrispondenti ai beni, ai servizi e alle opere “offerti” dal datore di lavoro ai propri dipendenti costituiscono redditi imponibili e, in quanto tali, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
In relazione alla determinazione del reddito, il primo periodo del comma 3 dispone che ai fini della determinazione in denaro dei valori di cui al comma 1, compresi quelli dei beni ceduti e dei servizi prestati al coniuge del dipendente o a familiari indicati nell’articolo 12, o il diritto di ottenerli da terzi, si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell’
art. 9 TUIR.
Costituiscono redditi di lavoro dipendente, da determinare ai sensi dell’
art. 51 TUIR, non soltanto le somme e i valori che il datore di lavoro corrisponde direttamente ma anche le somme e i valori che, in relazione al rapporto di lavoro, sono erogate da soggetti terzi rispetto a tale rapporto.
Come chiarito dal Ministero delle Finanze nella
circolare 23 dicembre 1997, n. 326 (par.2.3), l’espressione “il diritto di ottenerli da terzi” va posta in collegamento con il principio generale vigente in materia di reddito di lavoro dipendente in base al quale costituisce reddito della medesima specie tutto ciò che il dipendente “riceve”, anche da soggetti “terzi”, in “relazione” al rapporto di lavoro.
Pertanto, il datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta deve effettuare le ritenute a titolo di acconto con riferimento a tutte le somme e i valori che il lavoratore dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro intrattenuto con lo stesso, anche se talune delle suddette somme o valori sono corrisposti da soggetti terzi per effetto di un qualunque collegamento esistente con quest’ultimo (ad esempio, un accordo o convenzione stipulata dal sostituto d’imposta con il soggetto terzo).
Ciò significa che tra il sostituto d’imposta e il terzo erogatore e il dipendente sarà obbligatorio un sistema di comunicazioni che consenta di assoggettare correttamente a tassazione il totale del reddito di lavoro dipendente corrisposto.
Sulla base di quanto chiarito, ai fini dell’applicazione dell’art. 51, comma 4, lettera b), non rilevano eventuali modifiche successive alla concessione del finanziamento relative, tra l’altro, alla cessazione del rapporto di lavoro (come, ad esempio, nel caso del pensionato) o del soggetto che risulta creditore al momento della scadenza delle rate, come nel caso ad esempio di fusioni tra banche o di crediti ceduti per effetto di operazioni di cartolarizzazione.
La norma prevede che ai fini della quantificazione del reddito in natura, in caso di concessione di prestiti si assume il 50% della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi.
Al riguardo, nella circolare ministeriale è stato chiarito che tale disposizione si applica a tutte le forme di finanziamento comunque erogate dal datore di lavoro, indipendentemente dalla loro durata e dalla valuta utilizzata. La norma si applica, altresì, ai finanziamenti concessi da terzi con i quali il datore di lavoro abbia stipulato accordi o convenzioni, anche in assenza di oneri specifici da parte di quest’ultimo.
Pertanto, a titolo meramente esemplificativo, rientrano nell’ambito di questa previsione i prestiti concessi sotto forma di scoperto di conto corrente, di mutuo ipotecario e di cessione dello stipendio, mentre ne restano esclusi le dilazioni di pagamento previste per beni ceduti o servizi prestati dal datore di lavoro.
La previgente disposizione contenuta nella lettera b) del comma 4 dell’art. 51 prevedeva che, ai fini della determinazione del reddito, il raffronto dovesse essere operato con il tasso ufficiale “vigente al momento della concessione del prestito” e che l’art. 13, comma 1, lettera b), n. 4),
D.Lgs. n. 505/1999 ha modificato tale disposizione sostituendo il riferimento con il tasso ufficiale “vigente al termine di ciascun anno”.
Pertanto, in base alla normativa in vigore, ai fini della determinazione del compenso in natura derivante dai prestiti erogati ai lavoratori dipendenti, occorre effettuare il confronto tra gli interessi calcolati al TUR vigente al termine di ciascun anno e quelli calcolati al tasso effettivamente applicato sul prestito.
Al riguardo, il Ministero ha fornito puntuali indicazioni di prassi nella
circolare 17 maggio 2000, n. 98, in risposta al quesito 5.2.1, chiarendo che il momento di imputazione del compenso in natura e di applicazione della ritenuta alla fonte è quello del pagamento delle singole rate del prestito come stabilite dal relativo piano di ammortamento. La stessa circolare chiarisce che, ai fini dell’applicazione della ritenuta d’acconto, in base all’
art. 23 del
D.P.R. n. 600/1973, la stessa “deve essere operata sull’ammontare complessivo di tutte le somme e i valori corrisposti in ciascun periodo di paga”, tenendo conto “del TUS [ora TUR] vigente alla fine del periodo d’imposta precedente, salvo effettuare il conguaglio di fine anno tenendo conto del TUS [ora TUR] vigente al termine del periodo d’imposta”.
La
legge n. 130/1999 ha introdotto la disciplina relativa alle
operazioni di cartolarizzazione dei crediti. Tali operazioni consistono, in sintesi, nella
vendita di crediti a una “
società veicolo” (SPV) che, per pagarne il prezzo di acquisto, si finanzia attraverso l’emissione di titoli obbligazionari.
La
circolare n. 8/E del 6 febbraio 2003, nel delineare l’attività svolta dallo SPV, ha chiarito che tale società si limita a divenire cessionaria dei crediti e ad emettere, a fronte di essi, titoli negoziabili, restandole preclusa ogni attività imprenditoriale diversa da quelle strettamente necessarie all’effettuazione della singola operazione.
Pertanto, la cartolarizzazione, configurandosi come fattispecie di cessione del credito, non comporta per il mutuatario alcuna variazione dei termini e delle condizioni stabilite in sede di accensione del mutuo.
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