La conciliazione fuori udienza è un istituto previsto dall’
art. 48 del
D.Lgs. n. 546/1992, secondo il quale se, in pendenza di giudizio, le parti raggiungono un
accordo conciliativo, presentano istanza congiunta sottoscritta, personalmente o dai difensori, per la definizione totale o parziale della controversia. L’accordo conciliativo, introdotto dalla legge di Bilancio 2023 (art. 1, commi da 166 a 252), che permette di definire la controversia, prevede appunto che venga sottoscritto un accordo nelle forme di cui all’art. 48, ossia mediante una
conciliazione fuori udienza.
Conciliazione agevolata delle controversie tributarie
Le controversie tributarie, pendenti al 15 febbraio 2023 (l’originario termine del 1° gennaio 2023 è stato differito grazie al
D.L. n. 34/2023), possono essere definite mediante la sottoscrizione di un accordo conciliativo “fuori udienza”, beneficiando della
riduzione sanzionatoria a 1/18 del minimo edittale, potendo altresì rateizzare gli importi dovuti.
Tale misura è stata introdotta e prevista dalla legge di Bilancio 2023 (commi da 206 a 212 dell’
art. 1,
legge n. 197/2022), risultando alternativa alla definizione agevolata (commi da 186 a 205).
In buona sostanza, l’accordo dovrà essere perfezionato entro il 30 settembre 2023 (in precedenza la scadenza era fissata al 30 giugno, posticipata poi al 30 settembre dall’
art. 17, comma 2,
D.L. n. 34/2023).
Attenzione però: è sufficiente la mera firma dell’accordo e non il pagamento degli importi per poter beneficiare della misura agevolata.
Presupposti e ambito applicativo
La conciliazione agevolata è applicabile alle controversie pendenti al 15 febbraio, ossia entro tale termine dovrà essere notificato il ricorso alla controparte. Non sarà pertanto necessario che, entro tale data, vi sia stata la costituzione in giudizio.
Con la
circolare n. 9/E/2023, l’Agenzia delle Entrate ha poi precisato che, ai fini della pendenza della lite innanzi alle Corti di Giustizia tributaria di secondo grado, sarà necessario che l’appello al 15 febbraio 2023 sia stato notificato alla controparte, non essendo sufficiente la mera pendenza del termine per impugnare la pronuncia di primo grado.
Quanto all’ambito applicativo, a differenza della definizione agevolata delle liti, l’istituto interessa le controversie relative ad atti impositivi, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, quali:
– avvisi di accertamento;
– atti di recupero di crediti d’imposta non spettati;
– ogni altro atto di imposizione che rechi una pretesa tributaria qualificata.
Sono escluse dalla conciliazione sia le liti vertenti sui dinieghi espressi o taciti di rimborso sia quelle aventi ad oggetto atti che non rechino una pretesa tributaria qualificata o che risultino essere atti di mera riscossione.
Quali benefici porta la conciliazione?
Anzitutto, si ottiene una riduzione delle sanzioni a 1/18 del minimo edittale e poi si potrà rateizzare l’importo in 20 rate trimestrali.
Qui si nota una diversità con la conciliazione ordinaria, prevista dall’
art. 48 e ss.,
D.Lgs. n. 546/1992, la quale invece prevede una riduzione sanzionatoria al 40% del minimo se ci si trova in primo grado, oppure al 50% se invece la controversia è pendente dinnanzi alla Corte di secondo grado. Le rate invece sono 16, elevabili a 20, qualora gli importi siano superiori a 50.000 euro.
Ulteriori chiarimenti di prassi
– non possono essere definiti gli atti di contestazione di sole sanzioni, per i quali rimane la conciliazione ordinaria;
– l’accordo è possibile anche per definire le liti soggette a reclamo-mediazione, solo dopo aver depositato il ricorso;
– qualora le somme, ormai pagate, per effetto della riscossione frazionata oppure per altre ragioni, eccedano il dovuto per effetto della conciliazione, allora spetta la restituzione.
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