Concordato preventivo biennale al vaglio della convenienza
- 24 Febbraio 2024
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
Occorre procedere, innanzitutto, alla perimetrazione dell’area di applicazione del concordato, rilevando come la normativa positiva si riferisce ai soggetti ai quali si applicano gli ISA (lavoratori autonomi e imprenditori e contribuenti soggetti al regime forfettario) ed alle sole imposte sui redditi. Resta perciò esclusa l’IVA, come si evince non solo dal tenore letterale della norma, ma soprattutto da una visione sistematica di tale imposta che ha carattere unionale, anche per la sua parziale destinazione a risorsa comunitaria e, quindi, non può ammettere deroghe all’analitica applicazione di stampo europeo. La conseguenza più rilevante è, però, che l’eventuale maggior reddito concordato ai fini delle imposte sui redditi potrebbe assumere rilevanza anche ai fini IVA, nella misura in cui esso deriverà da maggiori corrispettivi concordati. E’ perciò da ipotizzare una consequenziale rettifica della dichiarazione IVA per pari ammontare. Poiché l’accettazione della proposta di concordato biennale è opzionale è ben evidente come, nell’analisi costi/benefici che ciascun contribuente interessato sarà portato a fare per decidere, il maggiore onere IVA potrebbe costituire un elemento significativo per prendere la decisione.
In concreto, l’esame del bilanciamento degli elementi a favore rispetto a quelli negativi potrà indurre all’accettazione della proposta concordataria soprattutto quando vi sono fondate previsioni di trend economici sicuramente positivi, ovvero di realizzo nei due anni successivi di redditi di consistente entità, valutabili in base ad elementi probabili (es. considerando la consistenza incrementale del portafoglio ordini – come gli appalti acquisiti e da eseguire – oppure la prospettiva di sopravvenienze attive ovvero di incassi straordinari oppure ancora per programmate acquisizioni di aziende o di pacchetti clienti degli studi professionali, i cui effetti sui ricavi e sui redditi si conseguiranno nei due anni interessati al concordato).
Non mancheranno perciò iniziative (per lo più operazioni straordinarie che incrementano ricavi e redditi, ma anche dirottamento di ordini su imprese correlate che avranno maggiori vantaggi) per allocare nel biennio del concordato gli imponibili che potrebbero eccedere in misura importante i redditi concordati. Questi sembrano essere i sicuri benefici fiscali dell’adesione alla proposta di concordato e non può sfuggire che potranno apparire eccessivi in taluni casi. In queste circostanze il concordato rischia di costituire uno strumento di discriminazione tra contribuenti, premiando coloro che possono pianificare operazioni che comporteranno un aumento rilevante dei ricavi rispetto a quelli che per dimensioni e caratteristiche non lo possono fare.
È auspicio generale che l’applicazione del concordato preventivo comporti congrue proposte incrementali di reddito; in caso contrario questo istituto potrebbe sembrare una forma surrettizia di condono preventivo. Ci si muove, però, in un terreno minato sul quale si misureranno le forze politiche e sociali e che probabilmente non può interessare gli studiosi di diritto tributario, ma sicuramente quelli delle scienze sociali. Se si considera però la gran parte dei contribuenti che possono accedere a questa opzione, si rileverà come le prospettive del quadro economico nazionale non accreditano, al momento, incrementi significativi di redditi di impresa e lavoro autonomo e, pertanto, se le proposte non dovessero essere calibrate su tali previsioni si correrebbero seri rischi di diffusi rifiuti.
Tutto dipenderà dal tasso di incremento dei redditi prospettato alle varie categorie economiche. Uno troppo basso potrebbe vanificare le attese di gettito e favorire i soggetti più performanti; se, invece, elevato oltre misura il rischio sarebbe il rigetto amplificato delle proposte.
Si potrebbe azzardare l’ipotesi che la leva verrà utilizzata con gradualità anche per cercare di indurre i contribuenti gradualmente ad avvicinarsi ai livelli effettivi dei redditi e dei ricavi.
Qualche domanda è comunque dovuta.
Quali conseguenze avrà la campagna di promozione del concordato preventivo biennale sull’attività dei controlli fiscali, ad iniziare dalla sua programmazione e finire con la relativa attuazione?
L’Amministrazione finanziaria potrà disporre di adeguate risorse umane e delle idonee strutture tecnologiche (interconnessione delle banche dati di cui dispone ed attivazione delle capacità dell’intelligenza artificiale) sufficienti per realizzare un’estesa campagna di verifiche?
È evidente che la percezione del contribuente che non aderisce al concordato biennale di un basso rischio di essere sottoposto a verifica fiscale è correlata alle potenzialità operative dell’amministrazione finanziaria ed alla taratura del limite dei redditi concordati non soggetti a rettifica, con la grande incognita dell’IVA. Qui si gioca perciò la credibilità dell’azione del Fisco nei riguardi dell’evasione fiscale da occultamento dei ricavi o da dissimulazione dei costi, i veri mali dell’infedeltà fiscale. Le rettifiche per violazioni in materia di classificazione, di imputazione temporale dei componenti di reddito o di valutazione di taluni elementi o anche di inerenza qualitativa potrebbero essere, invece, desunte dalle relazioni dei revisori contabili ai bilanci, considerato che la normativa fiscale è ormai dipendente da quella civilistica. Qui si pone anche l’altro profilo della valutazione dell’affidabilità fiscale che non deriva solo dalle pagelle fiscali degli ISA, ma anche da adeguate analisi del rischio fiscale che comporta un’attenta mappatura delle caratteristiche strutturali delle aziende e dal grado effettivo di indipendenza delle funzioni amministrativo-contabili rispetto ai centri decisionali. Non è ancora chiaro, però, il riferimento normativo alla mappatura dei rischi fiscali che dipendono dall’applicazione dei principi contabili utilizzati. Se si intende una certificazione della correttezza di tale applicazione andrebbe osservato che tale previsione si attaglierebbe alle imprese i cui bilanci sono soggetti a revisione legale, mentre negli altri casi i riscontri sarebbero aleatori (anche per le dimensioni ridotte dei soggetti).
Vedremo se tutte le variabili che si presentano in questo contesto orienteranno in misura rilevante o meno verso l’accettazione del nuovo istituto definitorio preventivo.