Contenzioso tributario: il difensore alla prova delle nuove regole sul litisconsorzio
- 13 Febbraio 2024
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
In quali casi si deve chiamare in causa l’ente creditore?
Le due norme oggetto di riflessione
“Chiamata in causa dell’ente creditore. Il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite”.
“In caso di vizi della notificazione eccepiti nei riguardi di un atto presupposto emesso da un soggetto diverso da quello che ha emesso l’atto impugnato, il ricorso è sempre proposto nei confronti di entrambi i soggetti”.
L’art. 39: un’ipotesi di sostituzione processuale
Il caso classico che i difensori si trovavano a fronteggiare era il seguente: impugnazione della cartella esattoriale (prima dell’avvento dei cd. atti impo-esattivi) o del primo atto dell’esecuzione esattoriale (ad esempio, pignoramento) per omessa notifica dell’atto (solitamente: avviso di accertamento) che di quell’atto costituiva l’antecedente logico-giuridico.
Questa soluzione, vale a dire quella dell’impugnazione con deduzione del solo vizio di notifica dell’atto presupposto, consente infatti al contribuente di non dover entrare nel merito della pretesa azionata con l’atto dell’ente impositore la cui notifica si deduce omessa; ciò, diversamente dalla facoltà, riconosciuta pacificamente dalla giurisprudenza anche di legittimità, di impugnazione dell’atto con:
(a) deduzione dell’omessa notifica e
Contro questa impugnazione il resistente-concessionario si difendeva solitamente in due modi: eccependo (erroneamente in punto di stretto diritto) il proprio difetto di legittimazione passiva per il vizio (di notifica, ma non solo) dell’atto presupposto e, contemporaneamente, chiamando (o non chiamando) in causa l’ente creditore.
Anzi: nella grande maggioranza dei casi proprio l’impossibilità da parte del concessionario (malcelata dietro la tesi del difetto di legittimazione passiva), di avanzare idonee difese con riferimento all’atto presupposto, unitamente alla mancata chiamata in causa dell’ente impositore, portava l’attento difensore a giudizi di accoglimento del ricorso presentato, con condanna alle spese del concessionario.
Dalla sostituzione processuale al litisconsorzio necessario: la nuova norma
Forse (anche) per questo motivo, il legislatore ha deciso che, a far data dal 4 gennaio 2024, e solo per i casi di vizio della notificazione dell’atto presupposto, dovesse mutare l’istituto processuale applicabile al caso di specie: dalla sostituzione processuale al litisconsorzio necessario.
Ciò implica che, in casi come quelli tratteggiati nel precedente paragrafo, nei quali si deduca il vizio di notifica dell’atto presupposto emesso da soggetto diverso da quello che ha formato l’atto impugnato, il difensore del contribuente debba proporre il ricorso nei confronti di entrambi questi soggetti.
Alcune considerazioni sulla nuova disciplina:
1) innanzitutto, è stata introdotta una nuova ipotesi di litisconsorzio necessario, che si va ad aggiungere a quelle già noti e scolpiti dal diritto vivente, vale a dire quello riconosciuto nelle impugnazioni proposte dalle società di persone e quello dei casi di consolidato nazionale;
2) appare poi utile notare la diversa sede dei due istituti: l’uno (art. 39) non aveva trovato spazio nel decreto sul processo tributario, regolando esclusivamente i rapporti sostanziali tra ente impositore e concessionario (quindi la sorte processuale delle vicende solo di riscossione), mentre l’altro è stato introdotto proprio nel testo che disciplina il processo;
3) inoltre, il primo regolava i rapporti solo tra ente creditore e concessionario, mentre l’altro regola, molto più in generale, tutte le ipotesi di impugnazione di un atto per vizi di notifica dell’atto presupposto emesso da altro soggetto: il che significa che astrattamente esso può trovare applicazione anche in rapporti tra soggetti che non siano necessariamente ente creditore e concessionario;
4) e ancora: l’art. 39 trovava applicazione per tutti i vizi che il contribuente-ricorrente avrebbe potuto proporre contro l’atto dell’ente impositore, diverso da quello impugnato, mentre il nuovo comma dell’art. 14 trova applicazione solo nel caso il ricorrente avanzi vizi nei riguardi della notificazione del diverso atto, emesso da altro soggetto.
Ma, allora, posto che, in ragione di quanto previso dall’art. 19, comma 3, del decreto sul processo tributario, per poter avanzare doglianze nei confronti di un atto presupposto rispetto a quello impugnato, è necessario sempre dedurne la mancata notificazione, quando troverà ancora applicazione l’art. 39, dato che nei casi da esso disciplinati esiste sempre la dicotomia tra ente creditore e concessionario (e quindi, apparentemente, parrebbe sempre applicabile il nuovo art. 14, comma 6-bis)?
La risposta è la seguente: in tutti i casi in cui la lite proposta contro il concessionario non riguardi “esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi” (questa la lettera dell’art. 39) e, al contempo, non sia proposta deducendo un vizio di notificazione dell’atto presupposto (perché, diversamente, opererebbe l’art. 14).
Quali?
Il caso, per esempio, di estinzione dell’obbligazione per l’intervenuto pagamento di essa nel tempo intercorrente tra la notifica dell’atto da parte dell’ente creditore e la notifica dell’atto esecutivo da parte del concessionario; oppure, ancora, nel caso di iscrizione a ruolo rispetto alla quale l’ente creditore sia decaduto.
Tutti vizi, lo si comprende, che rivestono carattere ormai eccezionale se non scolastico.