Nell’ambito del
disegno di legge delega al Governo per la riforma fiscale, attualmente in esame presso la Commissione Finanze della Camera, è contemplata l’introduzione di un obbligo generalizzato in capo all’Amministrazione finanziaria di attivare il
contraddittorio endoprocedimentale (a pena di nullità dell’atto impositivo) e di un – correlato – “
diritto del contribuente a partecipare al procedimento tributario”, seppur con alcune eccezioni (nell’ambito dei controlli automatici e di ulteriori forme di accertamento di carattere sostanzialmente automatizzato) (art. 4, comma 1, lettera e, e art. 15, comma 1, lettera b, dell’atto della Camera n. 1038).
Il disegno di legge delega fa proprio il
recente auspicio della
Corte costituzionale (
sentenza 21 marzo 2023, n. 47), prospettando di attribuire al
legislatore delegato il compito di
estendere l’
obbligo del contraddittorio. Tuttavia, mentre la
Consulta, nel rilevare la varietà degli schemi di attuazione dei tributi, prefigura la possibilità che il legislatore moduli ampiezza, tempi e forme dei molteplici meccanismi con cui assicurare la formazione partecipata dell’atto impositivo (in ragione delle specifiche peculiarità dei diversi procedimenti di tassazione), nel Ddl – opportunamente – si propone di rendere la disciplina del contraddittorio omogenea, a prescindere dalle modalità con cui si svolge il controllo (art. 15, comma 1, lettera b, n. 1).
Un intervento normativo che riconduca ad unità la disciplina dei diversi contraddittori, prevedendo una tutela uniforme dei soggetti accertati, consentirebbe di superare l’attuale (irrazionale) assetto composito, venutosi a determinare a seguito di orientamenti (peraltro, ondivaghi) della giurisprudenza di legittimità.
Infatti, non essendo ricavabile dal nostro sistema tributario un principio immanente che oneri l’Amministrazione finanziaria ad interloquire con il contribuente prima di adottare nei suoi confronti un provvedimento individuale pregiudizievole (cfr., da ultimo,
Cass., 20 febbraio 2023, n. 5245), il
contraddittorio preventivo oggi
si realizza esclusivamente nelle (frammentarie) ipotesi tipizzate dal legislatore, secondo modalità disomogenee.
Ad
esempio, nelle ipotesi di controlli sostanziali (mediante accessi, ispezioni e verifiche nei locali di cui il soggetto passivo ha la disponibilità), l’art. 12, comma 7, dello
Statuto dei diritti del contribuente prescrive che, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, il soggetto verificato possa comunicare entro 60 giorni osservazioni e richieste che “sono valutate dagli uffici impositori”. L’interpretazione di tale disposizione fornita dalla giurisprudenza di legittimità risulta sproporzionata – allo stesso tempo, per “difetto” e per “eccesso” – rispetto alle esigenze difensive del contribuente. Da un lato, infatti, la Cassazione circoscrive l’ambito applicativo della fattispecie normativa ai casi di intromissione autoritativa dell’Amministrazione finanziaria nei luoghi di pertinenza del contribuente, alla ricerca di elementi valutativi ad egli sfavorevoli. Anche di recente è stato (addirittura) confermato che il controllo iniziato presso il domicilio del contribuente ma poi proseguito, per qualunque motivo, negli uffici dell’Amministrazione finanziaria, non postula la necessità di attivare il contraddittorio (
Cass., 1° marzo 2023, n. 6098).
Tuttavia, in considerazione dei pervasivi poteri di controllo esercitabili oggi grazie agli strumenti digitali e alle banche dati informatiche, è proprio nei casi di accertamento “a tavolino” che appare più opportuno l’intervento del contribuente – quale contro-bilanciamento agli esiti di una verifica documentale – rispetto ai casi di controllo presso i locali del privato (ove egli può interloquire immediatamente sugli elementi acquisiti dai verificatori, anche con l’assistenza in loco di un professionista).
Dall’altro lato, l’
orientamento della Cassazione appare sproporzionato “per eccesso”, poiché, pur in assenza di una nullità testuale, si afferma che l’inosservanza del termine di 60 giorni (prima del quale non può essere emanato l’avviso di accertamento) determini di per sé l’illegittimità dell’atto impositivo, salva la ricorrenza (da comprovarsi dall’Ufficio) di ragioni di particolare e motivata urgenza (cfr., da ultimo,
Cass., 27 marzo 2023, n. 8677).
La nullità “automatica” dell’atto impositivo emesso
ante tempus è frutto da un approccio “formalistico” al contraddittorio, opposto a quello “sostanzialistico” espresso dalla
Corte di giustizia UE, con riferimento agli accertamenti relativi ai tributi armonizzati: secondo il giudice UE, il difetto di contraddittorio rileva quale causa di annullabilità del provvedimento accertativo, ma solo
ex post, se si accerta che
dalla (pretermessa) audizione del soggetto privato sarebbero emersi elementi idonei a favorire un esito accertativo diverso. Il
diritto di “
essere ascoltati”
prima che l’Amministrazione finanziaria possa incidere sui diritti proprietari dei singoli ha, cioè, senso (e il suo difetto rileva ai fini della caducazione dell’atto impositivo)
solo se il
soggetto passivo ha “qualcosa da dire”, solo cioè se il suo intervento è funzionale a concorrere in concreto alla corretta determinazione dell’imponibile (cfr., di recente,
Cass., 27 gennaio 2023, n. 2585).
L’irrazionalità dell’attuale disciplina “a geometria variabile”, che impone di valutare in modo diverso la rilevanza del contraddittorio a seconda della natura (armonizzata o meno) del tributo oggetto di accertamento, emerge con particolare evidenza nell’ipotesi di rettifica di una stessa fattispecie imponibile, da cui consegua l’accertamento (contestuale) di maggiori imposte dirette e IVA.
È benvenuto, quindi, un intervento legislativo che non solo generalizzi l’obbligo di confronto preventivo, ma elimini anche le incongruenze dell’attuale assetto, assicurando ai soggetti passivi pari trattamento (procedimentale) nella dinamica del rapporto d’imposta, a prescindere dalle modalità di svolgimento del controllo e dal tipo di tributo accertato.
Nell’adeguare il diritto vigente, è opportuno che il
legislatore delegato scelga con attenzione fra i possibili “modelli” di partecipazione del privato alla formazione dell’atto impositivo. Per realizzare in modo pieno il diritto al contraddittorio non appaiono sufficienti mere interlocuzioni, scambi di scritti, richieste di documenti o di chiarimenti, né – tantomeno – invii di questionari (
contra Cass., ord. 27 gennaio 2023, n. 2541), ma è necessario
regolamentare un
iter procedurale, che assicuri che il soggetto passivo: (i) sia tempestivamente informato dell’inizio del controllo e delle ragioni dello stesso; (ii) abbia accesso al fascicolo dell’istruttoria e gli siano notificati i rilievi dei verificatori; (iii) disponga di un termine congruo per formulare le sue osservazioni sui rilievi e (iv) venga informato di come le sue osservazioni sono state valutate, ai fini della decisione sulla formalizzazione della ripresa a tassazione.
Non si tratta di tutele schieratamente a protezione delle esigenze difensive dei privati: la “riforma” del contraddittorio rappresenta un’occasione importante (anche) per l’Amministrazione finanziaria, per mostrarsi (sempre più) come forma della collettività dei contribuenti e sempre meno come immagine dell’Erario.
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