Cooperative compliance: nuove regole per incentivare l’adempimento spontaneo

Il provvedimento non tradisce le aspettative e si pone in linea con la spinta alla semplificazione delle procedure, al miglioramento del confronto tra contribuenti e Fisco e alla maggior garanzia della certezza del diritto per le imprese.

Invero, a metà del mese di novembre il viceministro all’Economia Maurizio Leo, presentando la bozza di decreto approvata in via preliminare, confermava la “logica di dialogo tra fisco e contribuente” alla base degli interventi previsti dalla delega fiscale, con l’implementazione di “misure che sono orientate a creare un rapporto collaborativo” con il fisco pur “senza abbassare la guardia sulla lotta all’evasione”.

Il D.Lgs. n. 221/2023costituisce specifica attuazione dell’art. 17, comma 1, lettera g), n. 1), della legge di delega fiscale, finalizzato ad incentivare l’adempimento spontaneo dei contribuenti attraverso il potenziamento del regime dell’adempimento collaborativo già disciplinato dal D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128.

Le modifiche sono numerose e contemplano un allargamento della platea dei soggetti che potranno accedere al regime in esame, ma altresì un rafforzamento degli effettipremiali” sul piano sanzionatorio secondo le indicazioni dettate dall’art. 20, comma 1, lettera a), n. 4) della legge delega.

Il decreto si compone – sostanzialmente – di un solo articolo che interviene sulla disciplina del D.Lgs. n. 128/2015 sostituendo alcune disposizioni e inserendone altre del tutto nuove. Di seguito, più in dettaglio, le principali novità.

Ampliamento dei confini applicativi della cooperative compliance

Si allarga la platea dei soggetti che possono accedere al regime attraverso:

– la progressiva riduzione della soglia di accesso: all’art. 7 viene aggiunto il comma 1-bis con la previsione secondo cui “Il regime è riservato ai contribuenti che conseguono un volume di affari o di ricavi:

a) a decorrere dal 2024 non inferiore a 750 milioni di euro;

b) a decorrere dal 2026 non inferiore a 500 milioni di euro;

c) a decorrere dal 2028 non inferiore a 100 milioni di euro”.

– la previsione della possibilità di accesso per i contribuenti che daranno esecuzione alle risposte alle istanze di interpello sui nuovi investimenti di cui all’art. 2, D.Lgs. n. 147/2025 indipendentemente dall’ammontare del volume d’affari o dei ricavi (nuovo comma 1-quater);

– la connessa apertura del regime anche a società che, pur non integrando i requisiti di ammissibilità, appartengano a un gruppo di imprese in cui almeno un soggetto del gruppo possegga i requisiti, a condizione che venga adottato un sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale gestito in modo unitario per tutte le società del gruppo (nuovo comma 1-quinquies dell’art. 7).

Ulteriore misura di allargamento del regime dell’adempimento collaborativo è legata alla facoltà, riconosciuta ai contribuenti già ammessi, di “comunicare i rischi fiscali connessi a condotte poste in essere in periodi di imposta precedenti a quello di ingresso al regime, sempreché la loro comunicazione sia effettuata in modo esauriente, prima che il contribuente abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di indagini penali sui rischi comunicati”.

Certificazione dei sistemi integrati di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale

I neo-aggiunti commi 1-bis e 1-ter all’art. 4, D.Lgs. n. 128/2015 attribuiscono i poteri di certificazione a “professionisti qualificati” che siano “già in possesso di una specifica professionalità iscritti all’albo degli avvocati o dei dottori commercialisti ed esperti contabili”, rimettendo ad un regolamento attuativo la disciplina dei requisiti, dei compiti e degli adempimenti connessi alla certificazione.

Infine, il nuovo comma 1-quater demanda a un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate l’emanazione delle linee guida per la predisposizione di un efficace sistema di rilevazione dei rischi fiscali nonché per il periodico adeguamento della certificazione.

Codice di condotta

Con decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze è emanato un codice di condotta “finalizzato a indicare e definire gli impegni che reciprocamente assumono l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti aderenti al regime di adempimento collaborativo” (nuovo comma 2-bis all’art. 5, D.Lgs. n. 128/2015).

Contraddittorio rafforzato e procedura semplificate per adeguarsi alle indicazioni del fisco

Le modifiche all’art. 6, D.Lgs. n. 128/2015 affidano al Ministro dell’Economia e delle finanze, con proprio regolamento, la disciplina delle procedure per la regolarizzazione della posizione del contribuente che abbia aderito al regime, prevedendo anche in questa fase un contraddittorio preventivo.

Il confronto preventivo tra contrapposti centri di interesse fa ingresso anche, con il nuovo comma 2-bis, nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria debba “notificare una risposta sfavorevole a un’istanza di interpello, ovvero prima di formalizzare qualsiasi altra posizione contraria a una comunicazione di rischio effettuata” dal contribuente.

La necessità di collaborazione e trasparenza reciproca in ottica di incentivo all’adozione di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali si concretizza altresì nella previsione – che sostituisce integralmente il comma 3 dell’art. 7 – di un periodo di osservazione di 120 giorni (prorogabili di un eguale periodo) che deve obbligatoriamente precedere l’esclusione del contribuente dal regime dell’adempimento collaborativo nelle ipotesi di mancata osservanza degli impegni assunti con la comunicazione dei rischi fiscali di cui all’art. 5, comma 2.

Il periodo transitorio sarà finalizzato, in base alla novella legislativa, a verificare l’adozione delle misure necessarie e la regolarizzazione delle eventuali violazioni fiscali rilevate dall’Agenzia delle Entrate a seguito di invito al contraddittorio.

Benefici sanzionatori ed esclusione dalla punibilità

Il decreto prevede anche il potenziamento degli effetti connessi all’adozione di un sistema di controllo certificato dei rischi fiscali attraverso la previsione di consistenti benefici sanzionatori e, a determinate condizioni, di esclusione della punibilità del delitto di dichiarazione infedele.

In particolare, il comma 3 dell’art. 6, D.Lgs. n. 128/2015, interamente sostituito, dispone che “fuori dai casi di violazioni fiscali caratterizzate da condotte simulatorie o fraudolente e tali da pregiudicare il reciproco affidamento tra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente, non si applicano sanzioni amministrative al contribuente che aderisce al regime e che, prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali ovvero prima del decorso delle relative scadenze fiscali, comunica all’Agenzia delle Entrate in modo tempestivo ed esauriente, mediante l’interpello di cui al comma 2 ovvero ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera b), i rischi fiscali e sempre che il comportamento dallo stesso tenuto è esattamente corrispondente a quello rappresentato in occasione della comunicazione […]”.

In base al successivo comma 3-bis, anch’esso inserito ex novo dal decreto di attuazione della delega fiscale, nelle ipotesi in cui la condotta del contribuente sia riconducibile a un rischio fiscale non significativo ricompreso tra quelli oggetto di mappatura, si rende applicabile una riduzione alla metà delle sanzioni amministrative: queste ultime non potranno comunque essere applicate in misura superiore al minimo edittale e la loro riscossione resterà sospesa fino alla definitività dell’accertamento.

Analogo dimezzamento delle sanzioni amministrative si renderà applicabile nelle ipotesi, di cui si è detto in precedenza, di comunicazione dei rischi fiscali con riguardo ai periodi precedenti l’ingresso nel regime di adempimento collaborativo (art. 6, comma 3-ter, ultimo periodo).

Gli effetti premiali sul piano sanzionatorio trovano completamento con il nuovo comma 4 dell’art. 6, che introduce una causa di non punibilità per il reato di infedele dichiarazione quando la condotta penalmente rilevante dipenda “da rischi di natura fiscale relativi a elementi attivi, comunicati in modo tempestivo ed esauriente all’Agenzia delle Entrate, mediante l’interpello di cui al comma 2, ovvero ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera b)”.

Riduzione dei termini di decadenza dei poteri di accertamento

Il decreto delegato contempla la riduzione dei termini di accertamento, di ben due anni, per i soggetti aderenti al regime di adempimento collaborativo il cui sistema di rilevazione dei rischi fiscali sia dotato della certificazione prevista dall’art. 4, D.Lgs. n. 128/2015.
L’incentivo all’adempimento spontaneo dei contribuenti, nell’ottica di favorire quel circolo virtuoso in cui si intrecciano condotte caratterizzate da trasparenza e una maggior certezza del diritto, si arricchisce con l’introduzione di un regime opzionale di adozione del sistema di controllo del rischio fiscale riservato ai contribuenti che non raggiungono i limiti minimi di ricavi o giro d’affari, ovvero che non rientrano tra le altre categorie di soggetti eleggibili.
L’art. 7-bis, D.Lgs. n. 128/2015, anch’esso inserito ex novo ad opera del decreto di attuazione in commento, dispone infatti la riduzione fino a un terzo delle sanzioni amministrative e – a determinate condizioni – l’esclusione della punibilità ai sensi dell’art. 4, D.Lgs. n. 74/2000 per le ipotesi di implementazione di un efficace tax control framework e in relazione ai rischi fiscali previamente comunicati, attraverso istanza di interpello, dalle imprese che non possono aderire al regime dell’adempimento collaborativo.

Tutte le misure previste dal decreto attuativo entreranno in vigore il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Dalla data di entrata in vigore decorrerà, poi, il termine di 90 giorni concesso per l’adozione dei decreti ministeriali e dei regolamenti contenenti le disposizioni attuative di cui si è detto sopra.

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