Cooperative: la rilevanza ai fini IRAP dei ristorni

Con la risposta a istanza di consulenza giuridica n. 1 del 4 aprile 2024 in tema di società cooperative, determinazione della base imponibile IRAP e rilevanza ai fini IRAP dei ristorni, l’Agenzia delle Entrate ricorda che l’art. 2521, comma 3, c.c. prevede per le società cooperative e delle mutue assicuratrici che l’atto costitutivo deve indicare le regole per la ripartizione degli utili e i criteri per la ripartizione dei ristorni.

Inoltre, l’art. 2545­sexies c.c. dispone che l’atto costitutivo determina i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici.

L’assemblea può deliberare la ripartizione dei ristorni a ciascun socio anche mediante aumento proporzionale delle rispettive quote o con l’emissione di nuove azioni, in deroga a quanto previsto dall’art. 2525, ovvero mediante l’emissione di strumenti finanziari.

L’art. 3, comma 2, lettera b), della legge 3 aprile 2001, n. 142 stabilisce che possono essere deliberati ed erogati dall’assemblea trattamenti economici ulteriori per socio lavoratore in sede di approvazione del bilancio di esercizio, a titolo di ristorno, in misura non superiore al 30% dei trattamenti retributivi complessivi di cui al comma 1 e alla lettera a), mediante integrazioni delle retribuzioni medesime, mediante aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato, in deroga ai limiti stabiliti dall’art. 24 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, ratificato, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 1951, n. 302 e successive modificazioni, ovvero mediante distribuzione gratuita dei titoli di cui all’art. 5, legge n. 59/1992.
Con il documento pubblicato il 9 giugno 2022, contenente alcuni emendamenti ai principi contabili nazionali necessari a disciplinare alcuni istituti tipici delle società cooperative, l’OIC ha precisato che, in assenza di una specifica previsione normativa per la rilevazione dei ristorni, si è generata negli anni passati una “divergenza nella prassi” contabile.

Infatti, il medesimo OIC precisa che:

– alcune società cooperative contabilizzano i ristorni come costi (o rettifiche di ricavi) dell’esercizio in cui avviene lo scambio mutualistico?

– altre contabilizzano i ristorni nell’esercizio in cui l’assemblea delibera la ripartizione del ristorno ai soci.

Da quanto rappresentato nel paragrafo “Motivazione alla base delle decisioni assunte” del Documento OIC, inoltre, proprio in relazione all’ipotesi di ristorni rilevati alla stregua di una distribuzione di utili emerge che a differenza dei dividendi, i ristorni non sono proporzionali alle quote del capitale conferito, ma proporzionali agli scambi intervenuti tra cooperativa e socio, e sono determinati con riferimento alle sole transazioni intercorse con i soci.

Nonostante l’atto costitutivo debba indicare i criteri per la ripartizione dei ristorni (e le regole per la ripartizione degli utili), non è previsto alcun obbligo di distribuzione ex lege con la conseguenza che sul piano civilistico, in linea di principio, si è in presenza di un componente “reddituale” la cui funzione è quella di attribuire al socio della cooperativa il vantaggio mutualistico, rettificando i costi/ricavi rilevati al momento dall’apporto effettuato dal medesimo socio (cui risulta strettamente commisurato) che, in talune ipotesi, si presenta incerto nell’an e/o nel quantum al termine dell’esercizio.

Questi ultimi requisiti possono considerarsi soddisfatti, a priori, nell’ipotesi in cui lo statuto o il regolamento prevedano un obbligo a erogare il ristorno ai soci ovvero, più “realisticamente”, nell’esercizio in cui l’assemblea, valutata la presenza di un avanzo di gestione, deliberi l’attribuzione del ristorno ai soci in luogo del mantenimento di tale avanzo nell’economia della cooperativa per autofinanziarsi.

Nell’ipotesi in cui lo statuto o il regolamento della società cooperativa non disponga alcun obbligo di distribuzione deve concludersi che la rilevazione contabile dei ristorni tra le voci dello stato patrimoniale (come rettifica degli utili/perdite portati a nuovo) non determini una modifica della qualificazione dell’operazione riguardante l’attribuzione del beneficio mutualistico mediante la tecnica dei ristorni (identificabile sulla base del fenomeno giuridico­formale).

Il ristorno rilevato nello stato patrimoniale, dunque, mantiene la “natura” di componente “reddituale” che rettifica i costi/ricavi rilevati al momento dall’apporto effettuato dai soci della cooperativa, assumendo una qualificazione diversa rispetto agli utili prodotti dalla stessa cooperativa e, sulla base delle previsioni contabili contenute nell’OIC 28 emendato, deve essere rilevato al momento in cui è adottata la relativa delibera (poiché in tale esercizio diviene certo nell’an e nel quantum).

Ciò premesso sul piano civilistico­contabile, occorre considerare che il trattamento fiscale delle somme ripartite tra i soci sotto forma di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggiore compenso per i conferimenti effettuati (i.e. ristorni) per le società mutualistiche è disciplinato con alcune disposizioni ad hoc.

– somme attribuite ai soci delle cooperative di produzione e lavoro, sotto forma di integrazione retributiva, erogati in sede di approvazione del bilancio d’esercizio in misura non superiore al 30 per cento dei trattamenti retributivi complessivi;

– somme attribuite dalle società cooperative e loro consorzi ai propri soci a titolo di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggiore compenso per i conferimenti effettuati.

Nel medesimo documento di prassi, si precisa che, in linea di principio, a prescindere dalla modalità di attribuzione del vantaggio mutualistico, la tassazione in capo alla cooperativa dovrebbe essere identica. Ne consegue che i ristorni concretamente possono essere dedotti sia mediante imputazione diretta al conto economico dell’esercizio di competenza, sia attraverso una variazione in diminuzione del reddito imponibile (sempre con riferimento all’esercizio di competenza) considerando i ristorni stessi come impiego degli utili stessi.

Con la circolare n. 53/E del 2002 è stato, altresì, chiarito che le somme erogate a tale titolo sono deducibili nell’esercizio con riferimento al quale sono maturati gli elementi di reddito presi a base di commisurazione dei ristorni. Tale deducibilità ­prevista in ogni caso per tutte le società cooperative ­ è vincolata all’oggettiva determinabilità dell’importo del ristorno medesimo entro la data di chiusura dell’esercizio.
Ferma restando la sussistenza dei requisiti di certezza e oggettiva determinabilità dell’articolo 109 del TUIR, i ristorni concorrono alla determinazione della base imponibile IRES sia se rilevati al conto economico, sia se imputati come distribuzione di utili.
L’abrogazione dell’art. 11­bis, D.Lgs. n. 446/1997 che riconosceva la rilevanza nell’IRAP delle variazioni fiscali effettuate ai fini delle imposte sul reddito ­ ha determinato lo “sganciamento” del tributo regionale dall’IRES rendendo, in tal modo, le modalità di calcolo della base imponibile dell’IRAP più aderenti ai criteri adottati in sede di redazione del bilancio di esercizio.
Ne consegue che i suddetti chiarimenti che riguardando l’applicazione dell’art. 12, D.P.R. n. 601/1973 non possono essere automaticamente trasposti dall’IRES alla determinazione del tributo regionale.
Quindi, nell’ipotesi in cui sussiste un’obbligazione ­ alla data di chiusura dell’esercizio in capo alla società cooperativa ­ alla ripartizione dei ristorni, la rilevanza ai fini dell’IRAP diviene conseguenza del loro transito in una delle voci rilevanti ai fini di detto tributo? ciò in quanto le indicazioni contenute nel documento OIC prescrivono che la contropartita del relativo debito è imputata a conto economico in base alla tipologia del ristorno come rettifica di ricavo o come costo in base alla sua natura (l’emendato par. 23A dell’OIC 28).

Diversamente, quando lo statuto e/o il regolamento delle società cooperative non prevedono un’obbligazione alla ripartizione dei ristorni ai soci, la rilevazione nello stato patrimoniale alla stregua di una distribuzione dell’utile, non consente di soddisfare, in linea di principio, il transito dei ristorni in una delle voci di conto economico rilevanti ai fini del tributo regionale.

Occorre far riferimento alle previsioni dell’art. 2, comma 2, D.M. 8 giugno 2011 secondo le quali componenti fiscalmente rilevanti ai sensi delle disposizioni del decreto IRAP, imputati direttamente a patrimonio netto o al prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo (OCI), concorrono alla formazione della base imponibile IRAP al momento dell’imputazione a conto economico. Se per tali componenti non è mai prevista l’imputazione a conto economico, la rilevanza ai fini IRAP è stabilita secondo le disposizioni applicabili ai componenti imputati al conto economico aventi la medesima natura.

Alla luce di tale previsione, dunque, i ristorni contabilizzati alla stregua di distribuzioni di utili, mantenendo la loro originaria “natura”, concorrono alla formazione della base imponibile IRAP.

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