Inoltre, l’art. 2545sexies c.c. dispone che l’atto costitutivo determina i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici.
L’assemblea può deliberare la ripartizione dei ristorni a ciascun socio anche mediante aumento proporzionale delle rispettive quote o con l’emissione di nuove azioni, in deroga a quanto previsto dall’art. 2525, ovvero mediante l’emissione di strumenti finanziari.
Infatti, il medesimo OIC precisa che:
– alcune società cooperative contabilizzano i ristorni come costi (o rettifiche di ricavi) dell’esercizio in cui avviene lo scambio mutualistico?
– altre contabilizzano i ristorni nell’esercizio in cui l’assemblea delibera la ripartizione del ristorno ai soci.
Da quanto rappresentato nel paragrafo “Motivazione alla base delle decisioni assunte” del Documento OIC, inoltre, proprio in relazione all’ipotesi di ristorni rilevati alla stregua di una distribuzione di utili emerge che a differenza dei dividendi, i ristorni non sono proporzionali alle quote del capitale conferito, ma proporzionali agli scambi intervenuti tra cooperativa e socio, e sono determinati con riferimento alle sole transazioni intercorse con i soci.
Nonostante l’atto costitutivo debba indicare i criteri per la ripartizione dei ristorni (e le regole per la ripartizione degli utili), non è previsto alcun obbligo di distribuzione ex lege con la conseguenza che sul piano civilistico, in linea di principio, si è in presenza di un componente “reddituale” la cui funzione è quella di attribuire al socio della cooperativa il vantaggio mutualistico, rettificando i costi/ricavi rilevati al momento dall’apporto effettuato dal medesimo socio (cui risulta strettamente commisurato) che, in talune ipotesi, si presenta incerto nell’an e/o nel quantum al termine dell’esercizio.
Questi ultimi requisiti possono considerarsi soddisfatti, a priori, nell’ipotesi in cui lo statuto o il regolamento prevedano un obbligo a erogare il ristorno ai soci ovvero, più “realisticamente”, nell’esercizio in cui l’assemblea, valutata la presenza di un avanzo di gestione, deliberi l’attribuzione del ristorno ai soci in luogo del mantenimento di tale avanzo nell’economia della cooperativa per autofinanziarsi.
Nell’ipotesi in cui lo statuto o il regolamento della società cooperativa non disponga alcun obbligo di distribuzione deve concludersi che la rilevazione contabile dei ristorni tra le voci dello stato patrimoniale (come rettifica degli utili/perdite portati a nuovo) non determini una modifica della qualificazione dell’operazione riguardante l’attribuzione del beneficio mutualistico mediante la tecnica dei ristorni (identificabile sulla base del fenomeno giuridicoformale).
Ciò premesso sul piano civilisticocontabile, occorre considerare che il trattamento fiscale delle somme ripartite tra i soci sotto forma di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggiore compenso per i conferimenti effettuati (i.e. ristorni) per le società mutualistiche è disciplinato con alcune disposizioni ad hoc.
– somme attribuite ai soci delle cooperative di produzione e lavoro, sotto forma di integrazione retributiva, erogati in sede di approvazione del bilancio d’esercizio in misura non superiore al 30 per cento dei trattamenti retributivi complessivi;
– somme attribuite dalle società cooperative e loro consorzi ai propri soci a titolo di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggiore compenso per i conferimenti effettuati.
Nel medesimo documento di prassi, si precisa che, in linea di principio, a prescindere dalla modalità di attribuzione del vantaggio mutualistico, la tassazione in capo alla cooperativa dovrebbe essere identica. Ne consegue che i ristorni concretamente possono essere dedotti sia mediante imputazione diretta al conto economico dell’esercizio di competenza, sia attraverso una variazione in diminuzione del reddito imponibile (sempre con riferimento all’esercizio di competenza) considerando i ristorni stessi come impiego degli utili stessi.
Diversamente, quando lo statuto e/o il regolamento delle società cooperative non prevedono un’obbligazione alla ripartizione dei ristorni ai soci, la rilevazione nello stato patrimoniale alla stregua di una distribuzione dell’utile, non consente di soddisfare, in linea di principio, il transito dei ristorni in una delle voci di conto economico rilevanti ai fini del tributo regionale.
Alla luce di tale previsione, dunque, i ristorni contabilizzati alla stregua di distribuzioni di utili, mantenendo la loro originaria “natura”, concorrono alla formazione della base imponibile IRAP.