Crediti inesistenti e non spettanti: norme amministrative e penali da coordinare

La questione dei crediti d’imposta e, nello specifico, la distinzione tra il concetto di inesistenza e non spettanza, è da tempo molto dibattuta.

La legge delega fiscale (n. 111 del 2023), tenuto conto di tali profili d’incertezza, connessi in particolare alla non chiara delimitazione giuridica tra crediti “non spettanti” e “inesistenti”, aveva previsto all’art. 20, comma 1, lettera a) n. 5, che “nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1 il Governo osserva altresì i seguenti principi e criteri direttivi specifici per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale, con riferimento alle imposte sui redditi, all’IVA e agli altri tributi indiretti nonché ai tributi degli enti territoriali: a) per gli aspetti comuni alle sanzioni amministrative e penali: introdurre, in conformità agli orientamenti giurisprudenziali, una più rigorosa distinzione normativa anche sanzionatoria tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti di imposta non spettanti e inesistenti”.

La delega si è posta dunque l’obiettivo di introdurre, anche in conformità ai recenti orientamenti giurisprudenziali, una più rigorosa distinzione normativa, oltreché sanzionatoria, tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti di imposta non spettanti e inesistenti.

Tale distinzione è necessaria a garantire i contribuenti, su cui la diversa qualificazione dei crediti produce effetti anche sul fronte del penale tributario.

La questione

La questione si era posta poiché la differenza tra crediti inesistenti e non spettanti rileva non solo ai fini sanzionatori (tributari e penali), ma anche per i termini decadenziali.

Il D.Lgs. n. 158/2015 ha modificato l’art. 13, D.Lgs. n. 471/1997, prevedendo, tra l’altro, che si intende per inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli automatizzati e formali.

Inoltre, il legislatore ha distinto anche la sanzione penale al superamento di 50.000 euro, prevedendo per la compensazione con crediti non spettanti la reclusione da sei mesi a due anni, mentre per quella con crediti inesistenti la reclusione da diciotto mesi a sei anni.

Nonostante tale distinzione, si è determinato nel tempo un difforme orientamento giurisprudenziale sul quale sono intervenute di recente le Sezioni Unite (sentenze n. 34419 e n. 34452 dell’11 dicembre 2023). Secondo i Supremi giudici si è in presenza di crediti inesistenti se ricorrono contemporaneamente due requisiti:

1. il credito in tutto o in parte è il risultato di un’artificiosa rappresentazione, o è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge o, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo;

2. l’inesistenza non è riscontrabile con i controlli automatizzati e formali delle dichiarazioni.

Pertanto, se l’inesistenza è riscontrabile con controllo formale o automatizzato, si è sempre in presenza di credito non spettante, con tutte le conseguenze sotto il profilo della decadenza dell’accertamento e delle sanzioni.

Le Sezioni unite, infatti, hanno anche confermato che il termine decadenziale lungo riguarda solo i crediti inesistenti.

Occorre evidenziare che in una recente pronuncia della Cassazione penale (sentenza n. 6/2024), la nozione di credito inesistente ai fini penali è stata ritenuta più ampia di quella amministrativa, in aperto contrasto proprio con la pronuncia delle Sezioni Unite.

Questo divergente orientamento fa sì che alcune indebite compensazioni, ai fini tributari, sono considerate non spettanti (e quindi sanzionabili meno gravemente), mentre ai fini penali integrerebbero addirittura il più grave reato di indebita compensazione con credito inesistente.

Le novità del decreto delegato sull’accertamento

In particolare, è previsto che l’atto, emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti non spettanti e inesistenti, utilizzati, in tutto o in parte, in compensazione, va notificato, a pena di decadenza, rispettivamente entro il 31 dicembre del quinto anno (per crediti non spettanti) e dell’ottavo anno successivo (per crediti inesistenti) a quello del relativo utilizzo.

La nuova norma, inoltre, per quanto concerne la distinzione tra crediti non spettanti e inesistenti richiama esplicitamente l’art. 13, commi 4 e 5, D.Lgs. n. 471/1997.

In assenza di uno dei due requisiti, il credito deve ritenersi non spettante (da recuperare, quindi, entro il quinto anno successivo a quello di utilizzo).

Sarà possibile prestare acquiescenza alle sanzioni pagando un terzo delle penalità irrogate, ma il pagamento dovrà avvenire per intero, senza compensazione. Tale statuizione solleva alcuni dubbi, in particolare per quanto concerne l’impossibilità di usufruire dell’istituto della rateizzazione e della compensazione.

Gli atti di recupero, inoltre, potranno essere oggetto di adesione e saranno obbligatoriamente preceduti dal contraddittorio preventivo.

Per le controversie relative all’atto di recupero si applicano le disposizioni previste dal D.Lgs. n. 546/1992 in tema di contenzioso tributario.

Le novità del decreto delegato sulle sanzioni

Lo schema di decreto attuativo della delega fiscale sulle sanzioni , approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 21 febbraio – ha previsto, dal lato penale, che è non spettante il credito “fondato su fatti reali non rientranti nella disciplina attributiva per il difetto di specifici elementi o particolari qualità. È non spettante altresì il credito utilizzato in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, quello fruito in misura superiore a quella prevista”.

È inesistente, invece se manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e anche se fondato su rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente ideologicamente falsi, simulazioni o artifici.

Dovrebbero, pertanto, essere considerati inesistenti sul fronte penale tutti i crediti privi di presupposto, nonostante siano accertabili mediante il controllo formale documentale.

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Si auspica che nella versione definitiva del decreto delegato ci sia un maggior coordinamento delle due normative, amministrativa e penale.

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