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Criteri e direttive per un processo tributario più equo e moderno

Criteri E Direttive Per Un Processo Tributario Più Equo E Moderno
Il disegno di legge delega per la riforma fiscale approvato dal Consiglio dei Ministri del 16 marzo 2023, che dovrebbe approdare a giorni in Parlamento per la successiva approvazione (entro il mese di maggio) per poi dare inizio alla ambiziosa stagione dei decreti delegati, contiene anche un’intera disposizione (l’art. 17 dell’ultima bozza circolata) dedicata al contenzioso tributario.

Si tratta di una serie di principi e criteri direttivi che riguardano tanto il versante processuale quanto quello organizzativo-strutturale della giustizia tributaria. Oltre a tale disposizione, poi, la delega contiene ulteriori previsioni con indubbi riflessi anche di carattere processuale, quali l’art. 4 che, nell’ambito della revisione dello Statuto dei diritti del contribuente, al comma 1, lettera a) richiama un rafforzamento dell’obbligo di motivazione degli atti impositivi, anche mediante l’indicazione delle prove su cui si fonda la pretesa e alla successiva lettera e) afferma una generale applicazione del principio del contraddittorio a pena di nullità.

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Pur trattandosi, per ora, soltanto di linee guida che dovranno essere recepite, interpretate e attuate dai decreti delegati, i propositi di riforma anche del contenzioso tributario sono sicuramente apprezzabili se è vero che, come affermato dallo stesso PNRR, si tratta di un “settore cruciale per l’impatto che può avere sulla fiducia degli operatori economici”. Tali linee guida, inoltre, vanno ad aggiungersi all’impianto già delineato con la legge n. 130/2022, di riforma del processo tributario, con il quale dovranno necessariamente coordinarsi, soprattutto con riferimento alla nuova regola in materia di ripartizione dell’onere probatorio (art. 7, comma 5-bis, D.Lgs. n. 546/1992, che almeno sulla carta dovrebbe garantire maggiore parità delle armi fra Fisco e contribuenti).
La legge di Bilancio 2023, poi, si è occupata, con un intervento “a tempo”, quale una nuova edizione della definizione delle liti pendenti, di risolvere (vedremo con quali esiti) il problema dell’ingolfamento delle corti tributarie di merito e della sezione tributaria della Corte di Cassazione.

Ben venga allora un ulteriore progetto di riforma, ad ampio respiro!

Quando si parla di processo tributario, le esigenze di riforma sono note e la delega sembra cogliere nel segno: maggiore certezza delle regole, potenziamento degli istituiti deflattivi (per ridurre il numero delle liti), tempi più rapidi per i giudizi instaurati e modernizzazione degli strumenti a disposizione delle parti.

Processo tributario con regole certe

Detto che, quantomeno sul piano della certezza e dell’uniformità dei giudicati, un significativo passo avanti è stato realizzato dalla legge n. 130/2022 – che ha reso obbligatoria (seppur con alcuni temperamenti in fase transitoria) la nuova figura professionalizzata dei magistrati tributari – la delega sembra affidare le esigenze deflattive a un potenziamento della conciliazione giudiziale (da estendersi anche ai giudizi pendenti presso la Corte di Cassazione) e dell’esercizio dell’autotutela, oltre che alla definizione agevolata delle liti pendenti (con la speranza che quest’ultima rimanga una extrema ratio da utilizzare in particolari momenti storici e non una panacea buona per tutte le stagioni).

Obiettivo: ridurre i tempi dei processi

Per ridurre i tempi del processo, anche ai fini della tutela dell’integrità patrimoniale dei contribuenti sui quali pende la scure della riscossione frazionata in pendenza di giudizio (sulla quale, pure, sono auspicabili dei ripensamenti, magari prevedendo di attendere l’esito del primo grado), la delega, da un lato, prevede l’obbligo di lettura del dispositivo immediatamente dopo l’udienza e, dall’altro lato, tempistiche certe e rapide per la fissazione dell’udienza cautelare anche nei gradi successivi al primo, per il quale la legge n. 130/2022 ha ridotto tale termine a 30 giorni dalla presentazione dell’istanza di sospensione.

Un processo tributario più moderno

Apprezzabile anche l’intento di modernizzare il processo tributario. Se le udienze da remoto non rappresentano ormai più una novità, la delega correttamente fa conseguire tale modalità alla richiesta anche soltanto di una delle parti costituite. Laddove la delega, poi, sembra davvero recepire le istanze di quanti (in particolare, i difensori) quotidianamente si cimentano con il processo tributario è laddove richiede “la semplificazione della normativa processuale funzionale alla completa digitalizzazione”. Se correttamente attuata tale disposizione dovrebbe portare all’eliminazione dal D.Lgs. n. 546/1992 di quei rimandi ormai obsoleti – in tempi di processo telematico e firme digitali – al “vecchio” giudizio cartaceo che comportano costi e oneri a carico delle parti: si pensi ai riferimenti alle copie autentiche delle sentenze o alle attestazioni di conformità tra ricorso notificato e quello depositato e si potrebbe continuare.

Andrebbero, poi, favorite anche forme di “comunicazione” più immediate tra le parti del processo (ad esempio, notiziando le altre parti costituite quando vi siano aggiornamenti del fascicolo sul SIGIT) oltre che reso effettivo un paritario accesso alle fonti giurisprudenziali tra parti pubbliche e parti private.

Non del tutto convincente, appare, invece, la previsione dell’attribuzione della giurisdizione sulle opposizioni esecutive (articoli 615 e 617 c.p.c.) nel caso in cui “il ricorrente assume la mancata o invalida notificazione della cartella di pagamento ovvero dell’intimazione di pagamento” (ovvero degli atti anteriori al pignoramento) al giudice tributario, il quale, se è vero che ha piena conoscenza dello specifico tema della notificazione degli atti prodromici, allo stesso tempo non è detto sia in grado di conoscere complessivamente dell’esecuzione forzata tributaria, fase che coinvolge anche soggetti terzi rispetto al contribuente e all’Amministrazione finanziaria e che richiede effettivamente competenze specialistiche attinenti al tema dell’esecuzione oggi appannaggio del giudice ordinario.

Insomma, la strada tracciata dalla delega sembra essere quella giusta.

L’auspicio è che regole più certe sappiano anche garantire la reale parità delle armi fra Fisco e contribuenti.

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