Dal 2024 aumentano le aliquote di IVIE e IVAFE
- 1 Dicembre 2023
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
Dal 2024 scatterà un aumento delle aliquote applicabili per l’IVIE ovvero l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero, e per l’IVAFE, l’imposta sul valore delle attività finanziarie estere.
A stabilire tali aumenti è la legge di Bilancio 2024, attualmente all’esame parlamentare.
In particolare, se la norma verrà confermata, dal prossimo anno:
– l’aliquota ordinaria dell’IVIE passerà dall’attuale 0,76 all’1,06 per cento;
– l’aliquota dell’IVAFE dal 2 al 4 per mille annuo ma solo limitatamente ai prodotti finanziari detenuti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.
Quindi, mentre per l’IVIE l’aumento è generalizzato e, quindi, si applica su tutti gli immobili che rientrano nel campo di applicazione dell’imposta, per l’IVAFE la nuova aliquota maggiorata colpirà solo determinate attività finanziarie, ovvero quelle detenute in territori che si prestano maggiormente ad operazioni di elusione fiscale.
Alla luce delle nuove aliquote, vale, dunque, la pena di riassumere la disciplina delle due imposte, tenendo conto che la legge è ancora all’esame parlamentare e, quindi, suscettibile di ulteriori modifiche.
Come funziona l’IVIE
Inoltre, sono soggetti passivi di tali imposte anche gli enti non commerciali e le società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice, residenti in Italia, che sono tenuti agli obblighi di dichiarazione per gli investimenti e le attività soggetti al c.d. monitoraggio fiscale.
In particolare, l’imposta è dovuta dai:
– proprietari di fabbricati, aree fabbricabili e terreni a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali per natura o per destinazione destinati ad attività d’impresa o di lavoro autonomo;
– titolari dei diritti reali di usufrutto, uso o abitazione, enfiteusi e superficie sugli stessi;
– concessionari, nel caso di concessione di aree demaniali;
– locatari, per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria.
L’imposta non si applica al possesso degli immobili adibiti ad abitazione principale (e per le relative pertinenze), e alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, che in Italia non risultano classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.
Per quanto concerne la determinazione del valore degli immobili su cui calcolare l’imposta esso cambia, a seconda dello Stato in cui è situato l’immobile.
Nel dettaglio:
– per i Paesi appartenenti all’Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo ovvero Norvegia e Islanda che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, il valore da utilizzare è quello catastale, così come è determinato e rivalutato nel Paese in cui l’immobile è situato, per l’assolvimento di imposte di natura reddituale o patrimoniale, oppure di altre imposte determinate sulla base del valore degli immobili, anche se gli immobili sono pervenuti per successione o donazione. In mancanza del valore catastale, si fa riferimento al costo che risulta dall’atto di acquisto e, in assenza, al valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile;
– per gli altri Stati, il valore dell’immobile è costituito dal costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, dal valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.
L’aliquota ordinaria attuale è pari allo 0,76% del valore degli immobili ed è calcolata in proporzione alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali c’è stato il possesso.
Di fatto le regole sono le stesse dell’IMU: infatti, viene conteggiato per intero il mese nel quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni.
Il versamento non è dovuto se l’importo complessivo (calcolato a prescindere da quote e periodo di possesso e senza tenere conto delle detrazioni previste per lo scomputo dei crediti di imposta) non supera 200 euro.
In questo caso, il contribuente non è nemmeno tenuto ad indicare i dati relativi all’immobile nella dichiarazione dei redditi (quadro RM), fermo restando l’obbligo di compilazione del modulo RW.
L’aliquota scende allo 0,4% per gli immobili adibiti ad abitazione principale che in Italia risultano classificati nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per i quali è possibile, inoltre, detrarre dall’imposta (fino a concorrenza del suo ammontare) un ammontare pari a 200 euro, rapportati al periodo dell’anno durante il quale l’immobile è destinato ad abitazione principale.
Nel caso di immobile adibito ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascun soggetto in proporzione alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.
Con le novità in arrivo, l’aliquota ordinaria salirà all’1,06% mentre è confermata l’aliquota ridotta dello 0,4% per le abitazioni principali.
Da ricordare, infine, che:
– dall’IVIE è possibile dedurre l’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui è situato l’immobile;
– per gli immobili situati in Paesi appartenenti all’UE o aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, è possibile sottrarre anche l’eventuale eccedenza di imposta reddituale estera sugli stessi immobili, non utilizzata come credito IRPEF sulle imposte pagate all’estero.
Come funziona l’IVAFE
Oltre alle persone fisiche, sono soggetti passivi anche gli enti non commerciali e le società semplici, residenti in Italia, che sono tenuti agli obblighi di dichiarazione per gli investimenti e le attività che rientrano nel c.d. monitoraggio fiscale.
La base imponibile dell’IVAFE è costituita dal valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato.
L’IVAFE, attualmente, è dovuta:
– in misura fissa (pari a 34,20 euro per le persone fisiche e a 100 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche per i conti correnti e i libretti di risparmio;
– proporzionalmente alla quota e al periodo di detenzione, nella misura del 2 per mille del valore dei prodotti finanziari.
Con la legge di Bilancio si interviene su questa aliquota differenziandola per i prodotti finanziari detenuti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato.
Per questi ultimi, infatti, si avrà un raddoppio dell’aliquota che, quindi, passerà dal 2 per mille al 4 per mille, a partire dal 2024.
Da ricordare, infine che, anche in questo caso, nel rispetto del divieto della doppia imposizione, dall’IVAFE si deduce, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui sono detenuti i prodotti finanziari, i conti correnti e i libretti di risparmio.