Il
D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, recante modifiche allo Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 220/2000), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 2 del 3 gennaio 2024, è
entrato in vigore il 15° giorno successivo alla sua pubblicazione, vale a dire il
18 gennaio 2024.
Tuttavia, l’art. 2 stabilisce termini diversi per l’efficacia di alcune delle norme recate dal provvedimento.
Inoltre, alcune osservazioni possono essere proposte per il nuovo regime dell’autotutela.
Mutamenti interpretativi dell’Amministrazione conformi alla giurisprudenza unionale
L’
art. 1, comma 1, lettera l),
D.Lgs. n. 219/2023 modifica l’art. 10, comma 2, dello Statuto prevedendo che limitatamente ai
tributi unionali, “non sono altresì dovuti i
tributi nel caso in cui gli
orientamenti interpretativi dell’amministrazione finanziaria, conformi alla
giurisprudenza unionale ovvero ad atti delle
istituzioni unionali e che hanno indotto un legittimo affidamento nel contribuente, vengono successivamente modificati per effetto di un
mutamento della predetta giurisprudenza o dei predetti atti”.
L’
art. 2, comma 1,
D.Lgs. n. 219/2023 stabilisce che tale disposizione si applica “
esclusivamente per i
rapporti tributari sorti successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto”, vale a dire per i rapporti tributari sorti
dal 18 gennaio 2024 in poi.
La
relazione Illustrativa allo schema di decreto dichiara che, secondo la giurisprudenza di legittimità, “il principio di tutela del
legittimo affidamento del cittadino, reso esplicito in materia tributaria dall’
articolo 10, comma 1, della
legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), trovando origine nella Costituzione, e precisamente negli artt. 3, 23, 53 e 97, espressamente richiamati dal vigente articolo 1 del medesimo Statuto, è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisce uno dei fondamenti dello Stato di diritto nelle diverse articolazioni, limitandone l’attività legislativa e amministrativa. A differenza di altre norme dello Statuto, che presentano un contenuto innovativo rispetto alla legislazione preesistente, la previsione del citato articolo 10 è dunque espressiva di principi generali, anche di rango costituzionale, immanenti nel diritto e nell’ordinamento tributario anche prima della
legge n. 212/2000 (
Cass. n. 21513/2006,
n. 7080/2004,
n. 17576/2002 e
n. 10982/2009)”.
Si osserva, però, che, se così è, appare una forte limitazione quella di prevederne l’applicazione solo ai rapporti tributari sorti dopo il 18 gennaio 2024 e non anche, ad esempio, ai procedimenti contenziosi ancora aperti.
Naturalmente, la non debenza dei tributi si riflette anche sulle eventuali sanzioni e sugli interessi che, pertanto, non sono parimenti dovuti.
Garante nazionale del contribuente
L’
art. 1, comma 1, lettera p),
D.Lgs. n. 219/2023, sostituendo l’art. 13 dello Statuto, istituisce la figura del
Garante nazionale del contribuente (abolendo contestualmente i Garanti regionali), quale organo monocratico, con sede in Roma.
L’art. 2, comma 2, dello stesso decreto prevede che con regolamento adottato dal Ministro dell’Economia e delle finanze, sono stabiliti il compenso annuo lordo del Garante, nonché la misura annua del rimborso delle spese di trasferta dovute per suoi eventuali accessi in uffici finanziari situati in comuni diversi da quello della sua sede.
Ai sensi dell’
art. 2, comma 1,
D.Lgs. n. 219/2023, le disposizioni sul Garante nazionale del contribuente hanno effetto
a decorrere dalla data di entrata in vigore del citato regolamento, “da adottare
entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e, comunque, non oltre il
31 dicembre 2024” (sic!). Fino a tale data restano in vigore i
Garanti regionali.
Autotutela
Gli articoli 10-quater e 10-quinquies dello Statuto – introdotti dall’
art. 1, comma 1, lettera m),
D.Lgs. n. 219/2023 – prevedono rispettivamente i casi di
autotutela obbligatoria e
facoltativa.
L’
art. 2, comma 4,
D.Lgs. n. 219/2023 prevede l’
abrogazione, “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto” (18 gennaio 2024) delle norme che disciplinavano l’autotutela, vale a dire:
Prima di tale novità, la
giurisprudenza più recente ammetteva il ricorso contro i provvedimenti di diniego ad istanze di autotutela, ancorché l’originario provvedimento fosse divenuto definitivo, precisando tuttavia, da un lato la natura pienamente
discrezionale dell’annullamento d’ufficio (
Corte Cost., sentenza 13 luglio 2017, n.181) e, dall’altro, che il contribuente non poteva limitarsi a eccepire eventuali vizi dell’atto medesimo, la cui deduzione è definitivamente preclusa, ma doveva piuttosto “prospettare l’esistenza di un
interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto” (Cass., 3 gennaio 2024, n. 161).
In proposito, si osserva che la disposizione che prevede espressamente l’impugnabilità del diniego espresso o tacito dell’autotutela di cui all’art. 10-quater e del diniego espresso di cui all’
art. 10-quinquies della
legge n. 212/2000, si applica “ai
giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, nonché in Cassazione, a decorrere dal giorno successivo all’entrata in vigore del presente decreto”, vale a dire dal
5 gennaio 2024.
Per le
istanze di autotutela presentate in vigenza della
vecchia disciplina (
art. 2-quater,
D.L. n. 564/1994 e
D.M. n. 37/1997) per le quali il termine di impugnazione è venuto o verrà a scadenza in data successiva al 5 gennaio 2024, potrebbe porsi la
questione dell’ammissibilità del ricorso, considerato che la nuova norma fa specifico riferimento agli articoli 10-quater e 10-quinquies, che sono in vigore dal 18 gennaio 2024 e che, quindi, non esistevano al momento di presentazione dell’istanza.
In proposito, si osserva che non dovrebbero sussistere dubbi sull’
ammissibilità del ricorso presentato dopo il 4 gennaio 2024 sul mancato accoglimento delle istanze di autotutela presentate ai sensi delle vecchie disposizioni. Infatti, da un lato i “casi” previsti dall’art. 10-quater (autotutela obbligatoria) sono per lo più
sovrapponibili a quelli del
D.M. 11 febbraio 1997, n. 37 (errore di persona; errore di calcolo; errore sul presupposto d’imposta; mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti; mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza; errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’amministrazione finanziaria) e, pertanto, in presenza di tali circostanze, il ricorso risulterebbe presentato per il rifiuto espresso o tacito “nei casi” indicati nell’art. 10-quater.
In secondo luogo, perché non sarebbe ammissibile una soluzione interpretativa che privi il contribuente della tutela giurisdizionale.
Qualche
dubbio residua, tuttavia, sia per i casi che erano contemplati dal
D.M. 11 febbraio 1997, n. 37 e che non sono più indicati nell’art. 10-quater (evidente errore “logico”, doppia imposizione, sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati), qualora il diniego fosse tacito, sia, in generale, per tutte le ipotesi di
diniego tacito non rientranti nel citato art. 10-quater. In questi casi, infatti, la nuova norma sul contenzioso non consente il ricorso.
Ulteriore osservazione riguarda quanto prevede l’art. 10-quater, comma 2, del nuovo Statuto, secondo cui l’obbligo di procedere all’annullamento degli atti in autotutela (e la possibilità di impugnare anche il diniego tacito), nelle ipotesi ivi previste, non si applica “decorso un anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione”.
Il dubbio riguarda gli
atti divenuti definitivi da oltre un anno al momento di entrata in vigore dell’art. 10-quater (
18 gennaio 2024), in quanto, in tal caso, il
decorso del periodo stabilito sarebbe avvenuto
senza alcuna responsabilità del contribuente, tenuto conto che la decadenza per decorso dell’anno prima del
D.Lgs. n. 219/2023 non esisteva.
Una soluzione potrebbe essere quella di consentire, in via interpretativa, di computare il decorso dell’anno a partire dal 18 gennaio 2024, riaprendo quindi il termine entro il quale il contribuente può presentare o ripresentare l’istanza di autotutela, nell’ambito dell’art. 10-quater.
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