Decreto Riscossione: guida alle novità

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo in materia di riordino del sistema nazionale della riscossione. Le novità sono molteplici: dalla nuova procedura di discarico all’ampliamento delle ipotesi di impugnabilità del ruolo, sino ad arrivare all’individuazione di nuovi piani di dilazione per i contribuenti. Dall’esame delle disposizioni, emerge in maniera netta l’intenzione di definire con precisione l’ambito di operatività dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, al fine di agevolarla nella gestione dei carichi con maggiori probabilità di recupero. Quali sono le novità?

La nuova disciplina è già entrata in vigore ma, dal punto vista operativo, alcune novità non saranno immediatamente applicabili, essendo efficaci a partire dal 1° gennaio 2025.

Nei paragrafi successivi, si esamineranno le novelle che sono state apportate dalla riforma della riscossione, con particolare riferimento ai profili di maggiore interesse per i contribuenti, ma si muoverà preliminarmente dai criteri e dai principi della legge n. 111/2023, con cui il Governo è stato delegato per l’attuazione della riforma fiscale.
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Quali sono i principi e i criteri direttivi della legge delega fiscale

Il sistema nazionale della riscossione, nel corso dell’ultimo ventennio, ha registrato diverse problematiche in merito alla gestione nonché alla finalizzazione delle attività di recupero coattivo dei crediti degli enti pubblici.

Tali problematiche, secondo la relazione illustrativa alla base della riforma in commento, sono state ricondotte nel fatto che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione è stata chiamata a svolgere, per conto della gran parte degli enti pubblici, le attività di recupero di numerosissime e indistinte posizioni creditorie, molte delle quali presentavano sin dall’origine remote possibilità di esigibilità.

Da ciò, è derivata una evidente difficoltà dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione nell’amministrare il proprio “magazzino di crediti” da riscuotere che, poi, si è tradotta in un progressivo accumulo nelle contabilità degli enti pubblici di partite divenute, nei fatti, ormai inesigibili.

In tal senso, è interessare citare l’ultima audizione parlamentare del Direttore dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, nella quale viene dichiarato che “alla data del 31 dicembre 2023, il valore del carico contabile residuo dei crediti affidati dai diversi enti creditori all’agente della riscossione, dal 1° gennaio 2000, ammonta a circa 1.206,6 miliardi di euro. L’importo dei crediti residui, per circa il 40 per cento, appare di difficile recuperabilità per le condizioni soggettive del contribuente (151,7 miliardi di euro sono dovuti da soggetti interessati da procedure concorsuali, 195 miliardi di euro da persone decedute e imprese cessate, 136,5 miliardi da soggetti che, in base ai dati presenti nell’Anagrafe tributaria, risultano nullatenenti)”.

Il decreto Riscossione mira a risolvere le criticità riscontrate negli ultimi anni nella riscossione forzata dei crediti degli enti pubblici, dando attuazione alla legge n. 111/2023, recante la “Delega al Governo per la riforma fiscale” e, in particolare, all’art. 18 della citata legge, avente ad oggetto i “principi e criteri direttivi per la revisione del sistema nazionale della riscossione”.

I principi e i criteri direttivi fissati dalla legge delega, senza pretesa di esaustività, hanno proposto al Governo di efficientare i sistemi della riscossione, nazionale e locali, tramite la fissazione di obiettivi di risultato e la semplificazione delle procedure di recupero, favorendo l’uso delle più evolute tecnologie nonché l’interoperabilità dei sistemi.

Nel dettaglio, è stato chiesto in sede di delega al Governo di osservare i seguenti criteri direttivi:

– prevedere una pianificazione annuale delle procedure di recupero, da concordare con il Ministero dell’Economia e delle Finanze;

salvaguardare il diritto di credito degli enti pubblici, mediante il tempestivo tentativo di notificazione della cartella di pagamento, non oltre il nono mese successivo a quello di affidamento del carico, nonché, dei conseguenti atti interruttivi della prescrizione;

riformare la disciplina della responsabilità dell’Agente della riscossione, attribuendo al MEF il potere di verificare la conformità dell’attività di recupero dei crediti affidati all’agente della riscossione alla pianificazione concordata;

modificare progressivamente le condizioni di accesso ai piani di rateazione;

potenziare l’attività di riscossione coattiva dell’Agente della riscossione, anche attraverso progressivo superamento dello strumento del ruolo;

– definire una disciplina della riscossione nei confronti dei coobbligati solidali paritetici e dipendenti che assicuri un corretto equilibrio tra la tutela del credito erariale e il diritto di difesa.

In conformità ai principi e ai criteri sopra esposti, è stato emanato il decreto legislativo in commento che, come si avrà modo di vedere immediatamente, ha cercato di dare attuazione alla legge delega, muovendosi su una direttrice con cui si prova a ridurre l’intervento dell’Agente della riscossione.

In particolare, il Governo si è concentrato su misure che, da un lato, favoriscono l’adempimento spontaneo da parte del contribuente e, da un altro lato, velocizzano e limitano l’area di competenza dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione ai carichi con maggiori possibilità di esazione, responsabilizzando gli enti pubblici nella gestione dei crediti più complessi.

Quali sono gli adempimenti dell’Agente della riscossione

L’art. 2 del decreto, come prefissato dall’art. 18, comma 1, lettera a), n.4), della legge delega n. 111/2023, definisce gli adempimenti a carico dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione a partire dal 1° gennaio 2025.

In particolare, si impone all’Agente della riscossione di salvaguardare i crediti degli enti pubblici, tramite la tempestiva notifica della cartella di pagamento, non oltre il nono mese successivo a quello di affidamento del carico, nonché di conseguenti atti interruttivi della prescrizione.

A livello programmatico, poi, si prescrive all’Agenzia delle Entrate-Riscossione di gestire le attività di recupero coattivo, conformemente a quanto pianificato annualmente, in sede convenzionale con il MEF e l’Agenzia delle Entrate.

Da ultimo, per esigenze di coordinamento con gli enti pubblici, si prevede che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione debba trasmettere in via telematica a questi ultimi, entro la fine di ogni mese con modalità da stabilire con apposito decreto del MEF, i flussi informativi concernenti lo stato delle procedure relative alle singole quote, nonché le riscossioni effettuate nel mese precedente.

Qual è la nuova procedura di discarico dei carichi affidati all’Agenzia delle Entrate-Riscossione

Tale misura costituisce una delle principali novità in materia di riscossione poiché, secondo i criteri fissati dalla legge delega, rappresenterà lo strumento con cui efficientare l’attività dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

In particolare, tramite la nuova procedura, viene attribuita agli enti pubblici, diversi dall’Agenzia delle Entrate, maggiori responsabilità nella riscossione dei propri crediti, lasciando così all’Agenzia delle Entrate-Riscossione margini di manovra più ampi nella gestione dei carichi facilmente esigibili.

Il nuovo meccanismo di discarico prevede in via ordinaria che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione restituisca all’ente creditore:

in via automatica i crediti affidati dal 1° gennaio 2025 e non riscossi entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di affidamento;

in via anticipata i crediti affidati dal 1° gennaio 2025, laddove rilevi la chiusura del fallimento o della liquidazione giudiziale del debitore, l’assenza di beni suscettibili di poter essere aggrediti, mediante accesso, effettuato prima del discarico, in anagrafe tributaria, oppure la mancanza di nuovi beni rispetto a quelli con riferimento ai quali, nel biennio precedente, le attività di recupero sono state esaurite con esito parzialmente o totalmente infruttuoso.

In via eccezionale, sono temporaneamente esclusi dal discarico i crediti affidati dal 1° gennaio 2025, per cui:

– al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di affidamento risulta sospesa la riscossione o pendono ancora procedure esecutive/concorsuali;

tra la data di affidamento e il 31 dicembre del quinto anno ad esso successivo, sono conclusi accordi ai sensi del Codice della crisi di impresa, sono in essere al predetto 31 dicembre dilazioni di pagamento di ogni natura presso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, si sono verificati l’inadempimento, la revoca o la decadenza dal beneficio dalla dilazione, è stata disposta la sospensione della riscossione per almeno diciotto mesi anche non continuativi.

Per quanto riguarda le quote non riscosse relative alle risorse proprie dell’UE nonché ai recuperi degli aiuti di Stato, il discarico automatico non troverà applicazione, in luogo di quello in via anticipata, salvo diritto dell’ente creditorie di far verificare la conformità dell’attività di recupero.

Una volta discaricato il credito e fino al suo termine prescrizionale, l’ente creditore potrà:

– gestire direttamente il carico;

– affidare il recupero coattivo ai soggetti iscritti all’albo speciale del MEF di cui al D.Lgs. n. 446/1997 oppure ad altro soggetto appositamente selezionato tramite una procedura di evidenza pubblica;

– riaffidare il carico all’Agenzia delle Entrate-Riscossione per due anni, aderendo a delle speciali condizioni di servizio.

Quest’ultimo caso è subordinato alla presenza di nuovi e significativi elementi reddituali o patrimoniali del debitore che giustifichino il rinnovo delle azioni di recupero, oppure in caso di affidamento di nuovi carichi relativi allo stesso debitore.

La verifica sui nuovi e significativi avverrà in presenza di segnalazioni da tentativo di compensazione volontaria o nel caso di blocco dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni (articoli 28-ter e 48-bis del D.P.R. n. 602/1973).
Invece, nel caso in cui la riscossione sarà gestita direttamente dall’Ente o da soggetto privato a tal fine incaricato, le procedure di recupero coattivo avverranno sulla base degli istituti del R.D. n. 639/1910 e del titolo II del D.P.R. n. 602/1973.

Da ultimo, si segnala che la riforma aveva previsto la possibilità di cedere a titolo oneroso il credito a soggetti privati, individuati con procedura di gara a evidenza pubblica, con trasferimento del rischio e con le modalità di cui alla legge n. 130/1999 (normativa sulla cartolarizzazione dei crediti). Tale possibilità, tuttavia, è stata espunta dal testo del decreto poiché, sotto il profilo finanziario, la Ragioneria Generale dello Stato ha ritenuto che non vi fossero le coperture necessarie. Tanto è vero che il decreto, nella sua versione finale, era già stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 3 luglio 2024 ma è dovuto “tornare indietro” per recepire le indicazioni ostative della Ragioneria Generale dello Stato.

Attenuazione della responsabilità dell’Agente della riscossione

L’art. 6 del decreto interviene sulla responsabilità dell’Agente della riscossione nei confronti degli enti creditori, qualora, dalla mancata o incorretta, attività di recupero sia derivata la prescrizione del credito.

In particolare, la riforma, dopo aver definito i compiti dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (meglio descritti nei precedenti paragrafi), ha introdotto una nuova disciplina delle attività di verifica e di controllo dell’azione di recupero dei crediti svolta dell’Agente della riscossione nonché della responsabilità dell’Agente medesimo.

Viene previsto che il MEF, anche avvalendosi della Agenzia delle Entrate, verifichi la conformità dell’azione di recupero dei crediti affidati all’Agenzia delle Entrate-Riscossione a quanto previsto nella pianificazione annuale.

Al contempo, però, la riforma ha attributo agli enti pubblici il diritto di effettuare il controllo sulla conformità dell’azione di recupero per le partite affidate dal 1° gennaio 2025, con particolare riferimento alla notificazione della cartella di pagamento, entro il nono mese successivo a quello di affidamento del carico, nonché ai successivi tentativi di notificazione degli atti interruttivi della prescrizione del credito.

Invece, per le partite affidate fino al 31 dicembre 2024, non è prescritta la verifica da parte dell’Ente pubblico sulla tempestività della notifica della cartella ma si applicano le disposizioni di cui all’art. 1, comma 529, della legge n. 228/2012, il quale limita la responsabilità dell’agente della riscossione alle sole ipotesi di condotta dolosa.

Le quote di crediti, oggetto di discarico, saranno sottoposte a verifica di conformità nella misura tra il 2 e il 6 per cento per i crediti tributari erariali, mentre nella misura massima del 5 per cento per i restanti crediti.

L’attività di controllo inizierà con la notificazione da parte dell’ente pubblico all’Agenzia delle Entrate-Riscossione della comunicazione di avvio del procedimento e, con l’occasione, potrà richiedere a quest’ultima la trasmissione, entro 120 giorni, della documentazione relativa alle quote da sottoporre al controllo.

In caso di mancato rispetto dell’obbligo di trasmissione, l’ente assegna all’Agente della riscossione un termine non inferiore a dodici mesi per la trasmissione dei flussi informativi omessi.

Qualora, sia derivata la decadenza o la prescrizione del diritto di credito per fatto imputabile all’agente della riscossione, l’ente potrà notificare apposito atto di contestazione all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, a pena di decadenza, entro 180 giorni decorrenti dalla comunicazione di avvio del procedimento ovvero, qualora sia richiesta la documentazione, dalla trasmissione della stessa o dall’inutile decorso del termine di centoventi giorni dalla richiesta.

Nell’atto di contestazione, l’ente creditore dovrà esporre, a pena di nullità e in modo analitico, le motivazioni per cui imputa all’Agenzia delle Entrate-Riscossione la decadenza o la prescrizione del diritto di credito.

Quest’ultima potrà produrre osservazioni entro 90 giorni dalla notifica dell’atto di contestazione e l’ente creditore, a pena di decadenza, entro 60 giorni, notificherà all’agente della riscossione un provvedimento a carattere definitivo di accoglimento, ovvero di rigetto delle predette osservazioni.

In caso di rigetto delle osservazioni, l’agente della riscossione potrà:

– definire la controversia mediante pagamento di una somma pari a un ottavo dell’importo del carico affidato, con aggiunta degli interessi legali decorrenti dal termine ultimo per la notificazione della cartella o degli altri atti di recupero coattivo;

– presentare ricorso alla Corte dei conti.

In mancanza di definizione agevolata o di ricorso, la somma dovuta dall’agente della riscossione è pari a 1/3 dell’importo del carico affidato, con aggiunta dei predetti interessi legali.

Da ultimo, viene ridefinita la responsabilità dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, stabilendo che le omissioni, le irregolarità e i vizi verificatisi nello svolgimento dell’attività di riscossione non comportano l’avvio di giudizi di responsabilità contabile.

Ciò sarà possibile, laddove l’attività dell’Agente della riscossione abbia causato la prescrizione o la decadenza del diritto di credito, per l’effetto di una condotta dolosa o caratterizzata da colpa grave, ravvisabile nella tardiva notificazione della cartella di pagamento e/o nell’intempestivo invio dell’atto interruttivo della prescrizione.

Ampliamento delle ipotesi per l’impugnazione diretta del ruolo

Nel decreto legislativo, rispetto la sua struttura iniziale, è stato revisionato l’ambito di operatività dell’art. 12, comma 4-bis, D.P.R. n. 602/1973, avente ad oggetto la disciplina dell’impugnabilità del ruolo e della cartella di pagamento invalidamente notificata.
L’intervento è stato reso necessario per conformare la disciplina de qua alle indicazioni fornite dalla Consulta (cfr. Corte. Cost., Sent. n. 190/2023), la quale aveva invitato il Legislatore, per ragioni di compatibilità costituzionale, ad estendere le ipotesi che consentono al contribuente di impugnare direttamente il ruolo, senza dover attendere il successivo atto della riscossione forzata.
Il novellato art. 12, comma 4-bis, del D.P.R. n. 602/1973 contempla alle nuove lettere d), e) ed f) le condizioni che permettono l’impugnazione diretta del ruolo e della cartella di pagamento che si assume essere incorrettamente notificata.

In particolare, l’impugnazione diretta del ruolo è consentita al fine di escludere che, dall’iscrizione, possa derivare un pregiudizio nell’ambito:

– delle procedure previste dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (lettera d);

– delle operazioni di finanziamento da parte di soggetti autorizzati (lettera e);

– della cessione dell’azienda, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 14 del D.Lgs. n. 472/1997, il quale disciplina la responsabilità solidale del cessionario per il pagamento dei debiti tributari del cedente (lettera f).

Quali sono i nuovi piani di dilazione presso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione

In conformità all’art. 18, comma 1, lettera d), n. 2), della legge delega n. 111/2023, è stata rivisitata la disciplina sulla rateazione dei crediti affidati all’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Le novità principali consistono nel graduale aumento del numero delle rate ottenibili (da 72 a 120), in alcune modifiche alla determinazione dello stato di insolvenza e l’esclusione dalla dilazione alle risorse proprie tradizionali dell’Unione Europea, salvo che nelle parti compatibili con il Codice doganale europeo.

È bene evidenziare che le precedenti disposizioni sulla dilazione (art. 19, D.P.R. n. 602/1973) continuano ad applicarsi a tutte le istanze di dilazione presentate sino al 31 dicembre 2024.

Conseguentemente, dunque, la domanda dovrà essere presentata a partire dal 2025 per accedere alle nuove norme più favorevoli.

In base alle disposizioni applicabili per le istanze presentate sino al 31 dicembre 2024, si prevede, a discrezione dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, la concessione di un piano “ordinario”, di massimo di 72 rate, o di un piano “straordinario” di 120 rate.

In caso di debito inferiore a 120.000 euro, per l’ottenimento della dilazione ordinaria fino a 72 rate è sufficiente che il contribuente dichiari di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà.

In caso di debito superiore a 120.000 euro, per l’ottenimento della dilazione ordinaria fino 72 rate il contribuente deve documentare di trovarsi nella suddetta situazione di difficoltà (le persone fisiche non imprenditori e gli imprenditori individuali che adottano regimi semplificati mediante la dichiarazione ISEE, le società tramite il calcolo dell’indice di liquidità).

Indipendentemente dall’ammontare del debito, è possibile ottenere un piano straordinario di 120 rate al massimo, che è accordato se si dimostra di essere solvibili ma di trovarsi in grave situazione di difficoltà economica, estranea alla propria volontà, e legata alla congiuntura economica, tale da non potersi sostenere un piano di rateazione ordinario.

In base alle disposizioni applicabili per le istanze presentate dopo il 31 dicembre 2024, sarà possibile ottenere, tramite una richiesta “semplice” di dilazione di debiti inferiori a 120.000 euro (senza documentare lo stato di obiettiva e temporanea difficoltà), un massimo di:

– 84 rate mensili per le richieste presentate nel 2025 e 2026;

– 96 per le richieste presentate nel 2027 e nel 2028;

– 108 per le richieste presentate a decorrere dal 1° gennaio 2029.

È poi previsto, nel caso in cui il piano di dilazione sia inferiore a 120.000 euro, ed è documentata la temporanea e obiettiva situazione di difficoltà di natura economico-finanziaria, la concessione di un numero maggiore di rate:

– da 85 ad un massimo di 120 rate mensili, per le richieste presentate negli anni 2025 e 2026;

– da 97 ad un massimo di 120 rate mensili, per le richieste presentate negli anni 2027 e 2028;

– da 109 ad un massimo di 120 rate mensili, per le richieste presentate a decorrere dal 1° gennaio 2029.

Inoltre, se il contribuente documenta la temporanea e obiettiva situazione di difficoltà di natura economico-finanziaria, per i piani di dilazione superiori a 120.000 euro, l’Agente della riscossione concede fino a 120 rate, a prescindere da quando è presentata la domanda.

La richiesta di dilazione, comprovando la temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico finanziaria, conduce all’ottenimento di un maggiore numero di rate rispetto alla richiesta di dilazione pura e semplice.

Il novellato art. 19 prevede che, per valutare l’insolvenza, si terrà conto:

– per le persone fisiche e i titolari di ditte individuali in regimi fiscali semplificati, all’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) del nucleo familiare del debitore e all’entità del debito da rateizzare e di quello residuo eventualmente già in rateazione;

– per i soggetti diversi da quelli appena indicati, all’indice di liquidità e al rapporto tra debito da rateizzare e quello residuo eventualmente già in rateazione e il valore della produzione.

Tuttavia, per le modalità di applicazione e documentazione di questi parametri, si dovrà attendere un apposito decreto del MEF.

Estensione della disciplina sulla concentrazione della riscossione nell’accertamento

In ossequio all’art. 18, comma 1, lettera e), n. 1, della legge delega n. 111/2023, la riforma estende la disciplina dell’art. 29 del D.L. n. 78/2010, “concentrazione della riscossione nell’accertamento”, ad atti e tributi riscossi attraverso la procedura di iscrizione a ruolo.
L’ambito applicativo di quest’ultima, come è noto, è stato sino ad oggi circoscritto agli avvisi in materia di imposte sui redditi, IRAP e IRAP nonché, a partire dalla legge n. 160/2019, agli atti relativi a tutte le entrate comunali, anche di natura patrimoniale.

L’estensione, in particolare, riguarderà:

atti di recupero di crediti non spettanti o inesistenti utilizzati per compensazione;

avvisi e atti inerenti al recupero di tributi non versati e cessioni di crediti di imposta;

atti di irrogazione di sanzioni per violazioni di norme tributarie;

avvisi di rettifica e liquidazione aventi ad oggetto il valore di immobili/aziende nonché le imposte di successione e di donazione;

avvisi di rettifica e liquidazione riferibili a disposizioni tributarie in materia di assicurazioni private e di contratti vitalizi;

avvisi di liquidazione dell’imposta e di irrogazione di sanzioni per versamento omesso, insufficiente, tardivo o per tardiva presentazione delle dichiarazioni nonché per casi di decadenza dalle agevolazioni di taluni tributi (imposte di registro, ipotecarie e catastali, di successione e donazione, imposta sostitutiva sui finanziamenti, imposta di bollo);

atti di accertamento per omesso, insufficiente o tardivo versamento di tributi nonché irrogazione di sanzioni inerenti a tasse automobilistiche erariali (tra le quali, rientra il c.d. “super-bollo”).

Tale intervento conferma il trend del Legislatore di superare, quale procedura ordinaria di esazione, la riscossione a mezzo ruolo.

La concentrazione della riscossione, come noto, permette di semplificare gli iter procedimentali, riducendo i tempi intercorrenti tra la notifica degli avvisi di accertamento e quelli di notifica della cartella di pagamento, dato che riunisce in un unico atto nonché adempimento riunite le funzioni di atto impositivo, titolo esecutivo e precetto ( “avviso di accertamento esecutivo”).

La maggiore differenza, rispetto alla riscossione a mezzo ruolo, sta anche nelle tempistiche con cui può essere avviato il recupero coattivo degli importi.

Ed infatti, le somme intimate nell’atto impo-esattivo vengono affidate in carico all’Agenzia delle Entrate – Riscossione, ai fini dell’esecuzione forzata, entro un termine mobile che varia tra i 270 ed i 360 giorni, così composti:

– un termine per impugnare l’atto, pari a 60 o a 150 giorni, in caso di attivazione del procedimento di accertamento con adesione, più l’eventuale sospensione feriale;

– un ulteriore termine per effettuare il pagamento, decorrente dal termine ultimo per la proposizione dell’impugnazione, pari a 30 giorni;

– un ultimo ed ulteriore termine per la sospensione “ope legis” dell’esecuzione forzata, pari a 180 giorni, salvo che si venga a conoscenza di elementi idonei a dimostrare il fondato pericolo di un pregiudizio alla riscossione.

Nella riscossione a mezzo ruolo, invece, l’avvio della procedura di recupero coattivo delle somme può avvenire decorsi sessanta dalla notificazione della cartella di pagamento di cui all’art. 25 del D.P.R. n. 602/1973, la quale presuppone la preventiva notifica dell’atto impositivo nonché la trasmissione e la formazione del ruolo, senza considerare i possibili limiti derivanti dalla c.d. “riscossione frazionata”.

Sotto il profilo contenutistico, vale la pena ricordare che il “avviso di accertamento esecutivo” si contraddistingue per la formula con cui si reca l’intimazione ad adempiere, entro il termine utile per la proposizione del ricorso, all’obbligo di pagamento degli importi in esso indicati ovvero, in caso di tempestiva impugnazione dell’atto, di un terzo delle imposte sugli imponibili accertati e dei relativi interessi ai sensi delle disposizioni sulla “riscossione frazionata”.

Come cambia la riscossione nei confronti dei coobbligati

Seguendo i criteri fissati dall’art. 18, comma 1, lettera l), n. 2), della legge delega n. 111/2023, il Legislatore ha apportato delle importanti modifiche in materia di riscossione nei confronti dei coobbligati solidali che tendono a tutelare il diritto di difesa di questi ultimi, bilanciando allo stesso tempo le garanzie del credito da parte dell’Erario.

Si tratta di due modifiche:

– la prima riguarda qualsiasi tipo di coobbligazione solidale, sia paritetica, cioè quando il creditore può rivalersi indipendentemente su qualsiasi coobbligato, tanto sussidiaria, cioè quando il creditore deve prima rivalersi prima sul coobbligato principale e solo successivamente nei confronti degli altri coobbligati sussidiari;

– la seconda solamente i casi di coobbligazione sussidiaria.

In particolare, come accennato, una prima modifica riguarda qualsiasi tipo di coobbligazione solidale, sia essa paritetica (ad esempio la responsabilità delle parti contraenti al pagamento in solido dell’imposta di registro) o dipendente (ad esempi il cessionario d’azienda ex art. 14, d.lgs. 472/1997).

Per garantire il diritto di difesa del coobbligato (paritetico o dipendente), è stato introdotto espressamente l’obbligo, prima di avviare la riscossione coattiva nei suoi confronti, di notificargli preventivamente la cartella di pagamento.

Pertanto, per poter procedere all’esecuzione forzata a carico del debitore coobbligato, non sarà più sufficiente la notifica del solo avviso di intimazione sulla base della cartella di pagamento notificata al debitore iscritto a ruolo.

In tal caso, rispetto al passato, il diritto di difesa è maggiormente garantito quantomeno sotto due profili: il primo, perché il diaframma temporale prima dell’avvio della riscossione coattiva è decisamente più ampio (60 giorni dalla notifica della cartella contro 5 giorni dall’intimazione); il secondo poiché la cartella di pagamento contiene una motivazione più estesa e completa, soprattutto quando questa costituisce il primo atto amministrativo con cui si porta il contribuente a conoscenza della pretesa nei suoi confronti.

L’ulteriore novità riguarda esclusivamente casi di responsabilità sussidiaria.

Si prevede che, quando il debitore principale ottiene la rateazione del pagamento di somme iscritte a ruolo, la prescrizione del diritto di credito è sospesa anche nei confronti dei coobbligati sussidiari a decorrere dal versamento della prima rata e per l’intera durata del piano di rateazione ottenuto dal debitore principale.

In tal caso l’Agente della riscossione informa i coobbligati sussidiari dell’intervenuta rateazione, del numero di rate richieste e della durata del piano.

La norma appare bilanciare gli interessi erariali garantendo alcune tutele ai coobbligati solidali che, in quanto tali, non sono tenuti al pagamento se non dopo l’inadempimento del debitore principale:

– da un lato, il fatto che l’Agente della riscossione avverte i debitori sussidiari dell’intervenuta rateazione da parte del debitore principale, riduce i casi in cui, anche per inconsapevolezza, i primi adempiono al posto del secondo (o insieme ad esso);

– dall’altro, intende tutelare il credito erariale nella parte in cui sospende la prescrizione del diritto di credito nei confronti dei coobbligati sussidiari.

Come viene razionalizzato l’istituto della compensazione volontaria

La riforma della riscossione ridisegna l’istituto della “compensazione volontaria dei crediti d’imposta con gli importi iscritti a ruolo”, prevedendo delle selettive, ma comunque incisive, modifiche al testo degli articoli 28-ter del D.P.R. n. 602/1973 e 20-bis del D.Lgs. n. 46/1996.

Si tratta, come noto, di istituto che, mutando dalla disciplina civilistica e tributaria, interviene nella fase “patologica” dell’attuazione del tributo, quale meccanismo che mira ad efficientare l’attività amministrativa di recupero dei carichi iscritti a ruolo, annullando, da un lato, reciproche partite di debito tra Erario e contribuente e, da un altro, evitando l’avvio di un’esecuzione forzata potenzialmente infruttuosa.

In altre parole, si tratta di uno strumento assegnato all’Agenzia delle Entrate-Riscossione per agevolare l’acquisizione di pretese tributarie con tempistiche più celeri ed efficaci dell’esecuzione forzata.

L’istituto in esame, oggi, prevede che l’Agenzia delle Entrate, prima di erogare un rimborso di importo superiore a 500 euro, deve verificare se il beneficiario dello stesso è inadempiente all’obbligo di pagamento scaturente da una o più cartelle di pagamento.

Rispetto alla disciplina previgente, vi sono due importanti differenze:

– da un lato, la proposta di compensazione è legata alla presenza di effettivo inadempimento, ossia quello derivante dal mancato rispetto all’obbligo di pagamento scaturente da una o più cartelle di pagamento, verificabile decorsi i 60 giorni dalla notifica di quest’ultime; in precedenza, la compensazione volontaria presupponeva solo l’esistenza di iscrizioni a ruolo;

– da un altro lato, invece, la compensazione volontaria opera solo in presenza di rimborsi di crediti fiscali superiori a 500 euro, anche relativi ad imposte indirette; nella previgente normativa, invece, la compensazione non prevedeva alcuna soglia minima per la sua applicabilità e non precisa che la stessa si possa applicare anche alle imposte indirette.

Ciò posto, laddove risulti un inadempimento, l’Agenzia delle Entrate invia una segnalazione alla Agente della riscossione, che ha affidato il carico, mettendogli a disposizione il credito da rimborsare.

Il credito in esame verrà accreditato su una contabilità speciale di nuova istituzione e resteranno nella disponibilità dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, fino al 31 dicembre dell’anno successivo per l’eventuale avvio della riscossione forzata.

L’Agente della riscossione, successivamente, notificherà al contribuente una proposta di compensazione tra il credito e il debito affidatole, sospendendo l’azione di recupero ed invitando il debitore a comunicare entro 60 giorni l’accettazione o meno della proposta.

In caso di accettazione, il credito e importi iscritti a ruolo sono compensati, con eventuale restituzione delle somme residue dovute. In tale ipotesi, dal punto di vista finanziario, l’Agenzia delle Entrate trasferisce le somme accantonate nella contabilità speciale, riversandole all’Ente creditore, ad eccezione degli importi che le spettano per le spese vive sostenute per la notifica dell’invito alla compensazione nonché a titolo di rimborso forfettario per la copertura degli oneri di gestione della procedura in esame.

In caso di diniego, l’Agente della riscossione comunica la mancata adesione all’Agenzia delle Entrate, mantenendo le somme accantonate nella contabilità speciale di nuova istituzione al fine di avviare il recupero coattivo del credito.

Tale previsione sembrerebbe risolvere una criticità della previgente prassi utilizzata dall’Amministrazione finanziaria.

Quest’ultima, infatti, in assenza di un preciso riferimento normativo di rango primario ma solo sulla base del provvedimento n. 113218/2008, “congelava” il rimborso nella contabilità speciale ai fini della riscossione coattiva.

Tale prassi, quindi, si basa su un provvedimento derivante da una fonte di rango secondario che, senza una specifica normativa di fonte ordinaria, era stata a più riprese ritenuta di dubbia legittimità poiché si traduceva, nei fatti, in una prestazione patrimoniale imposta in violazione della riserva di legge di cui all’art. 23 Cost..

Ulteriore novità, in relazione all’istituto in commento, va ravvisata nel fatto che è stato soppresso l’obbligo di corrispondere all’Agenzia delle Entrate-Riscossione le spese sostenute per la notifica dell’invito alla compensazione nonché il rimborso forfettario degli oneri di gestione della procedura in esame.

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