Deducibilità ai fini IRES dell’IMU: quel che resta dopo la sentenza della Consulta

La tematica riferita alla legittimità costituzionale dell’IMU versata in relazione agli immobili strumentali ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP ha occupato a più riprese negli ultimi anni la Corte costituzionale.

Le vicende precedenti alla recente pronuncia della Consulta

Leggi anche

In estrema sintesi, la citata disposizione violava i principi di coerenza e ragionevolezza di cui agli articoli 3 e 53 della Costituzione, considerato che il regime di integrale indeducibilità risultava in contrasto con il principio secondo cui l’IRES trova applicazione con riferimento al reddito complessivo netto, non risultando pertanto possibile introdurre delle limitazioni alla deduzione di costi pienamente inerenti, quale l’IMU riferita agli immobili strumentali.

La pronuncia, che pure aveva valutato la possibilità di estendere d’ufficio in via consequenziale la declaratoria di illegittimità costituzionale anche con riferimento alla disposizione vigente per i successivi periodi d’imposta, per i quali veniva previsto un regime di parziale deducibilità dell’IMU sugli immobili strumentali dalle imposte sui redditi, aveva poi concluso che non sussistessero i presupposti di tale estensibilità, in ragione del percorso intrapreso del Legislatore che, evidentemente preoccupato delle esigenze di bilancio, aveva via via previsto percentuali sempre più elevate di deducibilità, fino ad arrivare, a decorrere dal 2022, ad un regime di integrale deducibilità.

La richiamata decisione ha costituito uno stimolo, per numerosi contribuenti, a richiedere, per le annualità in relazione alle quali non era ancora intervenuto il termine di decadenza fissato dall’art. 38, D.P.R. n. 602/1973, il rimborso della maggiore imposta sui redditi versata anche con riferimento ai periodi d’imposta successivi al 2012, per i quali era previsto un regime di deducibilità parziale del tributo locale versato sugli immobili strumentali.

Era stato infatti osservato unanimemente in dottrina, in maniera assolutamente condivisibile, che la mancata estensione della declaratoria di illegittimità costituzionale non dovesse essere intesa come un implicito giudizio di legittimità della Consulta in relazione alle disposizioni vigenti in materia di IMU per le annualità 2013-2021.

Le richieste dei contribuenti, in mancanza di un inquadramento certo della questione, hanno inevitabilmente alimentato il contenzioso con l’Amministrazione finanziaria.

Le ordinanze di rimessione alla Corte costituzionale

Nella sentenza n. 156/2022 la Corte si esprimeva dichiarando inammissibile la questione di illegittimità costituzionale riferita all’art. 14 vigente per i periodi d’imposta 2014-2016, a causa della mancata analisi del rapporto tra l’oggetto sociale del ricorrente e l’effettiva strumentalità dei suoi immobili.

A tale decisione hanno fatto seguito, a riprova dell’estrema rilevanza della questione in esame, tre distinte rimessioni proposte da altrettante Corti di Giustizia Tributaria di primo grado. In particolare:

Sussistendone i presupposti, veniva disposta la riunione dei giudizi.

La decisione della Consulta

Con la sentenza n. 21 del 20 febbraio 2024, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale del citato art. 14 sollevate con riferimento alla parziale deducibilità dell’IMU versata sugli immobili strumentali ai fini IRES, con riferimento agli articoli 3, 41 e 53 della Costituzione. Inoltre, è stata dichiarata non fondata la questione di legittimità della richiamata disposizione in relazione all’integrale deducibilità ai fini IRAP.

Più nello specifico, con riferimento alle questioni sollevate dalla CGT I Como (sia in relazione all’IRES che all’IRAP), a parere dei giudici costituzionali il collegio giudicante non avrebbe compiuto alcun accertamento sulla natura strumentale degli immobili per i quali era stata versata l’IMU, limitandosi a rilevare la specularità del caso con quello relativo alla pronuncia del 2020 della Corte costituzionale. Pertanto, così come avvenuto con la sentenza n. 156/2022 del medesimo organo costituzionale, è stata dichiarata l’inammissibilità per difetto di motivazione sulla rilevanza delle questioni sollevate con riferimento agli immobili strumentali.

Con riferimento alle questioni sollevate dalle Corti di merito di Genova e Torino in relazione alla deducibilità dell’IMU versata sugli immobili strumentali ai fini IRES, l’inammissibilità è invece dovuta al fatto che i giudici rimettenti non avrebbero fornito una specifica motivazione con riferimento al passaggio della pronuncia n. 262/2020 nel quale la Corte non ha ritenuto di estendere consequenzialmente la declaratoria di illegittimità costituzionale del più volte richiamato art. 14 anche ai periodi d’imposta successivi al 2012. Parimenti, è stata ritenuta inammissibile la questione riferita all’integrale indeducibilità ai fini IRAP dell’IMU sollevata in relazione con riferimento al principio di uguaglianza, di cui all’art. 3 della Costituzione, in quanto non sarebbe stata adeguatamente motivata dai giudici rimettenti la disparità di trattamento “tra contribuenti che, a parità di valore della produzione, sono assoggettati ad un differente e più gravoso onere impositivo esclusivamente sulla base dei diversi fattori della produzione utilizzati”.
Infine, la Consulta ha ritenuto infondata la previsione di integrale indeducibilità dell’IMU relativa agli immobili strumentali ai fini IRAP sollevata dai giudici torinesi, in quanto la previsione di incostituzionalità pronunciata ai fini IRES con la sentenza n. 262/2020 non può essere traslata anche in relazione al tributo regionale, a causa delle differenze strutturali fra le due imposte in relazione alla natura delle stesse, ai loro presupposti, alle basi imponibili e alla mancata previsione nel comparto IRAP di una disposizione, quale l’art. 99 TUIR, che prevede un regime di deducibilità per cassa per tutte le imposte ad eccezione di quelle sul reddito e quelle per le quali è prevista la rivalsa, anche facoltativa.

Alcune considerazioni

Le ragioni che hanno portato l’organo costituzionale a ritenere infondata la questione di deducibilità del tributo locale dall’IRAP non convincono pienamente: infatti, sebbene la base imponibile dell’imposta regionale non si configuri nel reddito complessivo netto come per l’IRES, bensì in una grandezza diversa, quale il valore della produzione netta derivante dall’attività esercitata nel territorio della regione, che non considera nella sua determinazione tutti i costi inerenti sostenuti dal contribuente, da ciò non può comunque conseguire, come se fosse un automatismo, l’indeducibilità di un onere come l’IMU assolta sugli immobili strumentali, pena la definizione una base imponibile scarsamente coerente.

Occorre infatti osservare che, con riferimento alla TASI, in vigore fino al 2019, che condivideva in linea di massima con l’IMU presupposto d’imposta e base imponibile, nulla era stato previsto circa l’indeducibilità ai fini IRAP (infatti, nonostante la TASI fosse dovuta anche da chi deteneva, a qualsiasi titolo, l’immobile, dal punto di vista del possessore non vi erano differenze circa la deducibilità dell’imposta dall’IRAP). Risulta pertanto condivisibile il rilievo evidenziato sul punto dai primi commentatori secondo cui la discrezionalità del Legislatore dovrebbe comunque mantenere una logica di fondo spiegabile.

In relazione invece alla declaratoria di inammissibilità delle questioni sollevate ai fini dell’indeducibilità parziale del tributo locale ai fini IRES, a sommesso parere di chi scrive le motivazioni della pronuncia appaiono eccessivamente formalistiche. Infatti si rileva che, con specifico riferimento all’ordinanza di rimessione della CGT I Genova, sebbene i giudici di prime cure non avessero esplicitamente argomentato in relazione al passaggio finale della sentenza n. 262/2020 della Consulta, in diversi punti era stata data evidenza che la questione di legittimità pareva fondata anche con riferimento a una misura di indeducibilità pari all’80%, con ciò rilevando che la norma censurata dovesse essere dichiarata illegittima anche per i periodi d’imposta successivi al 2012.

Sul punto, la Fondazione Telos (Centro studi dell’ODCEC di Roma), a titolo di amicus curiae, aveva evidenziato che il passaggio finale della decisione del 2020 avrebbe contenuto “mere affermazioni incidenter tantum prive di valenza decisoria e non suscettibili in alcun modo di fare stato” (punto 5.1 della sentenza).

Le possibili azioni alla luce della pronuncia della Consulta

Nonostante la decisione della Corte costituzionale non abbia rispettato gli auspici degli operatori coinvolti, si ritiene che la partita, almeno con riferimento alla deducibilità dell’IMU sugli immobili strumentali dalle imposte sui redditi, non sia ancora conclusa.

Infatti, si è tornati sostanzialmente al punto di partenza e la questione potrà nuovamente essere riproposta avanti l’organo costituzionale, non essendo stata dichiarata l’infondatezza della questione, che invece avrebbe precluso pressoché definitivamente le possibilità per i contribuenti di vedersi restituite le maggiori imposte versate.

Sul punto, appare significativo osservare che, in relazione alla questione di legittimità sollevata dalla CGT I Genova, mentre l’Avvocatura generale dello Stato aveva richiesto di dichiarare l’infondatezza della questione (punto 3 della pronuncia), la Corte abbia comunque rilevato d’ufficio la medesima ragione di inammissibilità (e non di infondatezza) sollevata dall’Avvocatura dello Stato in relazione alla carenza motivazionale dell’ordinanza di rimessione disposta dalla CGT I Torino.

Copyright © – Riproduzione riservata

Fonte