Deducibilità costi black list: elementi di prova e dimostrazione dell’effettivo interesse economico

La legge di Bilancio 2023 (art. 1 co. 84 – 86 della legge n. 197/2022) ha ripristinato, mediante l’inserimento dei nuovi commi 9-bis – 9-quinquies, nell’art. 110 del TUIR, la normativa in materia di costi black list, sancendo le condizioni per la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi di reddito derivanti da operazioni intercorse con imprese e professionisti residenti, ovvero localizzati, in Paesi o territori non cooperativi ai fini fiscali.

Deducibilità costi black list

La norma intende garantire il rispetto da parte dell’Italia dell’impegno politico assunto da tutti gli Stati UE nell’ambito del Consiglio Ecofin nel 2019, in materia di tassazione del reddito d’impresa, con riferimento alle giurisdizioni incluse nella lista europea di giurisdizioni non cooperative ai fini fiscali.

Secondo quanto previsto dal nuovo comma 9-bis dell’art. 110 del TUIR, pertanto, le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni, che hanno avuto concreta esecuzione, intercorse con imprese residenti o localizzate in Paesi o territori non cooperativi ai fini fiscali sono ammessi in deduzione nei limiti del loro valore normale, determinato ai sensi dell’art. 9. Tali previsioni si applicano anche alle prestazioni di servizi rese da professionisti domiciliati in Paesi o territori non cooperativi ai fini fiscali.

Samoa americane; Anguilla; Bahamas; Figi; Guam; Palau; Panama; Samoa; Trinidad e Tobago; Isole Turks e Cicos; Isole Vergini degli Stati Uniti, Vanuatu, Russia; Isole Vergini britannich; Costa Rica e Isole Marshall (cfr. allegato 1 alla lista UE adottato con le conclusioni del Consiglio UE – EU Commission, no. 13092/22 FISC 197 ECOFIN 954 aggiornato al 4 ottobre 2022).

Elementi di prova

Per poter, quindi, dedurre i costi in questione nel limite del loro valore normale è necessario che le operazioni cui i medesimi si riferiscano abbiano avuto “concreta esecuzione”. Con specifico riferimento alla prova riguardante la concreta esecuzione dell’operazione, richiamando i chiarimenti resi dall’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 127/E/2003 si può rilevare che “l’effettività dell’operazione può essere dimostrata esibendo la documentazione doganale di importazione ed ogni altro elemento di prova documentale imposto dalla normativa o dalla prassi del settore (es: contratto di fornitura ovvero ordine di acquisto; fattura del fornitore; eventuale autofattura della società residente per l’estrazione della merce dal deposito IVA; documentazione attestante il pagamento del bene acquistato”.

Rilevano, inoltre, come elementi di prova ad esempio, le fatture, i documenti di trasporto, le bollette doganali che devono trovare riscontro nella contabilità dell’impresa residente e nelle evidenze relative all’effettuazione delle conseguenti movimentazioni finanziarie per il pagamento dei corrispettivi.

Come quantificare il valore normale?

In ragione del richiamo all’art. 9 del TUIR si pone il dubbio se possano applicarsi per analogia le regole in materia di transfer pricing, e ciò in quanto l’art. 110, co. 7 TUIR richiama la definizione OCSE in merito alle “condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostante comparabili”.
Inoltre, si deve ricordare che il regime dell’indeducibilità si estende a tutte le componenti di reddito negative derivanti da operazioni, sia attive che passive, intercorse con soggetti black list e quindi sia componenti derivanti direttamente dalle transazioni sia componenti negativi derivanti in modo indiretto da tali operazioni (es: ammortamenti; svalutazioni; perdite; minusvalenze e ogni altro componente negativo …). (Cfr. circ. n. 35/E/2012).
La suddetta previsione, secondo quanto disposto dal successivo comma 9-ter dell’art. 110 del TUIR può essere derogata e le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni, che hanno avuto concreta esecuzione, intercorse con imprese residenti o localizzate in Paesi o territori non cooperativi ai fini fiscali sono ammessi in deduzione in misura eccedente al valore normale, ma solo a condizione che sia dimostrato l’effettivo interesse economico, da parte del soggetto residente, a realizzare l’operazione e l’avvenuta esecuzione dell’operazione medesima.

Relazione illustrativa alla Legge n. 197/2022

Qualora il costo dei beni o dei servizi risulti inferiore o uguale al valore normale, lo stesso sarà deducibile per l’intero valore. Viceversa, se il costo risulta superiore, lo stesso sarà ammesso in deduzione fino a concorrenza del valore normale; l’eventuale eccedenza, rispetto al valore normale, potrà essere dedotta dal reddito d’impresa del soggetto residente, qualora sia dimostrato che le operazioni poste in essere rispondono a un effettivo interesse economico.

Prova dell’effettivo interesse economico del contribuente

Quando alla prova dell’effettivo interesse economico perseguito dal contribuente, la sua valutazione deve essere effettuata tenendo conto di tutti gli elementi e le circostanze che caratterizzano il caso concreto, attribuendo rilevanza alle condizioni complessive dell’operazione (cfr. Circ. n. 39/E/2016).

Elementi da considerare:

– obiettivo collegamento delle operazioni con l’oggetto dell’impresa che le pone in essere;

logica commerciale sottesa alla scelta di instaurare rapporti commerciali con un fornitore residente in un Paese a fiscalità privilegiata;

entità del prezzo praticato, qualità dei prodotti finiti e tempistica e puntualità nella consegna, serietà del fornitore in genere;

– specificità o unicità del bene o servizio oggetto dell’operazione.

Si segnala infine che:

– le disposizioni in questione non si applicano nel caso di operazioni intercorse con soggetti non residenti per i quali risulti applicabile la disciplina di cui all’art. 167 TUIR;

– le spese e gli altri componenti negativi in questione devono essere separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi. L’omessa o incompleta indicazione in dichiarazione dei costi è punita con una sanzione amministrativa pari al 10% dell’importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicato, con un minimo di 500 euro e un massimo di 50.000 euro;

– l’Amministrazione finanziaria, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta o della maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito invito con il quale è concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di 90 giorni, le prove. Solo nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria non ritenga idonee le prove addotte, l’atto impositivo potrà essere emesso, ma dovrà contenere una specifica motivazione;

– le imprese che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo hanno accesso alla procedura finalizzata alla stipula di accordi preventiva anche al fine della preventiva definizione in contraddittorio dei metodi di calcolo del valore normale delle operazioni di cui al co. 9-bis dell’art. 110 del TUIR.

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