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Definizione agevolata liti fiscali: lo stato del giudizio al momento della domanda determina effetti processuali diversi

Definizione Agevolata Liti Fiscali: Lo Stato Del Giudizio Al Momento Della Domanda Determina Effetti Processuali Diversi

La domanda di definizione agevolata delle liti fiscali, prevista dalla legge di Bilancio 2023 nell’ambito della tregua fiscale, può essere presentata:

– a giudizio di primo o secondo grado concluso con sentenza ancora impugnabile;

– in pendenza di giudizio.

La definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli eventuali importi dovuti.

A seconda dello stato in cui si trova il giudizio al momento della presentazione della domanda, conseguono effetti processuali diversi che meritano di essere evidenziati al fine di evitare pregiudizi in capo al contribuente.

domanda presentata a giudizio concluso con sentenza ancora impugnabile

Nell’ipotesi di presentazione di domanda di condono a giudizio (di primo o secondo grado) concluso con sentenza ancora impugnabile, il legislatore ha previsto (art. 1, comma 200, legge n. 197/2022) che, in caso di diniego, il contribuente possa impugnare, entro 60 giorni dalla notifica, il diniego stesso e la sentenza con la quale era stato concluso il giudizio.

La possibilità di impugnare la sentenza è riconosciuta anche all’Agenzia delle Entrate.

Ciò benché i termini ordinari di appello siano spirati.

In tal caso, il giudice dovrà prima valutare la legittimità del diniego e, qualora dovesse ritenerlo:

illegittimo (il contribuente ha correttamente definito la lite), il giudizio si riterrà definito (si estingue, dunque, la causa originaria);

legittimo (il contribuente ha erroneamente definito la lite), il giudice valuterà il merito della controversia (riprende, dunque, la causa originaria).

In questa ipotesi, dunque, non si ravvisano particolari problematiche.

Domanda presentata in pendenza di giudizio

Caso diverso e più controverso è quello in cui la domanda di definizione della lite venga presentata dal contribuente in pendenza di giudizio.

Il problema principale nasce dal dettato di cui all’art. 1, comma 198, della legge n. 197/2022, il quale prevede che “nelle controversie pendenti in ogni stato e grado del giudizio, in caso di deposito ai sensi del comma 197, il processo è dichiarato estinto con decreto del presidente della sezione o con ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione”.

Dunque, nel caso in cui il contribuente depositi – presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia – copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo è dichiarato estinto.

– il contribuente presentava domanda di definizione della controversia e depositava nel relativo giudizio copia di detta domanda e del pagamento della prima o unica rata;

– a seguito di tale deposito il giudice disponeva la sospensione del processo (fino al 31 dicembre 2020 nel condono ex D.L. n. 119/2018 e fino al 31 dicembre 2018 nel condono ex D.L. n. 50/2017);
– se, a seguito della notifica dell’eventuale diniego (che doveva avvenire entro il 31 luglio 2020 nel condono ex D.L. n. 119/2018 ed entro il 31 luglio 2018 nel condono ex D.L. n. 50/2017) la parte che aveva interesse non presentava istanza di trattazione del giudizio sospeso, lo stesso veniva dichiarato estinto.
L’estinzione, dunque, in questi casi, era subordinata all’inattività delle parti e determinava il passaggio in giudicato dell’ultima sentenza resa o, qualora non fosse stata ancora emessa sentenza perché il giudizio era pendente in primo grado, il consolidamento dell’atto impugnato (circolare n. 6/E del 1° aprile 2019).
Risalendo nel tempo, con i condoni introdotti dall’art. 39, comma 12, D.L. n. 98/2011 e dall’art. 16 della legge. n. 289/2002, era previsto che l’estinzione del giudizio venisse dichiarata a seguito di comunicazione degli uffici attestante la regolarità della domanda di definizione ed il pagamento integrale di quanto dovuto. 

Nell’attuale condono, invece, l’estinzione segue al deposito in giudizio della domanda e al pagamento del totale o della sola prima rata.

La nuova regola, evidentemente, è stata introdotta allo scopo di assicurare il raggiungimento di uno degli obiettivi del PNRR in materia tributaria, ossia quello di ridurre l’elevato numero di ricorsi pendenti.

Estinzione del giudizio ed effetti in capo al contribuente

Gravi conseguenze sulla posizione del contribuente potrebbero esserci nel caso in cui – come ritiene parte della dottrina – all’estinzione del giudizio per avvenuta presentazione della domanda di condono in pendenza dello stesso – venissero meno tutte le sentenze emesse e rivivesse l’atto impugnato.

Ciò a differenza delle ipotesi di condono sopra viste, ove l’estinzione era subordinata all’inattività delle parti – determinando il passaggio in giudicato dell’ultima sentenza resa o, qualora non fosse stata ancora emessa una sentenza, il consolidamento dell’atto impugnato (D.L. n. 119/2018 e D.L. n. 50/2017) – o alla verifica circa la regolarità del condono (D.L. n. 98/2011 e legge. n. 289/2002).

In tal caso, tra le varie ipotesi, potrebbe accadere che:

– il contribuente (che sia stato vittorioso sia in primo che in secondo grado) presenti domanda di definizione della lite che pende in Cassazione;

– depositi presso detto organo la domanda con il relativo pagamento;

– la Cassazione, preso atto di tale deposito, dichiari estinto il processo;

– l’Agenzia delle Entrate, entro il 30 settembre 2024, notifichi diniego di condono.

In merito, il legislatore ha previsto che, per i processi dichiarati estinti, l’eventuale diniego della definizione sia impugnabile – entro 60 giorni dalla sua notifica – dinanzi all’organo giurisdizionale che ha dichiarato l’estinzione e che, congiuntamente a tale impugnazione, il contribuente possa richiedere la revocazione del provvedimento di estinzione pronunciato dal giudice (legge 197/2022, art. 1, comma 201).

Il contribuente avrebbe, quindi, due possibilità:

– impugnare il solo diniego di condono;

– impugnare il diniego di condono e, congiuntamente, chiedere la revocazione del provvedimento di estinzione del giudizio.

Nel primo caso, se il giudice ritiene legittimo il diniego, si avrebbe il consolidamento dell’atto impugnato (tanto se si accede all’ipotesi che con l’estinzione del processo verrebbero meno le sentenze emanate).

Nel secondo caso, con l’impugnazione del diniego e contestuale richiesta di revocazione del provvedimento di estinzione si avrebbe la reviviscenza del giudizio nel grado ove era pendente al momento della presentazione della domanda di definizione.

Dunque, ricapitolando le conseguenze della predetta tesi, se il contribuente, a seguito di ricezione del diniego:

non lo impugna, rivive l’atto impositivo originario;

lo impugna ma non chiede contestualmente la revocazione del provvedimento di estinzione, il giudice è tenuto ad esprimersi solo sulla legittimità del diniego:

a) se ritiene illegittimo il diniego, si perfeziona definitivamente il condono;

b) se ritiene legittimo il diniego, il contribuente non avrebbe più strumenti per riattivare il giudizio estinto per condono con conseguente reviviscenza dell’atto originariamente impugnato. Il tenore della norma parrebbe, infatti, escludere la possibilità di chiedere la revocazione del provvedimento di estinzione in un momento diverso da quello dell’impugnazione del diniego.

In tale ipotesi, non si avrebbe la possibilità di sottoporre al giudice il merito della causa;

– impugna il diniego e chiede congiuntamente la revocazione del provvedimento di estinzione, il giudice sarà chiamato a decidere prima sulla legittimità del diniego (causa pregiudicante) e poi, qualora lo ritenesse legittimo, dovrà riprendere il giudizio estinto e decidere la causa nel merito (causa pregiudicata).

In tal modo il contribuente manifesta l’interesse a sentire dichiarata la legittimità del condono e, in subordine (in caso di rigetto), a sottoporre al giudice il merito della causa.

Al fine di evitare, quindi, pregiudizio per la posizione del contribuente che presenta domanda di condono in pendenza di giudizio, è consigliabile impugnare il diniego e chiedere congiuntamente la revocazione del provvedimento con cui il giudizio è dichiarato estinto (è opportuno che si chieda altresì la sospensione dell’atto impugnato o della sentenza sfavorevole per evitare che l’ufficio riscuota i carichi originari).

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