Dichiarazione IVA in scadenza: 90 giorni per l’invio tardivo

Scade il termine ordinario per la presentazione della dichiarazione annuale IVA relativa all’annualità 2022, che, come da previsione di legge, va presentata tra il 1° febbraio e il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento. L’ultimo giorno per la trasmissione della dichiarazione IVA 2023, per effetto del calendario, è anche quest’anno il 2 maggio, dal momento che il 30 aprile cade di domenica e il 1° maggio è in ogni caso festivo.

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Ricordiamo che la dichiarazione annuale va presentata esclusivamente in via telematica da parte di tutti i soggetti obbligati, indipendentemente dalla natura giuridica del soggetto (società, ente, persona fisica), dal regime adottato e dal volume d’affari realizzato. La trasmissione telematica può avvenire:

– direttamente, o

– avvalendosi di società appartenenti allo stesso “gruppo”, ovvero

– tramite intermediari abilitati.

Cosa succede dopo la scadenza del termine?

Spirato il termine “ordinario”, si entra in un contesto di “irregolarità”, che però presenta conseguenze ben diverse a seconda che la dichiarazione possa essere considerata tardiva ovvero debba essere considerata omessa.

Dichiarazione tardiva

Ai sensi dell’art. 2, comma 7, D.P.R. n. 322/1998 (espressamente richiamato dal successivo art. 8, comma 6, con riguardo alla dichiarazione IVA), le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza si considerano valide a tutti gli effetti, fatta salva l’applicazione della sanzione da 250 a 2.000 euro per il ritardo, prevista dall’art. 5, comma 3, D.Lgs. n. 471/1997.

La sanzione è riducibile secondo le disposizioni sul ravvedimento operoso, dal che ne consegue la possibilità di sanare l’irregolarità con una sanzione minima, pari a 25 euro (1/10 del minimo), quando la presentazione avviene, come già evidenziato, nei 90 giorni.

Da quando decorrono i 90 giorni

In relazione al calcolo dei 90 giorni entro i quali poter godere del beneficio della “tardività”, è bene soffermarsi sulla decorrenza, dal momento che due sono i momenti a cui eventualmente poter fare riferimento:

1. il termine ordinario del 30 aprile: in questo caso i 90 giorni scadrebbero il prossimo 29 luglio 2023;

2. il termine effettivo per quest’anno, ovvero il 2 maggio: in tal caso i 90 giorni scadrebbero il prossimo 31 luglio 2023.

Come si vede, un atteggiamento prudente potrebbe portare a considerare nella data del 29 luglio 2023 il termine ultimo per poter considerare come “tardiva” la dichiarazione presentata oltre il termine, ma la stretta letteralità della norma ci dovrebbe consentire di affermare che il termine, per quest’anno dovrebbe essere il 31 luglio. Infatti:

– l’art. 8, comma 6, D.P.R. n. 322/1998 testualmente recita: “per la sottoscrizione, la presentazione e la conservazione della dichiarazione relativa all’imposta sul valore aggiunto si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 2, 3 e 4, all’articolo 2, commi 7 e 9, e all’articolo 3”;

– l’art. 2, comma 7, prevede che “sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine, salva restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo. Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a novanta giorni si considerano omesse, ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d’imposta”.

A ben vedere, nella norma non si fa alcun riferimento al termine “ordinario”, ma solo al “termine”.

Un atteggiamento più prudente, che vale in ogni caso la pena di segnalare, deriva dalla lettura della prassi e del provvedimento n. 263062/2022.

Partendo dalla prassi, si segnala che nella circolare n. 42/E del 2016, emanata per fornire ulteriori chiarimenti in materia di ravvedimento operoso, al punto 2.2.3 espressamente si dice che è tardiva la dichiarazione “presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione ordinario”.

E anche il citato provvedimento del 5 luglio 2022 n. 263062, emanato in attuazione della legge n. 190/2014 e riferentesi alla promozione dell’adempimento spontaneo nei confronti dei soggetti che hanno omesso la presentazione della dichiarazione annuale IVA (le cd. lettere di compliance), sembra esprimersi a favore della decorrenza dei 90 giorni dal termine ordinario, anche se lascia spazio a qualche riflessione; infatti:

– all’art. 1.2 il provvedimento dispone che tra i dati comunicati nelle compliance vi è (lett. c) “la data di elaborazione della comunicazione in caso di mancata presentazione della dichiarazione IVA entro i termini prescritti”;

– all’art. 5.1 il provvedimento dispone che “i contribuenti che non hanno presentato la dichiarazione IVA relativa al periodo di imposta 2021 possono regolarizzare la posizione presentando la dichiarazione entro novanta giorni decorrenti dal 30 aprile 2022” (il provvedimento si riferisce all’anno 2021, ma anche per tale anno il termine di scadenza slittava al 2 maggio, come quest’anno);

– nelle motivazioni si dice che “gli elementi e le informazioni riportati al punto 1.2 del presente provvedimento forniscono al contribuente dati utili al fine di presentare la dichiarazione IVA entro novanta giorni dalla scadenza del termine ordinario di presentazione”.

In buona sostanza, anche se il parere di chi scrive è che si possa ben fissare nel 31 luglio 2023 il termine ultimo per godere del beneficio della tardività della dichiarazione (con la mini-sanzione di 25 euro, ravveduta), potrebbe effettivamente essere consigliato fissare quale deadline la data del 29 luglio 2023.

Dichiarazione omessa

Oltre i novanta giorni, poi, le conseguenze diventano decisamente più gravi: le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a 90 giorni si considerano omesse, ma costituiscono titolo per la riscossione dell’imposta che ne risulti dovuta. E l’omissione non è regolarizzabile.

Tuttavia, se la dichiarazione omessa è presentata spontaneamente, ossia in assenza di qualunque attività amministrativa di accertamento della quale il contribuente abbia avuto formale conoscenza, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, si applica la sanzione amministrativa dal 60 al 120% dell’imposta dovuta, anziché dal 120 al 240% (art. 5, comma 1, ultimo periodo, D.Lgs. n. 471/1997), con un minimo di 200 euro. Inoltre, può trovare applicazione la causa di non punibilità dell’eventuale correlato reato dichiarativo, ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 74/2000.

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