Digital tax: il 2020 sarà l’anno decisivo?

L’OCSE continua a cercare un consenso – il più ampio possibile – sulla digital tax, la tassazione delle imprese digitali, anche come risposta alle numerose soluzioni unilaterali (ultima, la Russia) che rischiano di creare un puzzle, un labirinto normativo senza precedenti dove gli unici a perdere potrebbero essere, a conti fatti, i consumatori, i clienti piuttosto che i big del mercato e i loro outsiders.

Per scongiurare questa impasse fiscale, l’OCSE ha pubblicato un documento orientativo avviando una consultazione pubblica sulle possibili soluzioni alle sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione dell’economia. È corretto ricordare che, in realtà, il piano già in parte definito dall’OCSE pone limiti e precondizioni ben definiti e non aggirabili.

Il metodo consultivo, nuovo strumento per il problem solving

La consultazione sulla futura digital tax è l’ultima, nella linea di progetti sottoposti a screening pubblico via web, tra quelle avviate a partire dal 2015 con l’iniziativa sull’erosione della base imponibile e sul trasferimento degli utili (BEPS). Si tratta quindi di una strategia costruttiva e qualificata già ampiamente testata. Tuttavia, sarebbe un errore prendere una tale visione come puramente teorica. In realtà, tra le righe del piano OCSE ci sono già implicazioni potenzialmente significative sia in termini di tasse che di costi di conformità.

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