Con la decisione del 16 maggio 2024 resa nella causa C746/2022, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha fornito chiarimenti sulle modalità di rimborso dell’IVA a favore dei soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro.
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 20, paragrafo 2, e dell’articolo 23 della direttiva 2008/9/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro, dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, degli articoli 167 e da 169 a 171 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2008/8/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, nonché dei principi di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), di effettività e di proporzionalità.
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra con la Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága (direzione dei ricorsi dell’amministrazione nazionale delle imposte e delle dogane, Ungheria) relativamente all’archiviazione del procedimento di rimborso dell’IVA avviato da tale società per l’IVA assolta da quest’ultima nell’anno 2020.
Con la nuova pronuncia la Corte ha dichiarato che l’articolo 23, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2008/9/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che stabilisce norme dettagliate per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, previsto dalla direttiva 2006/112/CE, ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in un altro Stato membro, letto alla luce dei principi di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) e di effettività, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che vieta a un soggetto passivo il quale abbia presentato una domanda di rimborso dell’IVA di fornire, nella fase del ricorso dinanzi a un’autorità tributaria di secondo grado, informazioni aggiuntive, ai sensi dell’articolo 20 di detta direttiva, richieste dall’autorità tributaria di primo grado e che tale soggetto passivo non ha fornito a quest’ultima autorità entro il termine di un mese previsto all’articolo 20, paragrafo 2, della medesima direttiva, atteso che il termine in parola non costituisce un termine di decadenza.
Inoltre, la Corte ha sottolineato che l’articolo 23 della direttiva 2008/9 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale in virtù della quale un’autorità tributaria deve procedere all’archiviazione del procedimento di rimborso dell’IVA qualora il soggetto passivo non abbia fornito, entro il termine prescritto, informazioni aggiuntive richieste da detta autorità in forza dell’articolo 20 della medesima direttiva e, in mancanza delle informazioni in parola, la domanda di rimborso dell’IVA non possa essere esaminata, a condizione che la decisione di archiviazione del procedimento sia considerata una decisione di rifiuto di tale domanda di rimborso, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, della menzionata direttiva, e che possa essere oggetto di un ricorso che soddisfi i requisiti previsti dall’articolo 23, paragrafo 2, primo comma, della direttiva stessa.