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Esclusa da IVA l’attività svolta dal Comune a fronte di un contributo minimo a copertura delle spese

Esclusa Da Iva L’attività Svolta Dal Comune A Fronte Di Un Contributo Minimo A Copertura Delle Spese

Nel caso oggetto della sentenza di cui alla causa C-612/21 del 30 marzo 2023 si è trattato di stabilire se un Comune, nel realizzare un progetto relativo all’installazione di sistemi alimentati da fonti di energia rinnovabile, agisca come soggetto passivo IVA e, di conseguenza, se il contributo versato dai proprietari di immobili sia imponibile.

La descrizione del caso

Il Comune, registrato come soggetto passivo IVA in Polonia, unitamente ad altri tre Comuni, ha stipulato un accordo di partenariato al fine di realizzare un progetto riguardante l’installazione di sistemi alimentati da fonti di energia rinnovabile nel territorio dei rispettivi Comuni. L’obiettivo principale del progetto consiste nell’aumentare la quota delle fonti di energia rinnovabile in seno alla produzione totale di energia, nel diminuire le emissioni di inquinanti atmosferici, nel promuovere l’utilizzo dell’energia solare e nel promuovere tra i destinatari individuali lo sviluppo del ricorso alle fonti di energia rinnovabile attraverso l’installazione di sistemi alimentati da fonti di energia rinnovabile, ecologici e più rispettosi dell’ambiente.

Uno dei Comuni, in qualità di leader del progetto, ha stipulato un finanziamento, trasferito ai singoli partner per la loro rispettiva quota.

La sovvenzione ricevuta è pari al 75% dei costi totali del progetto, per cui spetta a ciascun Comune scegliere il metodo di finanziamento della parte restante dei costi del progetto.

Riguardo agli immobili nei quali saranno installati pannelli fotovoltaici, pompe di calore ad aria per il riscaldamento dell’acqua domestica e collettori solari, il Comune ha stipulato un accordo con i relativi proprietari, in base al quale tutti i sistemi alimentati da fonti di energia rinnovabile sono di proprietà del Comune per la durata del progetto, pari a cinque anni. Dopodiché, la proprietà del sistema alimentato da fonti di energia rinnovabile viene trasferita ai proprietari degli immobili, che sono obbligati a versare al Comune un contributo per la realizzazione del progetto, pari al 25% dei costi, corrispondente alla quota-parte non coperta dal finanziamento.

Il Comune ha chiesto conferma alle Autorità fiscali polacche che il contributo versato dai proprietari non sia soggetto a IVA in considerazione del fatto che, nel contesto dell’installazione di sistemi alimentati da fonti di energia rinnovabili, il Comune non agisce come soggetto passivo d’imposta.

La differente posizione delle Autorità fiscali è stata confermata anche dal giudice di primo grado, che non ha condiviso la tesi del Comune, secondo la quale esso non eserciterebbe un’attività economica in quanto le prestazioni non sarebbero equivalenti. Secondo il giudice, la non equivalenza dei contributi propri costituisce, in linea di principio, una caratteristica di tutti i rapporti di diritto civile in cui si riceve un contributo sul prezzo di beni o servizi.

Il giudice non ha condiviso neppure la tesi del Comune secondo la quale le operazioni intraprese non avrebbero uno scopo di lucro, ma quello di aumentare la quota delle fonti di energia rinnovabile nella produzione globale di energia. Infatti, il Comune riceve dai proprietari il rimborso del 25% dei costi del progetto, per cui l’installazione non avviene senza una partecipazione finanziaria dei proprietari. Anche la circostanza che il Comune non consegue un profitto non incide sulla valutazione se tali attività siano comprese nell’ambito dell’attività economica svolta dal Comune.

Le osservazioni del giudice nazionale

La prima questione sottoposta al vaglio della Corte è se il Comune agisca come soggetto passivo IVA quando realizza un progetto avente lo scopo di aumentare la quota di fonti di energia rinnovabile, mediante l’impegno, in forza di un contratto stipulato con i proprietari di immobili, di eseguire e di installare sistemi alimentati da fonti di energia rinnovabile, nonché di trasferire, decorso un certo periodo, la proprietà di tali sistemi ai proprietari degli immobili.

Per escludere la soggettività passiva in capo al Comune, l’art. 13, par. 1, della direttiva n. 2006/112/CE esige che l’attività sia esercitata in veste di pubblica autorità.

In primo luogo, l’attività assume carattere economico se è svolta a titolo oneroso, laddove l’onerosità presuppone l’esistenza di un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di prestazioni reciproche, nel quale il corrispettivo ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio reso all’utente.

Il Comune ritiene di non svolgere un’attività economica in quanto il contributo versato dai proprietari degli immobili non equivale alla prestazione resa dal Comune.

La giurisprudenza comunitaria ha, però, stabilito che il presupposto dell’onerosità è soddisfatto anche quando l’attività è svolta ad un prezzo inferiore a quello di costo, essendo richiesta esclusivamente l’esistenza di un nesso diretto tra la cessione di beni o la prestazione di servizi ed il corrispettivo realmente percepito dal soggetto passivo (sentenza 12 maggio 2016, C-520/14).

Ciò nonostante, il giudice del rinvio è dell’avviso che il Comune non svolga un’attività economica, in quanto è l’ente pubblico il beneficiario dei servizi e i versamenti dei proprietari degli immobili sono solo un’ulteriore fonte di finanziamento. L’installazione delle apparecchiature, infatti, non è un servizio fornito ai singoli abitanti ma al Comune, che in tale fase acquista, sulla base di un contratto con l’appaltatore, la proprietà delle apparecchiature installate sugli immobili concesse in uso dagli abitanti.

La conclusione che il Comune non svolga un’attività economica è avvalorata anche dal fatto che l’ente pubblico non intende fornire servizi di installazione di sistemi alimentati a fonti di energia rinnovabile in modo costante e continuativo nel tempo.

In secondo luogo, l’attività in esame, per essere esclusa da IVA, non deve essere esercitata in veste di pubblica autorità ed è ciò che, ad avviso del giudice del rinvio, si verifica nel caso di specie, non essendo soggetta a particolari norme di diritto pubblico. Se, infatti, l’attività in questione può essere svolta anche da soggetti che non sono enti pubblici, è logico dedurre che, per il suo esercizio, non vengono utilizzate le misure giuridiche a carattere decisionale tipiche dell’esercizio di un potere pubblico.

L’ulteriore questione, che si pone solo nel caso in cui il Comune agisca in veste di soggetto passivo IVA, è relativa alla determinazione della base imponibile, non essendo chiaro se nella stessa debba essere ricompreso il finanziamento ricevuto dal Comune per la realizzazione del progetto relativo alle fonti di energia rinnovabile.

Affinché la sovvenzione concorra alla formazione della base imponibile è necessario che il corrispettivo pagato dal cliente sia determinato in modo da diminuire proporzionalmente alla sovvenzione concessa al fornitore, cosicché quest’ultima costituisca un elemento del corrispettivo. Occorre, quindi, verificare se, oggettivamente, con l’erogazione della sovvenzione, il bene o il servizio sia venduto ad un corrispettivo inferiore.

Secondo il giudice del rinvio, nella fattispecie in esame, il contributo chiesto ai proprietari degli immobili non è influenzato dalla sovvenzione corrisposta al Comune e, quindi, deve ritenersi esclusa dalla base imponibile. Del resto, includere la sovvenzione nella base imponibile significherebbe che una parte dei fondi venga utilizzata non per lo scopo per il quale è stata concessa, ma per versare un tributo al bilancio dello Stato, in violazione dell’art. 69, par. 3, lettera c), del regolamento n. 2013/1303/UE.

L’orientamento della Corte UE

La Corte ha escluso che il Comune, nel realizzare il progetto relativo all’installazione di sistemi alimentati da fonti di energia rinnovabile, svolga un’attività economica ai sensi dell’art. 9, par. 1, della direttiva n. 2006/112/CE, senza quindi la necessità di stabilire se tale attività sia non soggetta a IVA ai sensi dell’art. 13, par. 1, della stessa direttiva, in quanto esercitata in veste di pubblica autorità.
A sostegno di questa conclusione, i giudici comunitari hanno osservato, in primo luogo, che il Comune, con l’attività in questione, non mira a ricavare introiti aventi carattere di stabilità, come invece richiesto dall’art. 9, par. 1, della direttiva n. 2006/112/CE. L’ente locale, infatti, non intende fornire i predetti servizi di installazione in modo continuativo nel tempo e, inoltre, non utilizza a tal fine propri lavoratori.

In secondo luogo, i contributi incassati dai proprietari degli immobili non hanno natura di corrispettivo, in quanto consentono di coprire solo il 25% delle spese sostenute.

In terzo luogo, non sembra economicamente vantaggioso, per l’installatore, ottenere dai proprietari degli immobili solo il 25% dei costi sostenuti, in attesa del versamento, a titolo di sovvenzione, della restante quota del 75%. Nella situazione in esame, infatti, non solo l’installatore si troverebbe esposto finanziariamente, ma dovrebbe sopportare anche un insolito grado di incertezza, dal momento che il rimborso della quota delle spese rappresentata dalla sovvenzione dipende dalla decisione di un terzo, nella specie l’ente sovranazionale finanziatore, successiva alle prestazioni di installazione.

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