Esenzione IVA per i servizi di found management forniti alle SGR: a quali condizioni?

A quali condizioni i servizi di found management forniti alle SGR sono esenti da IVA? L’Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni in merito con la risposta a interpello n. 179 del 2023.

La fattispecie oggetto di interpello

Una SGR che gestisce fondi di investimento alternativi (cd. “FIA”), appartenente a un gruppo che rappresenta uno dei principali player internazionali nella gestione di fondi di investimento di natura immobiliare, ha stipulato diversi contratti intercompany mediante i quali riceve servizi di consulenza da altre società del medesimo gruppo.

Più nello specifico, le altre società del gruppo si obbligano a prestare nei confronti della SGR:

– servizi di found management (servizi di categoria A), quali ad esempio la definizione della strategia e delle politiche di investimento del Fondo per quanto riguarda, tra l’altro, le caratteristiche degli immobili da acquistare e dismettere e l’organizzazione di incontri con gli investitori;

– servizi di consulenza per gli investimenti (servizi di categoria B), utilizzati dalla SGR per prestare la propria attività a favore di soggetti diversi dai fondi di investimento alternativi (cd. “FIA”);

– servizi di asset management (servizi di categoria C), incentrati sull’assistenza in relazione alla gestione del patrimonio immobiliare gestito dalla SGR.

I servizi di categoria B e C sono di mera consulenza tecnica e non sono resi dalle altre società del gruppo in relazione alla gestione di FIA.

A parere della società istante, dunque, i servizi di categoria A, a differenza dei servizi di categoria B e C, sono riconducibili alla specifica attività di un fondo di investimento immobiliare (che comprende, da un lato, attività relative alla selezione, acquisizione e vendita di beni immobili e, dall’altro, attività amministrative) e, pertanto, rientrano nel regime di esenzione previsto dall’art. 10, comma 1, n. 1, D.P.R. n. 633/1972 in quanto insieme di servizi relativi ed intrinsecamente connessi alla “gestione di fondi comuni di investimento”. 
Nella risposta, le Entrate si sono limitate a fornire esclusivamente una valutazione di principio in ordine all’inquadramento dell’art. 10, comma 1, n. 1, del decreto IVA in relazione ai servizi di categoria A.

Due condizioni per l’esenzione da IVA

In base al costante filone di prassi (cfr. ex multis risposte a interpello n. 104, n. 206 e n. 489 del 2022) la previsione esentativa recata dall’art. 135, paragrafo 1, lett. g) della direttiva n. 112 del 2006, recepita nell’ordinamento domestico nell’art. 10, comma 1, n. 1), D.P.R. n. 633/1972, indica che l’applicazione del regime di esenzione IVA previsto per l’attività di gestione di fondi comuni d’investimento è subordinata a una duplice condizione, ovvero:

a) che le prestazioni di servizio erogate siano riconducibili, sotto il profilo oggettivo, tra i servizi di “gestione” dei fondi comuni d’investimento;

b) che i servizi di gestione debbano essere resi in relazione a fondi che si qualificano come “fondi comuni d’investimento”.

Per quanto concerne la condizione di cui alla lettera a), concernente la nozione di “gestione” degli OICR, la Corte di Giustizia UE (cfr. sentenza 2 luglio 2020, C-231/19, Blackrock Investment management (UK) Ltd contro HMRC) ha affermato che:

nella nozione di “gestione” dei fondi comuni di investimento rientrano tutte le operazioni che “attengono specificamente all’attività degli organismi d’investimento collettivo”, ovvero non solo le funzioni relative alla gestione vera e propria degli investimenti (la raccolta dei capitali e la gestione dei rapporti con gli investitori, la ricerca di mercato e l’identificazione di opportunità di investimento, l’attività di due diligence sui possibili investimenti, la strutturazione degli investimenti in portafoglio e il disinvestimento), ma anche le funzioni di amministrazione degli organismi di investimento collettivo, come ad esempio quelle indicate nell’elenco non esaustivo di cui all’allegato II della Direttiva OICVM (direttiva 2009/65/CE).

Affinché l’esenzione possa trovare applicazione, è in ogni caso necessario che i servizi eventualmente prestati dal gestore esterno formino “un’insieme distinto, valutato globalmente, che abbia l’effetto di adempiere le funzioni specifiche ed essenziali del servizio di gestione di fondi comuni d’investimento”.

In particolare, la Corte di Giustizia UE ha affermato il principio di diritto secondo cui affinché un FIA possa considerarsi come avente caratteristiche comparabili a un OICVM e, quindi, qualificarsi come fondo comune di investimento ai sensi della direttiva IVA n. 112 del 2006, dovrebbero essere soddisfatti i seguenti requisiti individuati dalla giurisprudenza comunitaria e confermati dalla prassi amministrativa domestica, vale a dire:

i. la sottoposizione del fondo a “vigilanza statale specifica”;

ii. la partecipazione al fondo da parte di una pluralità di investitori che “abbiano diritto ai benefici e sopportino il rischio connesso alla relativa gestione”;

iii. l’esclusiva dipendenza del “rendimento dell’investimento realizzato dai risultati di gestione del fondo”.

In sintesi, per l’Agenzia delle Entrate trova applicazione il regime di esenzione da IVA per i servizi forniti dall’advisor terzo alla SGR se:

– l’attività svolta dal terzo presenta un “vincolo intrinseco” rispetto all’attività del fondo (deve cioè avere ad oggetto prestazioni che sono proprie di un fondo comune di investimento e che lo distinguono, a tale riguardo, da altre attività economiche). Sono tali, pertanto, tutte le attività intimamente connesse all’essenza dell’attività del fondo quali, a titolo esemplificativo, i servizi di gestione amministrativa e contabile del fondo, ma anche i servizi di consulenza e informazione relativi alla gestione di un fondo in senso stretto o all’acquisto e vendita di attivi;

– i servizi prestati dal fornitore esterno sono dotati di autonomia rispetto all’attività già svolta dalla SGR, in maniera sufficiente da non poter essere confusi con altre attività già svolte dalla SGR;

– i servizi devono essere resi dal gestore esterno in modo continuativo (o quantomeno prevedibile), in quanto espressione di una scelta operativa del gestore che abbia un certo grado di stabilità.

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