Esportatore abituale: come correggere lo splafonamento

Chi

Esportatori abituali che effettuano acquisti senza pagamento di IVA in misura superiore al plafond disponibile.

Cosa

L’art. 8, comma 2, D.P.R. n. 633/1972, richiamato anche dagli articoli 8-bis e 9 dello stesso decreto, prevede che i soggetti che effettuano esportazioni, operazioni assimilate, servizi internazionali, cessioni intracomunitarie possono effettuare acquisti o importazione di beni, diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili, e di servizi senza applicazione dell’imposta, mediante “dichiarazione di intento”, a condizione che l’ammontare dei corrispettivi delle suddette operazioni non imponibili, registrate nell’anno precedente, sia superiore al 10% del volume d’affari (i contribuenti, ad eccezione di quelli che hanno iniziato l’attività da un periodo inferiore a 12 mesi, hanno facoltà di assumere come ammontare di riferimento, in ciascun mese, quello dei corrispettivi delle esportazioni fatte nei 12 mesi precedenti, se il relativo ammontare superi la predetta percentuale del volume di affari, come sopra determinato, dello stesso periodo di riferimento).
L’intento degli esportatori abituali di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza applicazione dell’imposta deve risultare da apposita dichiarazione, che può riguardare una singola operazione o anche più operazioni, redatta in conformità al modello approvato (Agenzia delle Entrate, provvedimento 27 febbraio 2020), che deve essere previamente trasmessa per via telematica all’Agenzia delle Entrate. L’Agenzia rilascia apposita ricevuta telematica con indicazione del protocollo di ricezione (art. 1, comma 1, lettera c, D.L. n. 746/1983).

Gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione devono essere indicati nelle fatture emesse in base ad essa, ovvero devono essere indicati dall’importatore nella dichiarazione doganale.

Per consentire l’emissione delle fatture senza applicazione di IVA, l’Agenzia delle Entrate rende disponibili nel cassetto fiscale di ciascun fornitore indicato dagli esportatori abituali nelle dichiarazioni di intento acquisite, le informazioni relative alle dichiarazioni d’intento stesse.

Si verifica il c.d. splafonamento quando l’esportatore abituale acquista beni e servizi per un importo superiore al plafond disponibile, per cause imputabili alla sua responsabilità.

Ad esempio

L’esportatore abituale, con plafond pari a 100, rilascia una dichiarazione di intento a due fornitori per un valore massimo di 100 euro. Il fornitore A emette fatture per 50 e il fornitore B emette fatture per 60. Ciascuno dei fornitori ha rispettato i limiti previsti dalla dichiarazione di intento ma l’esportatore abituale, non avendo bloccato gli acquisti al raggiungimento della soglia massima (100) ha effettuato acquisti senza IVA per un ammontare superiore al plafond disponibile.

Chi beneficia, oltre il limite consentito, della facoltà di acquistare o di importare beni e servizi senza applicazione dell’imposta con dichiarazione di intento, è punito con la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell’imposta, oltre al pagamento del tributo e degli interessi (art. 7, commi 3 e 4, D.Lgs. n. 471/1997).
La violazione può essere sanata con applicazione di sanzioni ridotte in caso di applicazione del ravvedimento (art. 13, D.Lgs. n. 472/1997), fermo restando “che la regolarizzazione spontanea dello splafonamento non è necessariamente subordinata al contestuale pagamento delle sanzioni in misura ridotta” (così la risoluzione 6 febbraio 2017, n. 16/E).

Come

L’esportatore abituale, che acquista beni e servizi con dichiarazione d’intento per un importo superiore al plafond disponibile, può regolarizzare la violazione secondo tre modalità (risoluzione n. 16/E/2017).

a) richiesta al cedente/prestatore di effettuare una variazione in aumento dell’IVA, ai sensi dell’art. 26, D.P.R. n. 633/1972.
In questo caso, il fornitore emette una nota di variazione in aumento di sola IVA, con riferimento alle fatture emesse senza applicazione dell’imposta. L’esportatore abituale, qualora intendesse sanare completamente la violazione mediante ravvedimento, dovrebbe versare, tramite modello F24, la sanzione ridotta e gli interessi moratori, al saggio legale, con maturazione giorno per giorno, calcolati da quando è stata commessa la violazione (cioè, secondo un’interpretazione prudenziale, dal giorno di emissione delle fatture senza IVA oppure, secondo una diversa opzione interpretativa, dalla data di liquidazione periodica relativa al mese in cui l’IVA non addebitata sarebbe confluita). La nota di variazione viene annotata nel registro degli acquisti per la detrazione dell’imposta. Occorre, in proposito, considerare che ai sensi dell’art. 19, comma 1, D.P.R. n. 633/1972, “il diritto alla detrazione […] sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo”. La circolare 17 gennaio 2018, n. 1/E, ispirandosi ai principi espressi dalla giurisprudenza unionale, ha chiarito che “il dies a quo da cui decorre il termine per l’esercizio della detrazione deve essere individuato nel momento in cui in capo al cessionario/committente si verifica la duplice condizione: i) (sostanziale) dell’avvenuta esigibilità dell’imposta e ii) (formale) del possesso di una valida fattura redatta conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 21 del menzionato d.P.R. n. 633. É da tale momento che il soggetto passivo cessionario/committente può operare, previa registrazione della fattura secondo le modalità previste dall’art. 25, primo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, la detrazione dell’imposta assolta con riferimento agli acquisti di beni e servizi, ovvero alle importazioni di beni. Tale diritto può essere esercitato al più tardi entro la data di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si sono verificati entrambi i menzionati presupposti e con riferimento al medesimo anno” (risposta a interpello 18 dicembre 2023, n. 479).
b) emissione di un’autofattura (“secondo lo schema previsto dall’art. 6, comma 8, del D.lgs. n. 471 del 1997” – così la risoluzione n. 16/E/2017), contenente gli estremi identificativi di ciascun fornitore, il numero progressivo delle fatture ricevute, l’ammontare eccedente il plafond, l’ammontare dell’IVA non applicata.
L’esportatore abituale deve versare, tramite modello F24, l’IVA dovuta (indicando il codice tributo del periodo in cui erroneamente è stato effettuato l’acquisto senza applicazione dell’IVA; ad esempio, 6009 per il mese di settembre) e, se intende regolarizzare completamente la violazione mediante ravvedimento, gli interessi moratori calcolati giorno per giorno e la sanzione ridotta (art. 13, D.Lgs. n. 472/1997). L’autofattura deve essere annotata nel registro degli acquisti; in tal modo, “l’imposta oggetto di regolarizzazione confluirà nell’ammontare dell’imposta in detrazione della dichiarazione annuale e nell’ammontare dei versamenti effettuati” (circolare 19 febbraio 2008, n. 12/E, risposta 10.4). “Poiché, in tale evenienza, l’IVA regolarizzata confluisce nella dichiarazione IVA sia tra l’imposta a credito sia tra i versamenti effettuati, al fine di evitare una doppia detrazione, la medesima deve essere indicata in dichiarazione anche in una posta a debito” (risoluzione n. 16/E/2017). In particolare, secondo le Istruzioni per la compilazione della dichiarazione annuale IVA, l’esportatore abituale deve indicare l’ammontare dell’IVA così regolarizzata nel rigo VE25 e comprendere il versamento effettuato nel rigo VL30, sia nel campo 2 sia nel campo 3 (IVA/2024, par. 4.2.2). Ai fini della detrazione, l’imponibile e l’imposta risultanti dall’autofattura devono essere indicati nel quadro VF nel rigo corrispondente all’aliquota applicata. La prassi dell’Agenzia prevede che un esemplare dell’autofattura deve essere presentato al competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate; tuttavia, poiché viene richiamato “lo schema previsto dall’art. 6, comma 8, del D.lgs. n. 471 del 1997”, si osserva che il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 89757 del 30 aprile 2018, relativo alle “Regole tecniche per l’emissione e la ricezione delle fatture elettroniche”, al punto 6.4. chiarisce che la trasmissione dell’autofattura al SdI, da parte del cessionario/committente, “sostituisce l’obbligo, di cui all’articolo 6, comma 8 lettera a), del decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, di presentazione dell’autofattura in formato analogico all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente”.

c) emissione di un’autofattura (contenente i dati di ciascun fornitore, il numero di protocollo delle fatture ricevute, il relativo ammontare eccedente il plafond, l’ammontare dell’IVA non applicata dai fornitori) entro il 31 dicembre dell’anno di splafonamento.

L’autofattura deve essere annotata sia nel registro delle vendite, esponendo la maggiore imposta, con i relativi interessi, sia nel registro degli acquisti per la detrazione dell’IVA. Il tributo partecipa, quindi, alla liquidazione periodica IVA. Inoltre, l’esportatore abituale, se intende regolarizzare completamente la violazione tramite il ravvedimento, deve effettuare il versamento, con il modello F24 della sanzione ridotta ai sensi dell’art. 13, D.Lgs. n. 472/1997 (anche in questo caso, si ritiene che l’emissione dell’autofattura in forma elettronica sostituisca l’obbligo di presentazione di un esemplare dell’autofattura al competente Ufficio dell’Agenzia delle Entrate). Non sono previste modalità particolari per la compilazione della dichiarazione annuale, in quanto l’imposta dovuta è già ricompresa nel quadro VE della dichiarazione (unitamente all’imposta delle altre operazioni attive registrate) e nel quadro VF tra gli acquisti.

Come chiarito nella “Guida alla compilazione delle fatture elettroniche e dell’esterometro” dell’Agenzia delle Entrate (pag. 17) “nei casi b) e c), il C/C predispone e trasmette via SDI un’autofattura con tipologia documento TD21 che sarà recapitata solo al soggetto emittente”. A tal riguardo, nel caso sub c), si ritiene che l’autofattura emessa entro il 31 dicembre dell’anno di splafonamento possa essere inviata al SdI entro 12 giorni dall’emissione (quindi, al più tardi, entro il 12 gennaio, se l’autofattura è emessa il 31 dicembre).

La medesima Guida precisa, in relazione ad entrambi i casi b) e c), che “nel campo 2.1.1.3 «Data» della sezione “Dati Generali” del file della fattura elettronica deve essere riportata la data di effettuazione dell’operazione di regolarizzazione, la quale deve comunque ricadere nell’anno in cui si è verificato lo splafonamento”.

Nel caso in cui l’esportatore abituale non regolarizzi spontaneamente la violazione, in sede di eventuale accertamento l’Agenzia delle Entrate, nei confronti dell’esportatore abituale che ha effettuato acquisti senza IVA in eccesso rispetto al plafond disponibile (art. 7, commi 3 e 4, D.Lgs. n. 471/1997):

recupera il tributo non applicato, con i relativi interessi;

applica la sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell’imposta.

In proposito, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che nei casi di specie si rende applicabile la regola prevista dall’art. 60, comma 7, D.P.R. n. 633/1972, che consente al cessionario/committente di detrarre l’IVA addebitata per rivalsa al cedente/prestatore a seguito di accertamento. Infatti, sebbene la norma citata “preveda l’esercizio della detrazione da parte del cessionario o del committente a seguito della rivalsa operata in fattura dal cedente o dal prestatore, la tutela del principio di neutralità del tributo impone che la facoltà di detrarre l’IVA pagata in sede di accertamento, sia riconosciuta anche nelle ipotesi in cui, in deroga alle comuni regole di funzionamento del tributo, sia debitore d’imposta il cessionario/committente in luogo del cedente/prestatore. L’esportatore abituale cui sia stato contestato lo splafonamento potrà esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il medesimo ha provveduto al pagamento dell’imposta, della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi” (circolare 17 dicembre 2013, n. 35/E, risposta 3.3; risposta a interpello 22 giugno 2021, n. 422).

Quando

La procedura sub c) può essere adottata soltanto se l’autofattura viene emessa entro il 31 dicembre dell’anno di splafonamento.

Per quanto riguarda le procedure sub a) e sub b), non vi sono limiti temporali espressi; tuttavia, si richiamano le già citate norme sulla detrazione dell’IVA e la circostanza che l’importo della sanzione è riducibile in base al ravvedimento e, quindi, in base al ritardo entro cui viene effettuata la regolarizzazione. Pertanto, è consigliabile che la regolarizzazione dell’acquisto senza IVA oltre il limite del plafond avvenga entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno in cui si è verificato lo splafonamento.

Calcola il risparmio

La procedura sub a), che prevede la richiesta al cedente/prestatore di emettere nota di variazione in aumento, è la più semplice dal punto di vista procedurale/contabile ma comporta la necessità di coinvolgere il/i fornitore/i. Potrebbe essere consigliata nel caso in cui si tratti di uno o pochi fornitori.

Le procedure sub b) e c) sono molto simili. Nel caso in cui lo splafonamento sia rilevato prima del 31 dicembre la procedura sub c) comporta una maggiore semplificazione perché l’autofattura partecipa alla liquidazione mensile (o trimestrale) del tributo e l’unico adempimento resta quello del versamento della sanzione (se la si vuole pagare in forma ridotta).

In pratica, il pagamento dell’IVA (detraibile secondo le norme generali, previa annotazione nel registro degli acquisti della nota di variazione emessa dal fornitore o dell’autofattura) avviene:

– nelle mani del fornitore, nel caso sub a);

– con F24 specifico, nel caso sub b);

– in sede di liquidazione periodica nel caso sub c).

Le sanzioni devono essere sempre corrisposte dall’esportatore, con le riduzioni previste dall’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997 qualora il contribuente si avvalga del ravvedimento.

Gli interessi devono essere pagati con modello F24 (come la sanzione) nei casi sub a) e sub b) mentre vanno indicati nel registro delle fatture e confluiscono nella liquidazione periodica nel caso sub c).

Risparmio %

Caso n. 1

Un contribuente, a gennaio 2024 si avvede di aver effettuato, nel 2023, acquisti di beni e servizi senza applicazione di IVA in misura eccedente rispetto al plafond disponibile. Importo splafonamento: 25.000 euro, per un IVA pari a 5.500 euro.

Poiché il 31 dicembre dell’anno di splafonamento è ormai trascorso, il contribuente può sanare la situazione o richiedendo al cedente/prestatore di emettere una nota di variazione in aumento oppure emettendo un’autofattura, contenente gli estremi identificativi di ciascun fornitore, il numero progressivo delle fatture ricevute, l’ammontare eccedente il plafond, con il versamento diretto, mediante F24, dell’imposta che avrebbe dovuto essere applicata insieme agli interessi e alla sanzione, ridotta secondo le norme sul ravvedimento.

Nessuna regolarizzazione

Il contribuente rischia l’applicazione della sanzione da 5.500 a 11.000 euro ed è tenuto al pagamento dell’IVA (che è comunque detraibile) non applicata dal cedente/prestatore e degli interessi (al saggio fiscale del 3,5%, ex art. 6, D.M. 21 maggio 2009).

Ipotizzando l’applicazione della sanzione minima (5.500) il contribuente, in caso di accertamento, potrà avvalersi della definizione agevolata versando la sanzione irrogata, ridotta a 1/3: 1.834 euro (salve le diverse misure che saranno previste dal decreto legislative in materia di sanzioni, in attuazione della delega fiscale).

Nota di credito

Il contribuente chiede ai fornitori l’emissione di note di variazione in aumento per l’importo sufficiente a compensare lo splafonamento (25.000 euro) e si avvale del ravvedimento operoso. Il contribuente deve corrispondere l’IVA (che è comunque detraibile) ai fornitori (5.500 euro) e versare, oltre agli interessi al saggio legale (5% per il 2023 e 2,5% per il 2024) con maturazione giorno per giorno, la sanzione in misura pari a 1/8 del minimo edittale (5.500): 687,5 euro.

Si osserva che il contribuente che chiede ai fornitori l’emissione di note di credito in aumento e le annota nel registro degli acquisti (recuperando quindi il tributo mediante la detrazione) potrebbe anche non procedere necessariamente alla regolarizzazione della violazione. In tal caso, ove l’Amministrazione rilevasse la violazione, applicherebbe la sanzione come nell’ipotesi precedente.

Autofattura

Il contribuente regolarizza la violazione mediante emissione di autofattura e si avvale del ravvedimento operoso. L’autofattura deve contenere gli estremi identificativi di ciascun fornitore, il numero progressivo delle fatture ricevute, l’ammontare eccedente il plafond. Il contribuente deve versare, mediante F24, l’imposta che avrebbe dovuto essere applicata (5.500 euro), insieme agli interessi al saggio legale (5% per il 2023 e 2,5% per il 2024) con maturazione giorno per giorno, e la sanzione in misura pari a 1/8 del minimo edittale (5.500): 687,5 euro. L’autofattura, annotata nel registro degli acquisti, consente il recupero dell’IVA attraverso la detrazione. In questo caso, l’eventuale mancata regolarizzazione della violazione mediante ravvedimento sarebbe molto più rischiosa, risultando un versamento da F24 sganciato dalle liquidazioni periodiche del tributo.

Sia nell’ipotesi nota di credito sia nell’ipotesi autofattura, il contribuente deve corrispondere l’IVA (al fornitore, nel primo caso, all’Erario, nel secondo caso), che recupererà in sede di detrazione, annotando, rispettivamente, la nota di variazione in aumento o l’autofattura nel registro degli acquisti.

Caso n. 2

Un contribuente a dicembre 2024 si avvede di aver effettuato, a settembre del 2024, acquisti di beni e servizi senza applicazione di IVA in misura eccedente rispetto al plafond disponibile. Importo splafonamento: 25.000 euro, per un IVA pari a 5.500 euro.

Nessuna regolarizzazione

Il contribuente rischia l’applicazione della sanzione da 5.500 a 11.000 euro ed è tenuto al pagamento dell’IVA (che è comunque detraibile) non applicata dal cedente/prestatore e degli interessi (al saggio fiscale del 3,5%). Ipotizzando l’applicazione della sanzione minima (5.500) il contribuente, in caso di accertamento, potrà avvalersi della definizione agevolata versando la sanzione irrogata, ridotta a 1/3: 1.834 euro.

Nota di credito

Il contribuente chiede ai fornitori l’emissione di note di variazione in aumento per l’importo sufficiente a compensare lo splafonamento (25.000 euro) e si avvale del ravvedimento operoso. Il contribuente deve corrispondere l’IVA (che è comunque detraibile) ai fornitori (5.500 euro) e versare, oltre agli interessi al saggio legale (2,5% per il 2024) con maturazione giorno per giorno, la sanzione in misura pari a 1/9 del minimo edittale (5.500): 611,12 euro. Si osserva che il contribuente che chiede ai fornitori l’emissione di note di credito in aumento e le annota nel registro degli acquisti (recuperando quindi il tributo mediante la detrazione) potrebbe anche non procedere necessariamente alla regolarizzazione della violazione. In tal caso, ove l’Amministrazione rilevasse la violazione, applicherebbe la sanzione come nell’ipotesi precedente.

Autofattura entro il 31 dicembre 2024

Poiché il 31 dicembre dell’anno di splafonamento non è ancora trascorso, il contribuente può sanare la violazione mediante emissione di un’autofattura (con le caratteristiche sopra richiamate) entro il 31 dicembre 2024 (anno di splafonamento). L’autofattura viene annotata sia nel registro delle vendite (indicando la maggiore IVA e i relativi interessi) sia nel registro degli acquisti e partecipa alla liquidazione periodica. Il contribuente deve, inoltre, versare la sanzione ridotta a 1/9 del minimo edittale (5.500): 611,12 euro.

Il vantaggio di questa opzione è anche di natura finanziaria, in quanto il contribuente non è tenuto al pagamento dell’imposta né ai propri fornitori né all’erario, in quanto il tributo concorre alla liquidazione periodica, mediante l’annotazione dell’autofattura nel registro delle vendite e in quello degli acquisti.

Autofattura oltre il 31 dicembre 2024

Il contribuente regolarizza la violazione mediante emissione di autofattura e si avvale del ravvedimento operoso. L’autofattura deve contenere gli estremi identificativi di ciascun fornitore, il numero progressivo delle fatture ricevute, l’ammontare eccedente il plafond. Il contribuente deve versare, mediante F24, l’imposta che avrebbe dovuto essere applicata (5.500 euro), insieme agli interessi al saggio legale (2,5% per il 2024) con maturazione giorno per giorno, e la sanzione in misura pari a 1/9 del minimo edittale (5.500): 611,12 euro. L’autofattura, annotata nel registro degli acquisti, consente il recupero dell’IVA attraverso la detrazione. In questo caso, l’eventuale mancata regolarizzazione della violazione mediante ravvedimento sarebbe molto più rischiosa, risultando un versamento da F24 sganciato dalle liquidazioni periodiche del tributo.

Sia nell’ipotesi nota di credito sia nell’ipotesi autofattura, il contribuente deve corrispondere l’IVA (al fornitore, nel primo caso, all’Erario, nel secondo caso), che recupererà in sede di detrazione, annotando, rispettivamente, la nota di variazione in aumento o l’autofattura nel registro degli acquisti.

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