Verifiche in corso da parte dell’Agenzia delle Entrate su chi non ha aderito al programma di voluntary disclosure
di Michela Folli e Marco Piazza
Contanti in nero, frontiere Ue colabrodo. Così gli spalloni la fanno franca
4′ di lettura
Prosegue la collaborazione dell’Amministrazione federale svizzera con l’agenzia delle Entrate per individuare gli italiani che detenevano fra il 2015 e il 2017 attività in Svizzera non dichiarate e non hanno aderito al programma italiano di voluntary disclosure.
Il protocollo italo-svizzero
Questa forma di assistenza amministrativa era prevista dalla roadmap siglata in corrispondenza alla firma, il 23 febbraio 2015, del protocollo di modifica del trattato Italia – Svizzera (poi ratificato in Italia con la legge 69 del 2016), che ha sbloccato lo scambio d’informazioni su richiesta riferito a contribuenti individuati.
Nel mirino i conti tra il 2015 e il 2017
La roadmap prevedeva una ulteriore facoltà dell’agenzia delle Entrate: la possibilità di presentare alle autorità svizzere particolari “richieste di gruppo”, riferite, cioè, a categorie di contribuenti non individuati singolarmente perché ignoti al fisco italiano ma accomunate da un definito schema di comportamento. Lo scopo era di intercettare gli individui che, nel periodo intercorrente fra la data della firma del protocollo (23 febbraio 2015) e l’efficacia dello scambio automatico di informazione (operativo dal 2017, in base all’accordo fra Ue e Svizzera del 27 maggio 2017), avessero inteso svuotare i loro conti in Svizzera per evitare di aderire alla procedura di collaborazione volontaria: i cosiddetti correntisti recalcitranti.
Cosa rischia il correntista recalcitrante
L’intento è stato realizzato con lo specifico accordo sulle «richieste di gruppo» firmato dalla Svizzera il 2 marzo 2017. L’accordo individua lo schema di comportamento dei contribuenti sospettati di non aver adempiuto alle loro obbligazioni fiscali da inserire nelle richieste di gruppo e i casi di esclusioni. Sulla base di questo accordo, l’amministrazione federale svizzera invia agli interessati, attraverso la loro banca, una lettera con cui chiede il consenso (procedura semplificata) a trasmettere alle autorità italiane le generalità del correntista e il saldo del conto al 28 febbraio 2015 e al 31 dicembre 2016.
Se l’interessato non darà il consenso entro 20 giorni, l’Autorità federale emetterà una propria decisione impugnabile presso il Tribunale amministrativo federale. Non pare che negare il consenso possa produrre altri effetti se non quelli di dilatare i tempi della trasmissione dei dati.