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Fabbricati privi di rendita catastale: come calcolare l’IMU

Fabbricati Privi Di Rendita Catastale: Come Calcolare L’imu

Una delle questioni più problematiche in materia di IMU è rappresentata dall’assolvimento dell’obbligazione tributaria in caso di presupposto impositivo costituito dal possesso di fabbricati sprovvisti di rendita catastale.

Le fattispecie, che riguardano i fabbricati in corso di costruzione e i fabbricati collabenti, vanno trattate seguendo canoni differenti. Per i fabbricati in corso di costruzione, oltretutto, si deve prestare attenzione alla base sulla quale insistono:

– se direttamente sull’area edificabile dovranno applicarsi alcune regole;

se si tratta di sopraelevazione, ossia di fabbricato in costruzione al di sopra di un fabbricato già ultimato, le prescrizioni sono altre.

Il tutto alla luce degli orientamenti in materia della giurisprudenza di legittimità.

Fabbricati in corso di costruzione

I fabbricati di nuova costruzione, per essere soggetti ad IMU, devono essere ultimati ed utilizzabili, indipendentemente dalla effettiva iscrizione in catasto, rilevando a fini impositivi le condizioni per l’iscrivibilità ovvero il momento dal quale possono essere considerati fabbricati in ragione dell’ultimazione dei lavori. Di tale principio, espresso dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 19646 dell’11 luglio 2023, relativo alla disciplina ICI, ma del tutto estendibile all’IMU, è opportuno tenerne conto nella determinazione dell’acconto dell’imposta in scadenza il 17 giugno 2024.

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L’attuale legislazione, rappresentata dall’art. 1, comma 741, lettera a), della legge n. 160/2019, collega la qualifica di fabbricato come bene tassabile o all’iscrizione catastale o all’obbligo di iscrizione, ponendo l’ultimazione dei lavori o l’utilizzazione antecedente nel ruolo di indici sussidiari, valevoli per l’ipotesi che sia stato omesso il dovuto accatastamento. Analoghe previsioni recavano le previgenti normative ICI e IMU rispettivamente con l’art. 2, comma 1, D. Lgs. n. 504/1992 e con l’art. 13, comma 2, D.L. n. 201/2011.
Ai fini dell’individuazione del presupposto impositivo, rileva il solo accatastamento reale poiché l’accatastamento fittizio, ossia l’individuazione dell’immobile istituzionalmente privo di rendita classificato nella categoria F/3 (unità in corso di costruzione), non è idoneo a far sì che venga determinata la base imponibile. D’altra parte, l’attribuzione della categoria catastale F/3 non è neppure idonea a svelare un indice autonomo di capacità contributiva rispetto a quella evidenziata dalla proprietà del suolo edificabile. In una situazione di questo tipo, irregolare dal momento di ultimazione dei lavori o, se precedente, di utilizzabilità del bene, e pertanto accertabile dall’Amministrazione catastale, l’IMU deve essere determinata tenendo conto del solo valore dell’area edificatoria senza computare il valore del fabbricato in corso d’opera come prevedono l’art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 504/1992 e l’art. 1, comma 746, della legge n. 160/2019. In tal senso va anche un più risalente orientamento facente capo ad una serie di pronunce richiamate dai giudici di legittimità nell’ordinanza n. 19646/2023.

A differenza di quanto avviene per la tassazione degli immobili il cui valore imponibile è determinato in virtù delle risultanze catastali, per le aree fabbricabili, tuttavia, non si è in presenza di un valore certo e predeterminato. Al fine di controllare il corretto adempimento tributario dei contribuenti, i comuni si basano su valori di riferimento deliberati dai medesimi enti impositori nell’ambito della potestà regolamentare e che devono fondarsi sugli elementi (zona territoriale, indice di edificabilità, etc.) imposti dalle due ultime norme citate. La Cassazione è ormai ferma nel ritenere che i parametri comunali non siano connotati da valore imperativo per cui il contribuente che intenda discostarsene, come avvenuto in passato per i vecchi studi di settore, ne ha facoltà in presenza di valida prova contraria da fornire dinanzi al giudice tributario.

Il particolare caso della sopraelevazione

Nonostante il quadro normativo a cui attingere sia quello sinora delineato, occorre definire come le disposizioni interessate si debbano coniugare al fine di comprendere se, ed entro quali termini, possa essere tassata ai fini IMU l’area sulla quale insiste il fabbricato sopraelevato.

I giudici di legittimità, con la sentenza n. 10735 dell’8 maggio 2013, hanno chiarito che la nozione di fabbricato ai fini ICI, ma il discorso è il medesimo per l’IMU, è unitaria rispetto all’area su cui esso insiste, nel senso che, una volta che l’area edificabile sia comunque utilizzata, il valore della base imponibile ai fini dell’imposta si trasferisce dall’area stessa all’intera costruzione realizzata.

Per la determinazione della base imponibile di un fabbricato in costruzione sovrastante un altro fabbricato non trovano applicazione le disposizioni che disciplinano l’utilizzazione edificatoria dell’area (individuando come base imponibile il valore dell’area stessa), ma la norma che per l’assoggettabilità a imposta del “fabbricato di nuova costruzione” individua i due criteri alternativi: la data di ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente, quella di utilizzazione. Se non si realizza alcuno dei due presupposti, il comune non può assoggettare ad imposizione l’area su cui si sviluppa la cubatura, non essendovi altra area fabbricabile se non quella su cui insiste il manufatto realizzato a suo tempo al pian terreno.

Il principio di cui alla sentenza n. 10735/2013, oltre ad essere stato recepito dal MEF nella risoluzione n. 8/DF del 22 luglio 2013, è stato confermato e ribadito anche più di recente dalla Suprema Corte nell’ordinanza n. 6040 del 28 febbraio 2023 con cui si richiama, oltre alla già citata sentenza n. 10735/2013, la più datata sentenza n. 23347/2004.

Unità collabenti

I fabbricati fatiscenti accatastati nella categoria catastale F/2, che identifica le “unità collabenti”, e pertanto anch’essi privi di rendita, oltre a non essere tassabili, non permettono la tassabilità dell’area sulla quale insistono. Non solo lo ha rammentato la Suprema Corte nella citata ordinanza n. 19646/2023, ma lo ha più di recente chiarito il Dipartimento delle Finanze nella risoluzione n. 4/DF del 16 novembre 2023. Ciò fino al momento della totale demolizione del manufatto che restituisca autonomia all’area fabbricabile e che, in quanto tale, soltanto da quel momento può diventare imponibile fino al subentro dell’imposta sul fabbricato ricostruito.

La categoria F/2 presuppone, difatti, che il fabbricato si trovi non solo in uno stato di degrado tale da comportarne l’oggettiva incapacità di produrre ordinariamente un reddito proprio, ma nel contempo, a differenza del fabbricato ultimato e non accatastato, in una condizione di inutilizzabilità.

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