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Fallimento e scioglimento dei contratti: quando è possibile emettere note di variazione in diminuzione

Fallimento E Scioglimento Dei Contratti: Quando è Possibile Emettere Note Di Variazione In Diminuzione

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta a interpello n. 268 del 29 marzo 2023 in tema di note di variazione in ipotesi di scioglimento dei contratti ex articolo 169–bis del R.D. 16 marzo 1942, n. 267.

Lo scioglimento dei contratti ex articolo 169­bis L.F.:

­ dipende dalla volontà del solo contraente soggetto alla procedura concorsuale (seppure avallata dal giudice competente)?

­ prescinde da eventuali inadempimenti (omessi pagamenti o altro)?

­ non ha effetto retroattivo tra le parti, né restitutorio delle prestazioni eseguite?

­ dà luogo ad un indennizzo in moneta ”concorsuale”, ossia da soddisfare come credito anteriore al concordato.

Da rilevare, peraltro, sotto il profilo tributario, che tale indennizzo ­ sia esso da considerare una sorta di penalità cui viene sottoposto il cedente/prestatore inadempiente per svincolarsi in via unilaterale dai contratti in essere, o un vero e proprio risarcimento del danno subito dal contraente adempiente ­ esclude che il cessionario/committente, quando soggetto passivo d’imposta, debba emettere fattura per documentarne la ricezione.

Quanto alle fatture che certificano i corrispettivi percepiti anteriormente allo scioglimento dei contratti, l’articolo 26, comma 2, del ”decreto IVA” prevede che, se dopo l’emissione e la registrazione di una fattura, l’ammontare imponibile di un’operazione e la relativa IVA si riducono, in tutto o in parte, il cedente o prestatore, in linea generale, può effettuare le opportune rettifiche, cioè le cosiddette ”variazioni in diminuzione”, emettendo un’apposita ”nota di credito”.

In altri termini, il cedente o prestatore, può ”annullare”, attraverso l’emissione di un documento di segno opposto all’originaria fattura, come la ”nota di credito”, un’operazione fatturata e registrata che sia successivamente venuta meno (in tutto o in parte) o di cui sia ridotto l’ammontare imponibile. In tal modo, il cedente o prestatore restituisce l’importo dell’IVA al cessionario, recuperandola dall’Erario mediante una corrispondente riduzione dell’IVA a debito.

Dall’altro verso, il cessionario o committente soggetto passivo IVA, a sua volta, ha l’obbligo di computare il medesimo importo tra l’IVA a debito al fine di controbilanciare la detrazione a suo tempo effettuata per la fattura oggetto di rettifica, riversando così all’Erario tale ammontare.

Si evidenzia che ad emettere la nota di credito è lo stesso soggetto che si avvantaggia degli effetti economici della variazione in diminuzione (in estrema sintesi inversi a quelli dell’operazione rettificata), con il conseguente rischio di utilizzazioni fraudolente. È, pertanto, per ragioni di cautela fiscale, che il legislatore prevede la possibilità per il cedente o prestatore di emettere una nota di credito solo al ricorrere di determinati presupposti e, nel caso di un sopravvenuto accordo tra le parti, solo entro lo stretto termine di un anno dall’effettuazione dell’operazione.

La tassatività di tali ipotesi è prevista anche dalla normativa comunitaria, laddove l’articolo 90 della Direttiva 2006/112/CE (paragrafi 1 e 2) traccia una chiara distinzione tra i casi di annullamento, risoluzione, recesso e riduzione del corrispettivo ­ per i quali, gli Stati membri hanno l’obbligo di prevedere la riduzione della base imponibile ­ e il caso di mancato pagamento, totale o parziale, del corrispettivo, per cui, al contrario, è consentito agli Stati membri di derogare a tale obbligo, disciplinando eventualmente le condizioni per l’esercizio della riduzione della base imponibile.

La rettifica obbligatoria è espressione del principio generale secondo cui la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto, con la conseguenza che l’Amministrazione finanziaria non può riscuotere a titolo di IVA un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo. La facoltà di deroga riconosciuta nel caso di pagamento, invece, si fonda sull’assunto che, in presenza di talune circostanze ed in ragione della situazione giuridica esistente nello Stato membro interessato, il mancato pagamento del corrispettivo può essere difficile da accertare o essere solamente provvisorio.

Deve dunque negarsi che il contribuente possa procedere all’emissione di note di variazione in diminuzione ai sensi dell’articolo 26, comma 2, del decreto IVA in caso di in ipotesi di scioglimento dei contratti ex articolo 169–bis del R.D. 16 marzo 1942, n. 267.

A cura della Redazione

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