Famiglie italiane ancora sotto shock fiscale
- 14 Gennaio 2020
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
La pressione fiscale delle famiglie italiane, pari al 17,82% del PIL, risulta sostanzialmente stabile (+0,04%) ma non ha ancora assorbito lo shock fiscale del 2012: sono ancora 1,63 i punti da recuperare rispetto all’incremento dovuto alla crisi del debito del 2011. Rispetto ad altri settori dell’economia, in particolare imprese e istituzioni finanziarie, le famiglie hanno subito quasi interamente sulle proprie spalle il peso della crisi. È uno dei dati che emergono dall’Osservatorio economico di CNDCEC e FNC.
Le famiglie italiane non hanno ancora recuperato lo shock fiscale del 2012. È quanto rileva l’Osservatorio economico pubblicato da CNDCEC e FNC, su redditi e pressione fiscale delle famiglie.
A differenza della pressione fiscale generale, che risulta in calo costante dal 2014, la pressione fiscale sulle famiglie, stabile nel 2013 (-0,08 punti di PIL), si è incrementata ulteriormente nel 2014 (+0,22%) e nel 2015 (+0,30%), per poi riprendere a ridursi nel 2016 (-0,46 punti) e nel 2017 (-0,17 punti di PIL) fino a stabilizzarsi nel 2018 e nel 2019.
L’andamento differente rispetto a quella generale è dovuto dall’incremento del gettito IMU/TASI, delle addizionali IRPEF e dei contributi sociali a carico delle famiglie, controbilanciato dal calo del gettito IRES e IRAP e dalla stazionarietà dei contributi sociali a carico dei datori di lavoro.
“La riduzione della pressione fiscale registratasi negli anni successivi al picco del 2012”, ha commentato il presidente CNDCEC Massimo Miani, “ha prodotto risultati asimmetrici rispetto alle diverse platee di contribuenti. C’è stato un saldo positivo per le imprese con una buona base occupazionale, per le quali è stato possibile fruire a pieno dei positivi interventi su IRAP, IRES e contributi sociali. Per i lavoratori dipendenti a basso reddito, che hanno potuto bilanciare l’inasprimento della tassazione locale con il “bonus 80 euro”, il saldo è invece più o meno in pareggio. Saldo tendenzialmente negativo, infine, per pensionati, lavoratori autonomi e ceto medio in generale che ha subito l’inasprimento della tassazione locale senza alcuna apprezzabile contropartita, al netto della esenzione della prima casa dall’IMU”.
Secondo Miani, “si tratta ora di insistere nello sforzo di riduzione del carico fiscale, dando però la giusta priorità a interventi mirati verso chi è stato sino ad oggi più trascurato, in primo luogo le famiglie”.
“L’auspicio”, conclude Miani, “è che il Governo possa ampliare l’intervento agendo direttamente sulle aliquote IRPEF, così da estenderne il beneficio a tutte le famiglie italiane e non solo a quelle il cui reddito proviene prevalentemente da lavoro dipendente”.
Gli scenari futuri
Attraverso la riduzione del cuneo dei lavoratori dipendenti, la legge di bilancio 2020 avrà un impatto positivo sulla pressione fiscale delle famiglie sebbene in maniera contenuta, pari allo 0,17% del PIL che salirà a 0,28 punti nel 2021.
Anche ipotizzando la trasformazione in detrazione fiscale del bonus 80 euro del 2015, equivalente a 0,5 punti di PIL, non si rientrerebbe comunque del tutto dallo shock fiscale del 2012.
Redditi medi familiari
L’Osservatorio economico analizza anche l’andamento dei redditi medi familiari, evidenziandone una crescita continua dal 2015. In particolare, nel 2017, il reddito medio netto familiare è risultato pari a 31.393 euro, superando per la prima volta il livello pre-crisi di 30.502 euro del 2009.
Sempre significative le differenze territoriali, con il livello più basso al Sud (25.415 euro) e il più alto nel Nord-ovest (35.386 euro).
Rispetto alla composizione del nucleo familiare, la ripresa manifestatasi nel triennio 2015-2017 ha favorito i nuclei più piccoli, mentre quelli più numerosi, in particolare quelli con cinque e più componenti, hanno fatto registrare addirittura un calo.
A cura della Redazione