Con la riforma del titolo V della seconda parte della Costituzione il nostro ordinamento ha prefigurato un diverso ordine di rapporti tra gli enti che costituiscono la Repubblica attribuendo alle
Regioni una
più ampia autonomia di quella sino ad allora accordata anche alla luce della diversa articolazione della potestà legislativa loro attribuita. Il tema centrale dell’autonomia regionale è stato negli ultimi decenni quello del
federalismo fiscale, la cui attuazione, già disposta con la
legge delega n. 42/2009, è avvenuta solo in parte, in quanto il processo volto alla compiuta affermazione dei principi ad esso sottesi è stato caratterizzato da ritardi, incertezze, soluzioni parziali e reiterati differimenti come fa notare l’ultima Relazione della Commissione Parlamentare per l’attuazione del Federalismo fiscale, approvata il 15 dicembre 2021.
La riforma del sistema fiscale delle Regioni a statuto ordinario è stata rinviata più volte e da ultimo la legge di Bilancio 2023 (
art. 1, comma 788,
legge n. 197/2022) ha differito l’attuazione del federalismo fiscale al 2027, o al 2026, nel caso si dovessero realizzare le condizioni previste per la sua attuazione.
Il quadro generale in cui si inserisce la legge delega
La fiscalità regionale è oggi imperniata principalmente sul gettito IRAP, sull’addizionale IRPEF e sulla c.d. tassa automobilistica mentre gli altri tributi “minori” – l’addizionale regionale all’accisa sul gas naturale (ARISGAM) e il tributo speciale il deposito in discarica dei rifiuti – costituiscono solo una piccola parte dell’intero gettito tributario.
Occorre poi evidenziare come le possibilità di manovra sulla leva fiscale da parte delle Regioni siano limitate essendo i prelievi fondati su norme statali e quindi non modificabili autonomamente dalle Regioni. La potestà impositiva è quindi delineata all’interno delle leggi di imposta definite dallo Stato che consentono non sostanziali spazi di manovra anche in relazione alla gestione degli aspetti amministrativi quali riscossione, rimborsi, recupero della tassa e l’applicazione delle sanzioni.
Ulteriore aspetto da considerare è poi l’approvazione in questa legislatura del disegno di legge che provvede alla definizione dei “principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” ai sensi dell’
art. 116, comma 3, Cost che pure incide sulla potenziale differenziazione fiscale e sul quale è stato acquisito il parere della Conferenza unificata (il testo è all’esame del Senato al momento della redazione di questo articolo – AS 615).
Le previsioni della legge delega
L’
art. 13 della legge delega n. 111/2023 (re-introdotto al Senato) reca i principi e i criteri direttivi per l’attuazione della delega con riferimento ai
tributi regionali prevedendo, nell’ambito dell’attuazione delle disposizioni dell’
art. 119 Cost., una revisione del
D.Lgs. n. 68/2011 che disciplina il federalismo fiscale regionale.
L’intento della delega è di procedere a una razionalizzazione delle procedure e delle modalità applicative necessarie ad assicurare la completa attuazione dei principi in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario.
L’impianto complessivo predisposto dal legislatore punta ad assicurare gradualmente l’attuazione della riforma prevedendo disposizioni che hanno un orizzonte di attuazione di lungo e di breve periodo. Partendo tuttavia da un assunto potenzialmente lesivo dei principi, quello di non rivedere in toto il complessivo sistema ma di limitarsi a modifiche di un sistema sì già approvato ma ancora in gran parte inattuato.
Le previsioni di lungo periodo
Le previsioni di maggior interesse programmatico si rinvengono nella lettera b) dell’art. 13, laddove è prevista la razionalizzazione dei tributi regionali. Tali previsioni si fondano su due pilastri.
Il primo è costituito dalla previsione della modifica e, ove necessario, dell’abrogazione nonché dell’eventuale trasformazione di alcuni tributi propri derivati in tributi propri regionali, ovvero in tributi regionali dotati di maggiore autonomia.
Questa previsione non può che essere principalmente riferita all’
IRAP già oggetto di principi e criteri direttivi dettati dall’
art. 8 della legge delega volti al graduale superamento del prelievo con i quali il legislatore dovrà confrontarsi nella concreata rivisitazione della fiscalità regionale. In effetti le previsioni di questo punto appaiono in qualche modo
stridenti con i principi sanciti nel richiamato art. 8, dal momento che le previsioni ivi contenute andrebbero in maniera evidente a impattare sugli spazi di autonomia che invece la delega vuole attribuire alle Regioni.
Il secondo è rappresentato dalla semplificazione degli adempimenti e degli altri procedimenti tributari, anche attraverso l’eventuale attribuzione alle regioni della facoltà di disciplinarli con proprie leggi, prevedendo altresì l’estensione dell’accertamento esecutivo e delle forme proprie di definizione agevolata, attuabili anche sotto forma di adesione a quelle introdotte per le entrate erariali.
La previsione della delega è sicuramente apprezzabile e colma il disallineamento procedimentale oggi esistente. Tuttavia, sotto questo profilo forse sarebbe auspicabile una disciplina comune ed unitaria dell’accertamento esecutivo applicabile a tutte le entrate da qualunque ente siano amministrate.
Ciò in quanto la posizione soggettiva del contribuente di fronte al debito di imposta, sia esso statale, regionale, provinciale o comunale, è la medesima. Nello spirito della delega di semplificare e di razionalizzare allora, nell’attuazione dei principi il legislatore delegato dovrebbe fare tesoro della disciplina dell’accertamento esecutivo erariale, di quel poco di dibattito intercorso per quello provinciale e comunale e trarre una disciplina unica che poi preveda piccoli interventi specifici per l’adattamento ai diversi contesti normativi. Certo non è pensabile e nemmeno auspicabile che possano permanere, a seguito di una rivisitazione complessiva dell’intero sistema fiscale, rilevanti differenziazioni nel trattamento di medesime fattispecie solo in ragione del diverso strumento di gestione o di riscossione utilizzato.
Stesso criterio sembra essere ben più marcato invece per quanto riguarda la definizione alle forme proprie di definizione agevolata, su cui un meccanismo uniforme a regime non solo è auspicabile ma anche necessario per garantire la tenuta costituzionale della norma e scongiurare potenziali violazioni di diritti fondamentali.
Le previsioni di breve periodo
Le esigenze di attuare, da subito, una
maggiore autonomia regionale si concretizzano nell’assicurare la cd.
fiscalizzazione dei trasferimenti soppressi provvedendo alla rimodulazione dei meccanismi di intervento e ricorrendo a fonti di finanziamento alternative rivedendo le norme del
D.Lgs. n. 68/2011.
In questa prospettiva viene definita la necessità di dare attuazione al principio di territorialità delle entrate attraverso l’attribuzione, sulla base di specifici criteri, alle Regioni a statuto ordinario di
somme a titolo di compartecipazione regionale all’IVA e di somme derivanti dal recupero dell’evasione fiscale. Si tratterà quindi di ridisegnare le disposizioni di cui all’
art. 9, comma 2,
D.Lgs. n. 68/2011 che attribuiscono alle Regioni una quota del gettito riferibile al concorso della regione nella attività di recupero fiscale in materia di IVA, commisurata all’aliquota di compartecipazione. Le modalità di condivisione degli oneri di gestione della predetta attività di recupero fiscale sono oggi disciplinate con specifico atto convenzionale sottoscritto tra Regione ed Agenzia delle Entrate.
Le previsioni della delega poi prevedono anche uno specifico regime transitorio nelle more della ridefinizione della compartecipazione regionale all’IVA funzionale al finanziamento della spesa sanitaria sostenuta dalle Regioni stabilendo, in continuità con le disposizioni vigenti, che l’aliquota di compartecipazione sia fisata, a livello nazionale, annualmente con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerazioni conclusive
Dall’analisi del testo emergono criteri certo importanti ma non sufficienti ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi che la delega avrebbe dovuto mirare a raggiungere, anche in considerazione della necessità di armonizzare il disposto della delega ai principi dettati dalla
legge n. 42/2009.
Data anche la rilevanza istituzionale delle Regioni, derivante dalle attribuzioni costituzionali e dalle funzioni svolte, sarebbero state auspicabili previsioni volte a favorirne la partecipazione agli indirizzi di politica fiscale, tramite la Conferenza per il coordinamento della finanza pubblica e a salvaguardare l’attribuzione dei gettiti esistenti.
Manca poi una specifica disciplina che garantisca alle Regioni la
manovrabilità e la
flessibilità dei tributi in termini di gettito attualmente ritraibile a legislazione vigente derivanti dall’eventuale sostituzione degli attuali tributi con sovraimposte /compartecipazioni ai sensi dell’
art. 119 Cost. garantendo anche il ristoro di eventuali perdite di gettito rispetto a quanto previsto dalla legislazione vigente al fine di salvaguardare gli equilibri di bilancio di tutti i livelli di governo.
Su questo aspetto è opportuno ricordare come la
sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2004 ha sancito che, in attesa della piena attuazione dell’
art. 119 Cost., se da un lato non è ammissibile l’esercizio di facoltà regionali in assenza della normativa di coordinamento nazionale, dall’altro vale il divieto di procedere in senso inverso da quanto previsto dall’art. 119, riducendo spazi di autonomia regionale già riconosciuti dalla legge statale vigente. E su questo punto le Regioni in sede di audizione hanno rimarcato la necessità di un approfondimento per l’utilizzo di un modello riferibile a compartecipazioni in quanto non sarebbe applicabile la manovrabilità e la flessibilità fiscale richiesta e il ruolo delle Regioni verrebbe assolutamente azzerato.
Altra carenza è quella della previsione di
meccanismi perequativi in conformità o a migliore specificazione dei principi dell’
art. 8,
legge n. 42/2009.
Del tutto assenti poi le previsioni relative allo sviluppo dell’
interoperabilità delle banche dati del sistema informativo della fiscalità per la gestione e l’accertamento dei tributi di cui invece si è occupato l’
art. 7, comma 1, lettera b),
legge n. 42/2009.
Insomma, il passaggio da una finanza derivata a una finanza autonoma sembra essere avviato.
Tuttavia, nel corso della definizione della delega si auspica possano essere maggiormente considerate le interrelazioni normative esistenti al fine di evitare duplicazioni di principi e possa essere attuata una efficace ed efficiente riorganizzazione della potestà fiscale attribuita alle Regioni.
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