I nuovi regimi fiscali di favore destinati agli enti non profit e alle imprese sociali dovranno essere compatibili con le regole del mercato unico e della concorrenza. E a quasi tre anni dall’entrata in vigore del Codice del Terzo settore, la richiesta di autorizzazione a Bruxelles non è ancora partita
di Valentina Melis
In arrivo il Registro unico per gli enti del terzo settore
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Il vaglio della Commissione europea sulla riforma del Terzo settore non sarà un passaggio solo formale. Rischia, anzi, di essere una porta stretta perché, per entrare in vigore, i nuovi regimi fiscali di favore destinati agli enti non profit e alle imprese sociali dovranno essere riconosciuti compatibili con le regole del mercato unico e della concorrenza. Pur con le deroghe previste per le materie sociali.
A questa partita esterna per il debutto effettivo della riforma se ne aggiunge una più interna, legata all’affidamento dei servizi sociali – come l’assistenza agli anziani e ai disabili – al non profit da parte della Pa. La riforma del Terzo settore prevede, infatti, un regime “concessorio” che si affianca a quello più tradizionale degli appalti. Su questo punto c’è un dibattito in corso: il?Codice del Terzo settore non contiene infatti una norma di coordinamento con il?Codice degli appalti. Il rischio è che la mancanza di una linea interpretativa condivisa su questo punto, possa portare a ricorsi sull’affidamento dei servizi tra imprese ed enti del Terzo settore, o anche tra gli stessi Ets, sui criteri di accreditamento.
L’esame della Ue A quasi tre anni dall’entrata in vigore del Codice del Terzo settore e della riforma dell’impresa sociale (Dlgs 117 e Dlgs 112 del 3 luglio 2017), la richiesta di autorizzazione a Bruxelles per i nuovi regimi fiscali agevolati degli enti non profit non è ancora partita dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Il ministero fa sapere che proseguono i lavori del tavolo di coordinamento con il ministero dell’Economia, l’agenzia delle Entrate e il dipartimento delle Politiche europee che è stato costituito per mettere a punto il dossier da inviare alla Commissione europea. La direzione generale del Terzo settore aggiunge che «su input del tavolo il nostro ministero sta elaborando un documento di analisi delle attività di interesse generale esercitabili dagli enti del Terzo settore, alla luce della normativa eurounitaria in tema di aiuti di Stato».
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Il primo punto sotto esame è dunque il ventaglio delle attività di interesse generale che possono essere esercitate dagli enti del Terzo settore, che sono ben 26, rispetto alle 12 che erano previste per le Onlus dal Dlgs 460/1997. Le “nuove” attività ammesse spaziano dalle prestazioni sanitarie al turismo, dalla formazione professionale alla radiodiffusione, dall’accoglienza umanitaria e integrazione dei migranti alla tutela del patrimonio culturale e dell’ambiente. Tutto questo è coerente con la valorizzazione del ruolo e della partecipazione degli enti non profit che il legislatore ha voluto introdurre con il Codice del Terzo settore, ma le agevolazioni riconosciute a questo mondo vanno conciliate con le norme europee a tutela del mercato interno e della concorrenza, perché negli stessi settori operano anche imprese profit.