Il bilanciamento di diritti non è rispettato

l’analisi

In manovra un articolo che consente alle Entrate e alla Gdf un utilizzo più ampio dei dati presenti nell’anagrafe dei conti

di Benedetto Santacroce


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3′ di lettura

Privacy sotto tiro. In nome della prevenzione e del contrasto all’evasione fiscale l’articolo 86 della manovra introduce un’ulteriore limitazione al diritto di riservatezza del contribuente, consentendo all’agenzia delle Entrate e alla Guardia di finanza un più ampio utilizzo dei dati contenuti nell’anagrafe dei conti. In particolare, si consente all’amministrazione finanziaria, allo scopo di individuare criteri di rischio utili per far emergere posizioni da sottoporre a controllo o al fine di incentivare l’adempimento spontaneo, di elaborare e incrociare i dati ottenuti dagli intermediari finanziari con le altre banche dati di cui dispone. L’attività mirata non si limita a individuare tramite le informazioni delle anomalie generiche, ma consente, attraverso una profilazione, di identificare specifiche posizioni da sottoporre a successivi controlli.

Prevalente il contrasto all’evasione fiscale
La norma, almeno sul piano formale, concede questi ulteriori poteri inserendo, all’articolo 2-undecies del codice della privacy la previsione che i diritti del singolo contribuente possano essere limitati qualora il loro esercizio possa determinare un pregiudizio effettivo e concreto alle attività di prevenzione e contrasto all’evasione fiscale. In questo modo il legislatore sacrifica ulteriormente il diritto della riservatezza dei dati “finanziari e bancari” del contribuente per scopi di controlli antievasione, andando al di là della norma originaria (il Dl 201/2011), che ammetteva una deroga a tali diritti solo per realizzare un’analisi del rischio del tutto anonima.

A dire il vero, a protezione della posizione individuale la norma chiede che le attività di ricerca possano essere fatte previa “pseudonimizzazione” dei dati personali utilizzati. La pseudonimizzazione consente di trattare i dati personali in modo tale che non possano più essere attribuiti a un interessato specifico senza l’utilizzo di informazioni aggiuntive, a condizione che queste ultime siano conservate separatamente e soggette a misure tecniche e organizzative in modo da non poterle attribuire a una persona fisica identificata o identificabile.

Attraverso questa procedura verrebbero – nelle intenzioni della nuova norma – rispettati gli stretti criteri fissati dall’articolo 23 del Gdpr (il regolamento europeo sulla privacy), che consente una compressione dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo solo se si tratta di una misura necessaria e proporzionata per salvaguardare importanti obiettivi di interesse pubblico generale. Nel caso previsto dalla manovra, l’interesse pubblico da salvaguardare sarebbe la lotta all’evasione. È proprio su questo punto che la nuova disposizione sembra non essere del tutto rispettosa dei principi espressi dal Gdpr.

Limitazione solo se necessaria
In particolare, la disposizione europea pretende che lo Stato membro non solo operi un corretto bilanciamento dei diritti costituzionalmente protetti interessati dalla misura che si vuole adottare (nel caso di specie il diritto del contribuente alla riservatezza personale e il diritto dello Stato al rispetto del principio di capacità contributiva) garantendo una proporzionalità della misura di compressione dei diritti in gioco, ma richiede che la limitazione abbia carattere di necessità per salvaguardare l’attività di prevenzione e contrasto all’evasione fiscale.

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