Il Comitato IVA fissa le linee guida per il trattamento fiscale degli NFT

Il 21 marzo 2023 è stato pubblicato il Working Paper n. 1060 del Comitato IVA dell’UE in merito alla questione dei token non fungibili (NFT). L’elaborato del Comitato è il primo documento politico a livello dell’UE sul tema del trattamento IVA da applicare agli NFT.

In particolare, la questione di maggior impatto affrontata dal Comitato è la seguente: cosa sono gli NFT, beni o servizi? Titoli delle proprietà, buoni, vendite combinate o servizi digitali? Da questo dipende il regime fiscale da applicare.

Le risposte sono nette: la categorizzazione come un bene o un servizio, oppure un titolo di proprietà dipendono dalla condizione e dalla transazione e dalla stessa origine del token. E come in alcuni casi si può già escludere l’applicazione dell’IVA in altri casi è invece possibile. Fornite anche le indicazioni sulla base imponibile e sul luogo cui collegare i diritti eventuali di tassazione degli NFT.

NFT all’attenzione del fisco

NFT è l’acronimo di Non Fungible Token che in italiano significa gettone non copiabile ossia qualcosa di unico che non può essere sostituito da altro. Ad esempio, una criptovaluta può essere scambiata con un’altra criptovaluta mentre un’opera di arte è unica e quindi non fungible.

Passiamo ai dati. Si prevede che il fatturato del segmento NFT raggiunga 1.600 miliardi di dollari a fine 2023, mentre il tasso di crescita annuale dovrebbe attestarsi al 18,55% nel prossimo quinquennio, per un totale previsto di oltre 3.000 miliardi di dollari per il 2027. Il fatturato medio per utente nel segmento NFT ammonta a 114.000 dollari nel 2023.

Da una prospettiva di confronto globale, si evince che le entrate più elevate, per singolo utente, sono raggiunte negli Stati Uniti, 781.000 dollari nel 2023. Ad ogni modo, il segmento di mercato degli NFT è stimato coinvolgere quasi 20 milioni di utenti nel 2027. In tale quadro, anche in Europa gli NFT stanno crescendo, di fatto producendo una nuova forma di asset patrimoniali.

I confini delle operazioni e delle transazioni da vagliare

Il Working Paper fissa da subito l’ampiezza delle operazioni fiscalmente rilevanti. Le transazioni chiave legate agli NFT, il cui trattamento IVA dovrebbe essere considerato, sono le seguenti:

– creazione e caricamento di NFT su un libro mastro digitale, noto come “minting”;

– acquisto e vendita di NFT, noto come “trading”;

– NFT come ricompensa, ovvero “guadagno”.

Ogni transazione collegata a un NFT può essere soggetta a un diverso trattamento IVA. Inoltre, l’analisi delle implicazioni IVA dovrebbe includere le seguenti fasi: qualifica dell’eventuale prestazione imponibile e accertamento se la fornitura rientri effettivamente nell’ambito di applicazione dell’IVA, vale a dire se è una fornitura di beni o servizi o una fornitura effettuata a titolo oneroso, oppure, se si tratta di una cessione effettuata da un soggetto passivo che agisce in quanto tale. A questo punto si dovrà verificare se tale operazione deve essere tassata o esentata. C’è poi una terza ipotesi, che esenzione e tassazione possano convivere. Resta il fatto, come il documento di lavoro spesso ripete, che resta dirimente fissare la natura delle operazioni con NTF come bene o servizio.

Cosa sono gli NFT, beni o servizi? Dipende dai casi

Il Comitato IVA è piuttosto chiaro sull’essenza fiscale degli NTF.

L’opinione maggioritaria considera gli NFT come servizi elettronici. Tuttavia, per quanto corretta questa qualifica possa essere per alcuni NFT, non può essere generalizzata a tutti. I confronti reali delineano diverse possibilità riguardo all’oggetto dell’operazione ed è chiaro che per determinarlo è necessaria una valutazione caso per caso se la fornitura di NFT è una transazione in beni o servizi dal punto di vista dell’IVA e per accertarne il trattamento IVA.

Non esiste dunque una definizione omnicomprensiva e predeterminata. Infatti, riguardo i servizi digitali, gli NFT sono a tutti gli effetti una tecnologia correlata al registro digitale e come tale una fornitura NFT può esserlo solo seguita su Internet e richiede solo un intervento umano minimo.

Inoltre, nel caso in cui l’asset di un NFT sia di natura digitale, la sua fornitura fornisce al destinatario un accesso e un certo diritto su quella risorsa digitale. Questo corrisponde alla definizione di un servizio elettronico.

Resta però la domanda se un NFT possa essere paragonato a un titolo di proprietà. Essendo un NFT un record digitale, esso costituisce una prova del possesso del bene esattamente come un titolo di proprietà. Pertanto, un NFT può essere paragonato a un titolo di proprietà.

La conseguenza nel caso in cui un NFT sia considerato un mero mezzo, o prova, del trasferimento del diritto del proprietario di disporre del bene, come un certificato notarile, sarebbe che il trattamento IVA dell’operazione si basa sulla natura del bene in questione. Quella risorsa potrebbe allora essere un bene o un servizio. Dunque, le norme IVA applicabili normalmente al trasferimento beni/servizi troverebbero spazio anche in questi casi.

Lo stesso ragionamento, estremamente flessibile e indicativo caso per caso è utilizzato per definire gli NTF come “buoni” o “voucher” e nei casi di “fornitura composita” quando più elementi, che possono essere beni, servizi o entrambi fanno parte della medesima fornitura.

In linea di principio, ogni elemento è soggetto a IVA di per sé. Tuttavia, se uno degli elementi all’interno dell’offerta composita può essere considerato come principale, mentre il resto lo è solo come accessorio, allora si applica un trattamento IVA speciale.

Le transazioni NTF fuori dall’IVA

Per le transazioni la presenza e l’applicazione dell’IVA non è in discussione. Eccetto nel caso seguente. È infatti possibile rinviare il conio di un NFT fino a quando non viene venduto per la prima volta (questo è indicato come “lazy token”). Un NFT pigramente coniato non viene scritto sul libro mastro digitale fino a quando qualcuno non lo acquista, a quel punto viene trasferito al portafoglio digitale dell’acquirente. Il lazy conio viene utilizzato dai creatori per evitare il prefinanziamento dei costi di conio poiché in tali circostanze il pagamento dell’eventuale canone è differito fino all’effettivo effettuarsi del conio. Questo tipo di token non si basa sulla tecnologia dell’informazione poiché non coinvolge tutto il processo di caricamento dell’NFT sul libro mastro digitale. Questo servizio consiste semplicemente nella concessione di un’autorizzazione a coniare un NFT in un secondo momento. Non è quindi un servizio fornito elettronicamente. Nella maggior parte dei casi non vi è alcuna considerazione nella fornitura di un tale conio. Nessuna tassa è dovuta per la fornitura di un’autorizzazione di lazy token e l’acquirente di un NFT paga un prezzo coprendo il costo del solo conio. Pertanto, tale tipologia di NFT non rientra nel campo di applicazione dell’IVA.

I sistemi di conio fuori campo fiscale

Questa prima riflessione sulle transazioni di NFT rivelano un ostacolo significativo lungo la strada per considerare i servizi di conio all’interno del campo di applicazione dell’IVA. Questo ostacolo è causato dalla specificità del mercato che rende il rapporto giuridico debole se non del tutto esistente. Poiché l’IVA è intesa come una grande imposta di base, questo tipo di ostacolo non sembra in linea con lo scopo ad esso assegnato. Dovrebbe quindi ritenersi necessario ripensare la definizione di corrispettivo ai fini IVA alla luce dell’evoluzione degli schemi del fare business o affari.

Gli NFT mettono a nudo questa problematica. 

Come determinare la base imponibile?

Se un venditore riceve criptovaluta in cambio di una transazione NFT, il valore del la criptovaluta deve essere convertita nella valuta dello Stato membro in cui la fornitura ha luogo al momento della vendita. Tuttavia, alcuni problemi possono sorgere a causa della natura decentralizzata e globale delle criptovalute che innescano incertezza intorno al mercato dei cambi e il tasso di riferimento da utilizzare come riferimento.

Per aggirare i problemi di cui sopra, si potrebbe concordare che il tasso di riferimento da applicare per la conversione del prezzo pagato in criptovaluta in fiat corrisponda a quello della piattaforma che ospita il portafoglio del venditore utilizzato per la ricezione del pagamento della NFT. 

Dove tassare gli NFT?

Il luogo di fornitura di un NFT e il relativo potenziale guadagno dipende dalla sua qualifica IVA e dallo stato imponibile delle parti. Una volta definite tali variabili ne deriva il luogo, lo Stato e la giurisdizione cui imputare la tassazione.

Conclusioni

Il documento di lavoro evidenzia che nei casi play-to-earn, quando il giocatore riceve l’NFT come ricompensa per aver giocato, stabilire un collegamento diretto tra gli NFT guadagnati e l’importo pagato dai giocatori per entrare nel gioco online non è automatico. Pertanto, la possibilità di un collegamento diretto sembra remota considerando che non esiste (probabilmente) alcuna relazione tra il valore dell’NFT guadagnato e l’importo pagato per giocare.

Analogamente, nel caso della negoziazione degli NFT, mentre in linea di principio la vendita sarebbe soggetta all’IVA a seconda della sua caratterizzazione, quando le parti sono anonime, non è chiaro determinare se i pagamenti ricevuti da un creatore per la vendita di un NFT possano essere considerati corrispettivi, poiché l’anonimato delle parti può compromettere il riconoscimento di un rapporto giuridico.

Inoltre, quando un individuo vende un NFT su base occasionale, non è chiaro se si qualificherebbe come contribuente ai fini dell’IVA. Nella maggior parte dei casi, una siffatta vendita occasionale non renderebbe un individuo un contribuente ai fini dell’IVA in via automatica. Tuttavia, quando i termini degli NFT prevedono che il venditore riceverà delle royalties ogni volta che l’NFT è rivenduto, il venditore può qualificarsi per questa vendita iniziale da solo come contribuente ai fini dell’IVA. Il documento di lavoro osserva inoltre che se un venditore riceve criptovaluta in cambio di una transazione NFT, possono sorgere alcuni problemi a causa della natura decentralizzata e globale delle criptovalute che innescano incertezza sul mercato dei cambi e sul tasso di riferimento da utilizzare come riferimento. In sostanza, per le transazioni vale la stessa regola “caso per caso” applicata alla definizione concettuale degli NFT quali servizi digitali, beni, buoni o titoli di proprietà.

Copyright © – Riproduzione riservata

Fonte