Il Fisco paga 1.000 euro per la cartella mandata da e-mail ignota
- 13 Marzo 2020
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
Notifica insanabilmente nulla: così la Ctp Roma ha respinto le richieste di agenzia delle Entrate-Riscossione
di Ivan Cimmarusti
(vadim yerofeyev – stock.adobe.com)
2′ di lettura
Può l’agenzia delle Entrate-Riscossione (Ader) notificare a un contribuente una cartella esattoriale da una email «ignota»? La risposta – un banale «no» – è stata alla base di un procedimento istruito alla Commissione tributaria provinciale di Roma, che accogliendo il ricorso di una società, ha ricordato come «la notifica della cartella esattoriale» giunta da una email «non riconducibile» all’Ader «è insanabilmente nulla». Fatto per il quale l’Ente ha pagato 1.000 euro per le spese di giudizio.
La vicenda
Tutto ruota attorno a un controllo formale su una Srl romana. Ne sarebbe emerso un credito per Irap 2015 che l’Agenzia ha prontamente contestato al contribuente, notificando una email con in allegato la cartella di pagamento.
Eppure qualcosa non sarebbe proprio andato per il verso giusto. La società ha presentato ricorso alla Ctp capitolina, sollevando la nullità della notifica, «perché proveniente da un indirizzo Pec del mittente non riferibile» all’Ader. Non solo: ha sostenuto, tra le altre cose, «che in allegato alla Pec non vi è alcun atto», tanto che ha dovuto chiedere alla Riscossione copia dell’estratto di ruolo e della cartella.
Nella propria memoria di costituzione, l’Ader ha sostenuto una versione contraria, eccependo – tra le altre cose – «l’inammissibilità del ricorso per regolare e rituale notifica della cartella di pagamento».
Le conclusioni
La settima sezione della Ctp (presidente Carlo Lamberti, relatore Gina Antoniani e giudice Daniela Francavilla) ha valutato tutto l’incartamento per sbrigliare una vicenda a tratti grottesca. Per l’Ader non c’è stato scampo. Tra l’altro, come ha stigmatizzato la Commissione, la stessa Agenzia ha fornito addirittura una memoria carente: «La prova dell’avvenuta notifica della cartella – scrivono i giudici – è indisponibile perché» il file allegato alla costituzione «non si apre e, quindi, è come se non fosse stato prodotto».
Ma è stato il merito a dare un affondo. Secondo la Commissione, infatti, «l’eccezione sollevata dalla ricorrente – cioè la società – è fondata, perché come risulta dalla copia notificata prodotta dalla parte, essa notifica è stata spedita da un indirizzo Pec non riconducibile all’agenzia delle Entrate-Riscossione presente nell’elenco ufficiale Ipa (Indice delle pubbliche amministrazioni), ossia protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it, bensì un irrituale ed ignoto indirizzo» di Gmail. La notifica della cartella esattoriale, dunque, «è insanabilmente nulla (nella forma giuridica della nullità), in quanto l’Ente della Riscossione, in qualità di soggetto notificante, non aveva utilizzato la Pec attribuita all’agenzia delle Entrate-Riscossione».
In conclusione, «dai documenti versati in atti – ritiene la Ctp Roma – è emerso il fatto storico inconfutabile che la cartella di pagamento è stata trasmessa da un indirizzo Pec differente da quello contenuto nel pubblico registro Ipa per la notifica dei provvedimenti esattivi di natura tributaria». Uno scenario in aperto contrasto con la normativa, che impone alla Riscossione di notificare le cartelle a società e professionisti solo tramite Pec.