Alle elezioni europee del prossimo 8 e 9 giugno saranno interessati dal voto anche contribuenti che forse spendono ordinariamente per consumi e investimenti qualcosa in più rispetto al reddito che dichiarano e quando allora una questione tributaria rischia di urtare la sensibilità politica di milioni di elettori in campagna elettorale può finire come è finita: il
D.M. 7 maggio 2024, già in G.U. del 20 maggio, è stato sospeso per “
ulteriori approfondimenti” con atto di indirizzo del Ministero dell’Economia e delle finanze del 23 maggio.
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Del nuovo “redditometro”, quindi, se ne riparlerà (forse) un po’ più in là e dovremo ancora attendere l’attuazione definitiva della
riforma fiscale (come recita il citato atto di indirizzo ministeriale) per rivedere nel sistema dell’accertamento quel controllo sulla base del quale se il reddito dichiarato da un contribuente si discosta, anche per un solo periodo d’imposta, rispetto a quello accertato, quel contribuente dovrà fornire qualche
giustificazione su tali comportamenti di spesa.
Quale scenario allora si profila per i prossimi mesi?
In realtà, a ben vedere, è solo la componente redditometrica dell’accertamento sintetico a risultare temporaneamente paralizzata per un approfondimento politico ma, anche a voler ammettere che possa bastare un atto di indirizzo a neutralizzare gli effetti giuridici di un D.M. già pubblicato in Gazzetta Ufficiale, alla luce di un simile quadro politico ovviamente l’Agenzia delle Entrate non avvierà di certo iniziative istruttorie di accertamento in materia, almeno ai sensi del comma 5 dell’
art. 38 del
D.P.R. n. 600/1973.
Tuttavia, ai sensi del precedente comma 4 dello stesso
art. 38 essa comunque ben potrebbe “
determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle
spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta”. Quindi, ad esempio, investimenti immobiliari, ma anche sottoscrizione di aumenti di capitale sociale, acquisto di autovetture, natanti e così via, se risultassero di
entità incompatibile con il reddito dichiarato potrebbero essere sinteticamente accertabili, in quanto
spese effettive.
In altri termini, non appena con uno dei prossimi decreti legislativi attuativi della delega fiscale (
legge 9 agosto 2023, n. 111) fosse modificato il contenuto normativo del comma 5 dell’
art. 38,
D.P.R. n. 600/1973, il
redditometro sarà
rigenerato con una versione che conterrà anche una
imputazione di matrice statistica di alcune spese rilevanti per far nascere un modello induttivo meglio capace di coniugare teoria e realtà quotidiana, ma un
accertamento sintetico, innescato dalle spese effettive sostenute dal contribuente,
è già possibile.
La storia del redditometro
Dal punto di vista storico, lo spettro della parola “redditometro” origina fin dal cd. “modello lunare” (il modello 740/94 – Redditi 1993 -, che fu addirittura un tema del discorso di fine anno dell’allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, n.d.r.), ricco di indici ministeriali derivanti dal
D.M. 10 settembre 1992.
Esso imputava spese del tutto svincolate dalla realtà e il mero possesso di auto, di un cavallo o la detenzione di un immobile di metratura neanche troppo elevata attribuiva spesso un reddito assolutamente inconferente con la realtà, mentre il pagamento delle rate di mutuo ipotecario per l’abitazione principale trasformava spesso in evasori e nababbi per il Fisco anche contribuenti sostanzialmente fedeli.
Quando quel tipo di redditometro entrava in funzione e imputava reddito asseritamente non dichiarato, il contribuente soggiaceva a una presunzione legale relativa e, o dimostrava di avere fonti di reddito coerenti con quanto presunto da quel meccanismo infernale, o soccombeva di fronte a granitica e consolidata nel tempo giurisprudenza di legittimità.
Si tentò allora di riparare a questa vera e propria gogna fiscale con il
D.L. n. 78/2010, con il quale venne introdotto un “
doppio contraddittorio” a
tutela del contribuente e venne poi emanato il
D.M. 24 dicembre 2012, aggiornato dal
D.M. 16 settembre 2015, con una versione del “nuovo” redditometro assai più ragionevole.
Mentre, però, ci si stava avvicinando a un sistema di accertamento che consentisse davvero di stanare l’evasione fiscale sulla base di comportamenti di spesa effettivi, più che calcolati su basi induttive, arrivò il
D.L. n. 87/2018, che ha
paralizzato fino ai giorni nostri
l’utilizzo dell’odierno redditometro da parte degli Uffici.
Quali scenari per il futuro?
Il
decreto del 7 maggio 2024 puntava allora a reintrodurlo con la novità di un riferimento induttivo a
minime “
soglie di sussistenza” e a
standard di vita minimi per alimentari, abbigliamento e calzature, ma il Vice Ministro
Leo aveva purtroppo trascurato che in campagna elettorale non è così semplice poter chiedere a un cittadino elettore di dimostrare che, se mette insieme pranzo e cena, dorme in un letto caldo e al mattino si veste ed esce di casa con un’auto, dovrebbe presentare una dichiarazione dei redditi diversa da zero e dovrebbe essere in grado di dimostrare di non aver finanziato quelle spese solo con l’aria che respira.
Ma se ne parlerà (forse) solo un po’ più in là.
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