Il tempo “eterno” degli accertamenti finisce. La delega fiscale restituisce una misura equa e doverosa

Il procedimento di accertamento, contenuto nella datata (cinquantennale) disciplina del D.P.R. n. 600/1973, è oggetto di revisione nel Ddl delega di riforma tributaria (art. 17) in corso di esame da parte del Parlamento. Il legislatore intende adottare misure di semplificazione che tengano conto, in primo luogo, dell’evoluzione delle tecnologie digitali che possono ridurre gli oneri amministrativi degli adempimenti dei contribuenti. Esse devono anche garantire il diritto a partecipare al procedimento mediante un contraddittorio concreto e non di facciata.
Tra le diverse innovazioni va qui segnalata quella che, nell’intendimento di assicurare la certezza del diritto tributario, interviene sulla decorrenza del termine di decadenza delle rettifiche degli elementi reddituali ad efficacia pluriennale (quali, a titolo di esempio non esaustivo, gli ammortamenti dei beni strumentali, degli oneri pluriennali, delle spese di manutenzione eccedenti, delle sopravvenienze e plusvalenze rateizzabili, delle perdite di esercizio riportabili, dei bonus e crediti d’imposta a riparto pluriennale, etc.), facendola decorrere dal periodo d’imposta in cui si è generato il fatto presupposto dell’imponibilità.

Si vuole in tal modo garantire ai contribuenti la certezza delle situazioni giuridico-tributarie ed il loro consolidarsi nei termini ordinari di accertamento (normalmente la fine del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione). Evitare la dilatazione dei tempi di accertamento, che si hanno ora per effetto di ormai consolidati orientamenti interpretativi della Cassazione, che permette anche di ridurre gli oneri impropri di natura amministrativa a carico dei contribuenti e più segnatamente delle imprese e dei lavoratori autonomi tenuti alla conservazione delle scritture contabili. Ma la modifica riguarda anche i privati per effetto dell’obbligo di conservare la documentazione relativa a spese portate in deduzione o detrazione in periodi pluriennali, come ad es. i vari bonus dell’edilizia.

Sarebbe stato, però, più appropriato motivare la modifica con l’esigenza del rispetto di un principio di civiltà giuridica per il quale se un onere viene sostenuto in un periodo d’imposta e portato a conoscenza delle autorità fiscali di controllo correttamente, queste devono procedere alla sua disamina per accertarne la correttezza entro i termini di decadenza ordinari. E se non interviene alcuna rettifica, la loro deducibilità ed entità tanto deve ritenersi riconosciuta e non modificabile, tanto se la loro deduzione/detrazione si esaurisca in un solo periodo d’imposta quanto se ne viene eseguita la ripartizione in diversi periodi, per opzione o per obbligo di legge (es. plusvalenze) ovvero per la loro stessa natura (ad es. il costo di acquisizione di beni ammortizzabili). Qualora gli Uffici finanziari vogliano eseguire controlli sulla deducibilità dei componenti reddituali a valenza pluriennale devono attivarsi nei termini ordinari relativi all’anno di sostenimento del componente, così che tale diritto di deduzione/detrazione risulti consolidato oppure rettificato con valenza pluriennale.

L’interpretazione finora applicata ha indotto invece l’Amministrazione finanziaria a dilatare irragionevolmente i tempi di accertamento lasciando in condizioni di incertezza i contribuenti con oneri aggiuntivi di conservazione e gestione dei dati.

E’ sicuramente singolare ma non raro, in ambito fiscale, che sia il legislatore a dover rimediare ad indirizzi interpretativi discutibili della giurisprudenza di legittimità, come nel caso specifico in cui è stata sostenuta la legittimità delle rettifiche adottando termini di decadenza decorrenti da ciascun periodo d’imposta in cui sono conteggiati i ratei di competenza del componenti reddituali. Evidentemente il legislatore non ha voluto cogliere, finora, una delle tante occasioni di emanare norme fiscali con una disposizione di interpretazione autentica che avrebbe dovuto da tempo chiudere l’incertezza interpretativa.

A ribadire la posizione dei giudici di legittimità è intervenuta la sentenza n. 7438 del 15 marzo 2023 in tema di deduzione fiscale, per quote, dell’avviamento generato dall’allocazione del disavanzo di fusione. Secondo tale indirizzo, che riprende la sentenza della Sezioni Unite della Cassazione n. 8500/2021, “qualora la contestazione trovi ragione non nell’errato computo del singolo rateo dedotto, ma nel suo fatto generatore e nel presupposto costitutivo di esso, la decadenza dell’amministrazione finanziaria dalla potestà di accertamento va riguardata, ex art. 43 del D.P.R. n. 600 del 973, in riferimento al termine per la rettifica della dichiarazione nella quale il singolo rateo di suddivisione del componente pluriennale è indicato, e non già al termine per la rettifica della dichiarazione concernente il periodo di imposta nel quale quel componente sia maturato o sia stato iscritto per la prima volta in bilancio”. Ne scaturisce il principio per cui, avendo ogni periodo di imposta una propria autonomia, può quindi verificarsi che per ciascuno di essi possa esserci una rettifica differente se si rivedono, rettificandoli, i presupposti originari per indeducibilità totale o parziale contestata successivamente. Si manifesterebbe, quindi, una situazione di instabilità ed incertezza della posizione tributaria del soggetto verificato, paradossalmente dovuta a diversa impostazione delle ragioni della rettifica riviste da diversi verificatori con sensibilità accertativa differente. Sotto altro profilo ci si chiede se potrebbe coesistere la rettifica eseguita per una annualità con una ulteriore, successiva rettifica incrementale del reddito fondata sugli stessi presupposti, valutati però diversamente. Si è perciò consolidata quella che è stata definita una sorta di “immortalità rettificativa tributaria” se si considerano fattispecie come il riporto illimitato di perdite fiscali o delle eccedenze ROL, in cui i termini di decadenza sono senza limiti, con obbligo di fatto della conservazione “perpetua” delle relative scritture.

Un incubo, dunque!

L’obbligo di conservazione della documentazione fiscale andrebbe perciò ben oltre i limiti ordinari e la distorsione investe anche i privati che spalmano nel tempo deduzioni o detrazioni di bonus/crediti d’imposta a ripartizione pluriennale.

Attendiamo, quindi, l’effetto liberatorio dalle catene del tempo “eterno” di accertamento che verrà disposto dalla riforma fiscale, come misura equa e doverosa.

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