Import parallelo di auto, il cliente ripaga l’Iva evasa
- 3 Ottobre 2019
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
Indagini in tutta Italia su decine di migliaia di casi con fatture false
di Maurizio Caprino
(Adobe Stock)
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Finora sono solo un migliaio le auto la cui carta di circolazione è stata sequestrata per frode Iva. Ma ormai investigatori e agenzia delle Entrate sanno che questa è solo la punta dell’iceberg. È per questo che il settore auto è fra quelli al centro delle attuali strategie antievasione (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) e sarà forse toccato da nuove norme contenute nei prossimi provvedimenti fiscali del Governo. Ma le indagini in corso hanno già posto a Procure, Agenzia e Motorizzazione vari problemi. Ci si chiede soprattutto se i veicoli possano restare bloccati fino a quando gli acquirenti finali saldano l’Iva, nonostante essa sia stata evasa dai commercianti da cui hanno effettuato l’acquisto.
Nel mirino ci sono le vetture usate d’importazione parallela. Ormai sono 130mila all’anno (corrispondenti al 10% del mercato del nuovo), per un giro d’affari che secondo fonti investigative sfiora i 3 miliardi. Quindi il valore medio si aggira sui 23mila euro e testimonia che si tratta spesso di modelli di pregio.
Le indagini in corso riguardano decine di migliaia di esemplari. La sola Guardia di finanza di Pordenone ha indagato su oltre mille vetture, nella prima operazione ormai quasi conclusa che ha mostrato come sia stato aggirato il sistema antifrode avviato nel 2007 dopo le prime denunce, che risalgono a vent’anni fa.
Per evitare le frodi carosello, il sistema inibisce l’immatricolazione se manca il pagamento dell’Iva. Ma prevede tre deroghe: nei casi in cui si applica il regime del margine; per i veicoli presentati come beni strumentali; per quelli che risultano acquistati da privati.
Così molti importatori professionali si sono finti privati, presentando alla Motorizzazione copie falsificate delle fatture estere in cui appare che l’acquirente è un privato. La Motorizzazione non controlla, tanto che in un caso è “passata” anche una pratica nel cui fascicolo c’erano sia l’originale della fattura col nome dell’importatore reale sia la copia alterata col nome di un privato.