Investimenti esteri non dichiarati: qual è l’opzione più conveniente per regolarizzare

Chi

Persone fisiche, enti non commerciali e società semplici ed equiparate (art. 5 TUIR) residenti in Italia che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, compresi coloro che, pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria, siano titolari effettivi dell’investimento stesso.

Cosa

Il CRS (Common Reporting Standard) è una procedura, nata nell’ambito OCSE, che consente lo scambio di informazioni tra i Paesi aderenti, per quanto attiene agli investimenti detenuti e ai redditi (per esempio, interessi, dividendi) conseguiti all’estero dai contribuenti residenti.

Tenuto conto che spesso la possidenza di investimenti all’estero è “schermata” da società di capitale, società fiduciarie o trust, il CRS individua il “beneficiario effettivo” dell’investimento, vale a dire la persona fisica che si cela dietro a tali entità.

A tal fine, sono previsti obblighi di comunicazione da parte degli intermediari autorizzati (banche, società finanziarie, compagnie assicurative), che sono tenuti a identificare i soggetti non residenti nel Paese che richiedono l’apertura di un nuovo conto corrente o che erano già titolari di un conto corrente; i dati comunicati alle competenti Autorità fiscali del Paese vengono poi trasmessi alle Amministrazioni finanziarie dei Paesi di rispettiva residenza dei contribuenti.

I contribuenti italiani che sono oggetto di queste segnalazioni ricevono una comunicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate che indica i dati del contribuente, l’anno d’imposta, la natura e gli importi degli investimenti e dei redditi conseguiti, con l’invito, previo accesso al cassetto fiscale, a correggere errori od omissioni mediante il ravvedimento operoso, presentando cioè una dichiarazione integrativa e versando le maggiori imposte dovute (unitamente a sanzioni e interessi) relative ai redditi esteri non dichiarati ovvero a segnalare eventuali inesattezze delle informazioni ricevute nell’ambito del CRS.
Qualora il soggetto non provveda a regolarizzare la propria posizione o, in alternativa, a fornire chiarimenti che giustifichino l’anomalia, l’Agenzia delle Entrate inizierà un controllo specifico. Qualora a seguito di tale attività l’Agenzia delle Entrate riscontri la presenza di investimenti e/o di redditi non dichiarati procederà all’emissione di avviso di accertamento per il recupero del tributo evaso e l’applicazione di sanzioni e interessi. Qualora la violazione contestata superi le soglie previste dal D.Lgs. n. 74/2000 e, quindi, assuma rilievo penale, verrà inoltrata la segnalazione alla competente Autorità Giudiziaria (si veda, comunque, la circolare 7 maggio 2021, n. 4/E).
I soggetti che detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria a titolo di proprietà o di altro diritto reale, indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione, devono indicare nella dichiarazione dei redditi (quadro RW), ai fini del monitoraggio fiscale e, in ogni caso, ai fini dell’imposta sul valore degli immobili all’estero (IVIE) e dell’imposta sul valore dei prodotti finanziari dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero (IVAFE), la consistenza degli investimenti e delle attività detenute all’estero nel periodo d’imposta (l’obbligo sussiste anche se il contribuente nel corso del periodo d’imposta ha totalmente disinvestito) – art. 4, D.L. n. 167/1990.

Inoltre, in caso di redditi prodotti all’estero e imponibili in Italia, il contribuente deve indicarli nella propria dichiarazione annuale.

La mancata dichiarazione nel quadro RW degli investimenti esteri e delle altre possidenze detenute all’estero è punita con la sanzione amministrativa dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. Se la violazione riguarda attività estere negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato la sanzione va dal 6 al 30 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. Questa sanzione è prevista per la mera mancata o infedele compilazione del quadro RW, a prescindere dal fatto che siano stati prodotti redditi imponibili (dividendi, plusvalenze, etc.).

L’omessa dichiarazione dei redditi prodotti all’estero da parte di oggetti residenti nel territorio dello Stato configura dichiarazione infedele (se la dichiarazione viene comunque presentata, per esempio per i redditi da lavoro o da pensione prodotti in Italia).

Ai fini amministrativi, in caso di dichiarazione infedele si applica la sanzione amministrativa dal 90% al 180% della maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato (art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 471/1997, salve le aggravanti e le attenuanti di cui, rispettivamente, ai commi 3 e 4 della disposizione).

Se la dichiarazione infedele riguarda redditi prodotti all’estero, la sanzione è aumentata di 1/3 (dal 120% al 240%) con riferimento alle imposte o alle maggiori imposte relative a tali redditi.

In deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato (black list) – indicati nel D.M. 4 maggio 1999 e nel D.M. 21 novembre 2001, senza tener conto delle limitazioni ivi previste – in violazione degli obblighi di monitoraggio, “ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tale caso, le sanzioni previste dall’articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono raddoppiate”. Pertanto, nei casi indicati, la sanzione per infedele dichiarazione va dal 180% al 360% (circolare 12 marzo 2010, n. 11, par. 3), senza applicazione, quindi, dell’ulteriore aumento di 1/3, che si considera assorbito dall’aumento del doppio.

Ai fini penali, la dichiarazione infedele (non caratterizzata dalla fraudolenza) è punita con la reclusione da 2 anni a 4 anni e 6 mesi qualora, congiuntamente:

a)  l’imposta evasa sia superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a 100.000 euro;

b)  l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro 2 milioni.

Al fine di valutare se aderire o meno all’invito alla regolarizzazione che proviene dall’Agenzia delle Entrate, occorre considerare anche l’eventuale intervenuta decadenza dell’azione di accertamento (per le violazioni amministrative) o prescrizione (per gli aspetti penali).

Si ricorda che, per le imposte sui redditi, a partire dal periodo d’imposta 2016, gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del 5° anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione (ovvero 31 dicembre del 7° anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata, per i casi di omissione) (art. 43, commi 1 e 2, D.P.R. n. 600/1973).
Per i periodi d’imposta precedenti (2015 e anteriori), gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del 4° anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione (ovvero 31 dicembre del 5° anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata, per i casi di omissione) (art. 1, comma 132, legge n. 208/2015).
In caso di investimenti e attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, per i quali, come detto, opera la presunzione che le attività ivi detenute sono costituite (salva la prova contraria) mediante redditi sottratti a tassazione, i termini decadenziali sono raddoppiati (art. 12, comma 2-bis, D.L. n. 78/2009).

Decadenza del potere di accertamento (dichiarazione presentata) ( x )

Anno d’imposta ( x x )

Paesi white list

Paesi black list

2015

31.12.2020

31.12.2024

2016

31.12.2022

31.12.2027

2017

31.12.2023

31.12.2028

2018

31.12.2024

31.12.2029

2019

31.12.2025

31.12.2030

2020

31.12.2026

31.12.2031

2021

31.12.2027

31.12.2032

2022

31.12.2028

31.12.2033

2023

31.12.2029

31.12.2034

2024

31.12.2030

31.12.2035

( x ) In caso di dichiarazione omessa, i termini relativi al 2015 sono allungati di 1 anno e quelli dei periodi d’imposta successivi di 2 anni.

( x x ) Secondo l’Agenzia delle Entrate, per effetto dell’art. 67, D.L. n. 18/2020, che ha sospeso, tra l’altro, i termini di liquidazione, accertamento, riscossione dall’8 marzo al 31 maggio 2020 (85 giorni) i termini di decadenza relativi alle annualità in corso nel 2020 e non ancora scaduti (si tratta, in pratica, degli anni dal 2015 al 2020) sono prorogati di 85 giorni. Pertanto, i termini decadenziali relativi a queste annualità verrebbero a scadere il 26 marzo (25 marzo in caso di anno bisestile) dell’anno successivo a quello indicato (circolari 6 maggio 2020, n. 11/E, risposta 5.0 e 20 agosto 2020, n. 25/E, risposta 3.10.4).

Per quanto concerne la sanzione amministrativa per la mancata compilazione del quadro RW, l’art. 20, comma 1, D.Lgs. n. 472/1997 stabilisce che l’atto di contestazione ovvero l’atto di irrogazione devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi. Nel caso di Paesi black list, per effetto del raddoppio dei termini, la decadenza si verifica il 31 dicembre del decimo anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione.

Ad esempio

Per la mancata compilazione del quadro RW relativo al periodo d’imposta 2018, poiché la violazione sarebbe commessa nell’anno 2019, la decadenza per l’Amministrazione finanziaria si verificherebbe il 31 dicembre del 2024 ovvero, in caso di Paesi black list, il 31 dicembre del 2029.

Come

Il contribuente deve compilare il quadro RW per assolvere sia agli obblighi di monitoraggio fiscale che per il calcolo delle dovute IVIE e IVAFE.

Inoltre, deve dichiarare i redditi prodotti all’estero imponibili in Italia, assolvendo le relative imposte.

Poiché il quadro riguarda la rilevazione delle attività finanziarie e investimenti all’estero detenuti nel periodo d’imposta, il quadro RW deve essere compilato anche se l’investimento non è più posseduto al termine del periodo d’imposta.

Per gli importi in valuta estera il contribuente deve indicare il controvalore in euro utilizzando il cambio indicato nel provvedimento del direttore dell’agenzia emanato ai fini dell’individuazione dei cambi medi mensili agli effetti delle norme contenute nei titoli I e II del TUIR.

Quando

Se il contribuente è obbligato alla presentazione del modello Redditi Persone Fisiche, il quadro RW deve essere presentato unitamente a detto modello.

Nei casi di esonero dalla dichiarazione dei redditi o qualora il contribuente abbia utilizzato il modello 730, il quadro RW, per la parte relativa al monitoraggio, deve essere presentato con le modalità e nei termini previsti per la dichiarazione dei redditi unitamente al frontespizio del modello redditi persone fisiche debitamente compilato (in tal caso il quadro RW costituisce un “quadro aggiuntivo” al modello 730).

Calcola il risparmio

Le comunicazioni CRS che pervengono dall’Agenzia delle Entrate invitano il contribuente a regolarizzazione la propria posizione mediante ravvedimento operoso.

Tuttavia, il soggetto può anche valutare la possibilità di attendere l’accertamento dell’Ufficio, definibile in acquiescenza (art. 15, D.Lgs. n. 218/1997) oppure mediante il ricorso all’accertamento con adesione (D.Lgs. n. 218/1997) che, in talune circostanze, potrebbe risultare più conveniente. Infatti, per quanto attiene alle sanzioni, in sede di ravvedimento non può operare il cumulo giuridico che, invece, l’Ufficio è tenuto ad applicare in sede di accertamento.
D’altro lato, però, il ravvedimento può comportare una riduzione delle sanzioni maggiore rispetto all’accertamento e l’applicazione degli interessi al tasso legale che, tranne che per l’anno 2023, è stato sempre inferiore al tasso di interesse “fiscale” (3,5% annuo – cfr. art. 6, D.M. 21 maggio 2009).

Attenzione

Con un emendamento approvato in sede di conversione del decreto Milleproroghe (D.L. 30 dicembre 2023, n. 215) l’applicabilità del ravvedimento speciale, previsto dall’art. 1, commi da 174 a 178, della legge di Bilancio 2023 (legge n. 197/2022) e che prevede il pagamento della sanzione pari a 1/18 del minimo edittale, oltre all’imposta e agli interessi, è stata estesa “anche alle violazioni riguardanti le dichiarazioni validamente presentate relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022”.

Si ricorda che per i contribuenti con esercizio “solare” la dichiarazione relativa al 2022 si considera validamente presentata se trasmessa in ritardo ma entro il 28 febbraio 2024.

Vediamo di seguito le modalità di calcolo delle imposte evase e delle sanzioni nei casi in esame, che potranno poi servire ad indirizzare le scelte operative dei contribuenti a seconda delle diverse situazioni che possono venirsi a creare.

Risparmio %

Caso n. 1

Una persona fisica riceve una comunicazione CRS da cui risulta il possesso, presso una banca di un Paese extracomunitario non black list, di una somma pari a euro 2.500.000, relativamente all’anno 2019.

Tenuto conto che il soggetto può dimostrare che la somma non deriva da redditi sottratti a tassazione (per esempio, eredità o donazione) e che la stessa ha prodotto, nell’anno 2019, redditi di capitale (interessi), per 75.000 euro, si valuta il costo del ravvedimento (per semplicità, l’IVAFE non viene considerata nell’esempio).

Ravvedimento

– IRPEF non dichiarata: 19.500 euro (75.000 x 26%)

– interessi da ravvedimento (tasso legale con maturazione giorno per giorno): 1.092 euro (valore indicativo sulla base del tasso legale medio pari a 1,40% moltiplicato per 4 anni)

– sanzione minima: 23.400 euro (19.500 x 120%)

– riduzione da ravvedimento: 3.900 euro (23.400/6)

– sanzione minima RW: 75.000 euro (2.500.000 x 3%)

– riduzione da ravvedimento: 12.500 euro (75.000/6)

Totale dovuto: 36.992 euro (19.500 + 1.092 + 3.900 + 12.500)

Accertamento

In caso di accertamento da parte dell’Ufficio si avrebbe la seguente situazione:

– IRPEF non dichiarata: 19.500 euro (75.000 x 26%)

– interessi (tasso fiscale del 3,5% per anno): 2.700 euro (valore indicativo)

– sanzione minima: 23.400 euro (19.500 x 120%)

– riduzione in caso di definizione agevolata o di acquiescenza all’accertamento: 7.800 euro (23.400/3)

– sanzione minima RW: 75.000 euro (2.500.000 x 3%)

– riduzione in caso di definizione agevolata delle sanzioni: 25.000 euro (75.000/3)

Totale dovuto: 55.000 euro (19.500 + 2.700 + 7.800 + 25.000)

Caso n. 2

Ipotizziamo lo stesso caso ma con la regolarizzazione relativa anche ai periodi d’imposta 2020, 2021 e 2022 e supponiamo che i redditi sottratti a tassazione siano dello stesso importo (75.000 euro).

In caso di ravvedimento, la riduzione della sanzione è pari a 1/6 per la violazione relativa al 2020, a 1/7 per la violazione relativa al 2021 e a 1/8 per la violazione relativa al 2022. Tali riduzioni si applicano sul cumulo materiale delle sanzioni applicabili (58.500 euro).

Invece, in caso di accertamento, l’Ufficio deve applicare il cumulo giuridico di cui all’art. 12, D.Lgs. n. 472/1997. Ipotizzando che l’Ufficio applichi gli aumenti minimi previsti dalla norma, si avrebbe che la sanzione sarebbe pari a quella più grave (23.400 euro), aumentata del 50% (35.500 euro) e aumentata ancora di 1/4 (44.375 euro).

Anche in questo caso, tuttavia, risulta più conveniente il ravvedimento sia perché la riduzione delle sanzioni è maggiore (nel nostro caso, pari, in media a 1/7) sia perché la riduzione applicabile in sede di acquiescenza all’accertamento deve tenere conto del fatto che “in ogni caso la misura delle sanzioni non può essere inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo” (l’Agenzia delle Entrate interpreta la norma come riferita alle violazioni più gravi in relazione a ciascun periodo d’imposta).

Caso n. 3

Ipotizziamo la mancata compilazione del quadro RW per 5 anni in relazione a possidenze finanziarie in un Paese black list.

Anno

Totale attività

Sanzione 6%

Anno 1

1.641.705

98.502

Anno 2

1.759.531

105.572

Anno 3

1.630.193

97.812

Anno 4

1.619.137

97.148

Anno 5

1.780.835

106.850

Totale sanzione cumulo materiale

505.884

Cumulo giuridico

– sanzione per la violazione più grave: 106.850 euro

Totale cumulo giuridico: 200.344 euro

Il cumulo giuridico risulta inferiore al cumulo materiale.

Tuttavia, occorre considerare che in sede di ravvedimento la sanzione può essere ridotta da 1/8 a 1/6, a seconda del ritardo con il quale viene eseguita la regolarizzazione e che, in caso di definizione agevolata, la misura delle sanzioni (secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate) non può essere inferiore a 1/3 dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo, con riferimento a ciascun periodo d’imposta. Pertanto, la sanzione ridotta per acquiescenza, pari a 1/3 della sanzione irrogata, non può essere inferiore a un terzo dei minimi edittali applicabili in ciascun anno, vale a dire 168.628 euro (505.884/3).

In caso di applicazione del ravvedimento, la sanzione minima (505.885 euro) verrebbe invece ridotta da 1/8 a 1/6. Applicando la minore riduzione prevista (1/6) la sanzione dovuta in sede di ravvedimento sarebbe pari a 84.314 euro, quindi inferiore a quella risultante dal cumulo giuridico.

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