Investimenti rilevanti ai fini PIR: esclusi contratti di associazione in partecipazione e carried interest
- 12 Luglio 2023
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta a interpello n. 382 del 12 luglio 2023 in tema di contratti di associazione in partecipazione con apporto di capitale e PIR Alternativi.
Invece, con la risposta a interpello n. 383 del 2023 ha analizzato il rapporot tra carried interest e PIR Alternativi.
L’articolo 1, commi da 100 a 114, della legge di bilancio 2017 prevede un regime di non imponibilità, ai fini delle imposte sui redditi, dei redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria, derivanti da determinati investimenti (cd. ”investimenti qualificati”) operati tramite piani di investimento del risparmio a lungo termine (cd. ”PIR”) effettuati nel rispetto di determinate caratteristiche espressamente previste dalla normativa (vincoli e divieti di investimento) (cd. regime PIR).
Come affermato nella relazione illustrativa alla predetta legge, si tratta di una disciplina fiscale diretta a favorire la canalizzazione del risparmio delle famiglie verso gli investimenti in strumenti finanziari di imprese industriali e commerciali, italiane ed europee, radicate sul territorio italiano, per le quali maggiore è il fabbisogno di risorse finanziarie e insufficiente è l’approvvigionamento mediante il canale bancario.
Ai fini dell’individuazione degli strumenti ammissibili, si deve far riferimento prima facie alla definizione di ”strumento finanziario” rinvenibile nell’articolo 1 del testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), che all’articolo 1, comma 2 del TUF definisce «strumento finanziario»: «qualsiasi strumento riportato nella Sezione C dell’Allegato I, compresi gli strumenti emessi mediante tecnologia a registro distribuito. Gli strumenti di pagamento non sono strumenti finanziari».
La nozione di ”strumento finanziario” contenuta nell’articolo 1 e nell’allegato I, sez. C del TUF è da considerarsi ”aperta” ovvero in grado di adeguarsi all’evoluzione dei mercati. Le categorie di ”valore mobiliare”, di ”strumenti del mercato monetario” e di ”quote di organismo di investimento collettivo”, presenti, tra gli altri, nell’allegato I, sez. C del TUF, infatti, rinviano ad altre definizioni normative e regolamentari.
In particolare, l’articolo 1, comma 1bis, del TUF specifica che per «valori mobiliari» «si intendono categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio:
–azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e ricevute di deposito azionario?
–obbligazioni e altri titoli di debito, comprese le ricevute di deposito relative a tali titoli?
-qualsiasi altro valore mobiliare che permetta di acquisire o di vendere i valori mobiliari indicati alle lettere a) e b) o che comporti un regolamento a pronti determinato con riferimento a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, merci o altri indici o misure.
La classe dei «valori mobiliari», dunque, è definita mediante una tecnica esemplificativa, essendo in essa espressamente ricomprese anche fattispecie diverse da quelle indicate purché assimilabili.
In estrema sintesi, sono «valori mobiliari» quelle categorie di «valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali». La negoziabilità intesa come idoneità ad essere negoziabile, costituisce caratteristica comune agli strumenti finanziari. Tale idoneità, nella sostanza, consiste nella possibilità giuridica di essere oggetto di atti dispositivi e nella possibilità concreta di essere oggetto di circolazione all’interno di un mercato finanziario. Ciò significa che la circolazione dei predetti strumenti non deve essere occasionale e limitata ad un ristretto numero di operatori, né subordinata a vincoli così restrittivi da renderla di fatto pressoché impossibile.
La negoziabilità, inoltre, dipende da caratteristiche proprie dello strumento, quali la standardizzazione e la divisibilità.
La normativa PIR non richiede necessariamente la negoziazione nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione e, pertanto, nel novero degli strumenti finanziari qualificati ai fini PIR possono essere inclusi anche quelli non negoziati in detti mercati e sistemi multilaterali.
In ogni caso, la qualificazione distrumento finanziario, di persé, non è sufficiente per far rientrare l’investimento tra quelli ammissibili ai fini della normativa in esame, ma occorre che lo strumento finanziario a cui sono destinate le somme del PIR presenti caratteri e finalità compatibili con l’impianto previsto dalla normativa.
Con riferimento a tali tipologie contrattuali viene conferita dal legislatore tributario una rilevanza preminente alla circostanza che, a fronte di un apporto di capitale venga attribuito all’associato il diritto alla partecipazione agli utili ed alle eventuali perdite. La disciplina fiscale applicabile è, infatti, analoga a quella prevista per le diverse ipotesi di strumenti partecipativi della società ancorché tramite i contratti di associazione in partecipazione non venga comunque conferito all’associato un diritto di partecipazione al capitale della società associante.
Contratti di associazione in partecipazione con apporto di capitale e PIR Alternativi
In tal senso, l’articolo 44, comma 1, lettera f), del Tuir, stabilisce che costituiscono redditi di capitale gli utili derivanti da associazioni in partecipazione e dai contratti indicati nel primo comma dell’articolo 2554 del codice civile, salvo il disposto della lettera c) del comma 2 dell’articolo 53.
La qualificazione tra i redditi di capitale degli utili accordati sulla base di contratti di associazione in partecipazione avviene in maniera distinta ed autonoma rispetto alla categoria degli utili da partecipazione al capitale o al patrimonio in senso proprio, compresi nella lettera e) del medesimo comma 1 dell’articolo 44 del Tuir, che fa riferimento agli «utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società salvo il disposto della lettera c) del comma 2 dell’articolo 53.
L’articolo 44, comma 2, lettera a), del Tuir stabilisce che si considerano similari alle azioni, i titoli e gli strumenti finanziari emessi da società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d), la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi.
Come chiarito nella circolare 16 giugno 2004, n. 26/E, al paragrafo 2.3, l’assimilazione alle azioni riguarda esclusivamente gli strumenti finanziari rappresentati da titoli o certificati posto che la norma fa riferimento ai ”titoli e altri strumenti finanziari”. La locuzione ”strumenti finanziari”, da assumere in conformità alla più restrittiva accezione civilistica, non abbraccia dunque anche i contratti non cartolarizzati, quali ad esempio, quelli di associazione in partecipazione e di cointeressenza, per i quali pertanto non opera l’assimilazione alle azioni.
Inoltre, anche in relazione all’indeducibilità ai fini del reddito d’impresa di tali remunerazioni, il legislatore tratta separatamente i titoli e gli strumenti finanziari dai contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza che prevedono un apporto di capitale o un apporto misto (di capitale e di opere e servizi).
L’indeducibilità dal reddito d’impresa, infatti, è disposta dall’articolo 109, comma 9, del Tuir per le remunerazioni dovute:
-ai sensi della lettera a), relativamente ai titoli e agli strumenti finanziari?
-ai sensi della lettera b), relativamente ai contratti di associazione in partecipazione.
Inoltre, sotto il profilo della circolazione, il contratto di associazione in partecipazione con apporto di capitale a differenza degli strumenti finanziari non è offerto ad un pubblico indistinto, ma è frutto di un accordo tra l’associante e l’associato che non presenta le caratteristiche sopra illustrate di standardizzazione, divisibilità e negozialità.
Sul punto, il Ministero dell’Economia e delle Finanze Dipartimento delle Finanze, ha ritenuto condivisibile le conclusioni secondo cui nonostante l’esistente equiparazione del trattamento fiscale previsto per la remunerazione relativa a tali contratti a quello previsto per i proventi di natura finanziaria derivanti dalla partecipazione in società, i medesimi contratti non costituiscono né strumenti finanziari, né prestiti o crediti e, pertanto, che deve ritenersi che i contratti di associazione in partecipazione di cui all’art. 2549 c.c., sono esclusi dall’ambito degli investimenti rilevanti ai fini PIR.
Carried interest e PIR Alternativi
Quanto alla possibilità di includere tra gli investimenti ”rilevanti” ai fini del regime PIR gli strumenti finanziari dotati di diritti patrimoniali rafforzati per i quali ricorrono i presupposti previsti all’articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017, occorre verificare che lo strumento finanziario a cui sono destinate le somme del PIR presenti caratteristiche e finalità compatibili con l’impianto previsto dalla relativa disciplina.
La scelta di investire nell’economia reale, circoscritta alle imprese con le quali l’investitore è legato, direttamente o indirettamente, da un rapporto di lavoro, vanificherebbe la ratio del regime di esenzione di favorire l’afflusso di capitale di rischio all’intera economia reale di mercato.
In relazione alla possibilità di applicare il regime di esenzione anche ai proventi derivanti da strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati, è stato richiesto un parere al Ministero dell’Economia e delle Finanze Dipartimento delle Finanze, che ha rilevato che la disciplina dei ”carried interest” è stata introdotta al fine di distinguere in modo netto, sulla base dei requisiti quantitative e temporali ivi previsti, i proventi qualificabili come redditi di lavoro dipendente o autonomo e i redditi di capitale o diversi ed evitare possibili abusi volti a convertire in modo surrettizio redditi di lavoro (dipendente o autonomo) in redditi di capitale o diversi.
I predetti strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati, in via generale, vengono emessi al fine di allineare gli interessi dei manager a quelli degli investitori e trovano la loro fonte nei cc.dd. ”carried interest arrangement” che sono parte integrante di talune strutture di investimento.
Per tali strumenti finanziari, pertanto, non vi è ”sollecitazione all’investimento” all’esterno della struttura di investimento. L’inclusione degli strumenti finanziari partecipativi in un PIR non è in linea con la finalità sottesa alla relativa disciplina fiscale agevolativa, volta a favorire la creazione di uno stabile canale, alternativo a quello tradizionale, per far affluire risorse alle imprese dell’economia reale.