IVA e registro in cerca di un coordinamento

Nella legge delega fiscale n. 111/2023, tra i principi e i criteri generali che devono essere rispettati nella riforma del sistema tributario, ve n’è indicato uno di estrema rilevanza: il coordinamento delle diverse norme.

Tra le varie norme che sembrerebbero meritevoli di attenzione al fine di un loro coordinamento spiccano quelle relative all’imposta di registro e all’IVA. I rapporti tra le due imposte rispondono al principio dell’alternatività parziale.

Si tratta di una tematica importante che non viene trattata nelle differenti specifiche disposizioni della legge delega, seppur molto incisive sui regimi attuali dell’imposta di registro, da una parte, e dell’imposta sul valore aggiunto, dall’altra.

L’IVA nella legge delega fiscale

L’art. 7 della legge delega fiscale n. 111/2023 è dedicato, giusta la rubrica all’articolo stesso, ai “principi e criteri direttivi per la revisione dell’imposta sul valore aggiunto”.

Tra i principi e i criteri direttivi più importanti menzionati nella disposizione in parola è possibile annoverare:

– la ridefinizione dei presupposti del tributo al fine di “renderli più aderenti alla normativa dell’Unione europea”;

– la risistemazione del sistema della detrazione al fine di rendere il relativo diritto “maggiormente aderente all’effettivo utilizzo dei beni e dei servizi impiegati ai fini delle operazioni soggette all’imposta” e al fine di “armonizzare i criteri di detraibilità dell’imposta relativa ai fabbricati a quelli previsti dalla normativa europea”;

– la revisione delle “disposizioni che disciplinano le operazioni esenti”;

– la razionalizzazione del numero e della misura delle aliquote dell’IVA.

Queste previsioni dovrebbero quindi implicare, rispettivamente:

– la riformulazione del presupposto oggettivo per applicare l’IVA, in particolare in rapporto alla cessione dei beni, o del presupposto territoriale e la rimeditazione del concetto di economicità e di quello di commercialità (tema delicatissimo, non chiaro, in quanto si constatano delle divergenze tra l’ordinamento giuridico italiano e l’ordinamento giuridico unionale, il primo più formalista e il secondo più sostanzialista);

– la revisione del sistema del pro-rata (limitando la sua applicazione ai beni e servizi di uso promiscuo) e del regime delle fatture a cavallo d’anno;

– l’individuazione delle operazioni esenti, in particolare quelle immobiliari (locazioni e cessioni), per le quali deve essere rivisto il meccanismo dell’opzione per l’imponibilità;

– l’omogeneizzazione del trattamento ai fini dell’IVA per beni e servizi similari, avendo riguardo alle esigenze di maggiore rilevanza sociale (per esempio, tra l’altro, per quanto concerne l’edilizia: alloggi sociali, fabbricati Tupini, materie prime e semilavorati, agevolazione prima casa, etc.).

L’imposta di registro nella legge delega fiscale

L’art. 10 della legge n. 111/2023 contiene i “Principi e criteri direttivi per la razionalizzazione dell’imposta di registro, dell’imposta sulle successioni e donazioni, dell’imposta di bollo e degli altri tributi indiretti diversi dall’IVA”.

Per quanto concerne l’imposta di registro nello specifico, nell’art. 10 è disposto, tra le previsioni più importanti, che nell’attuazione della delega fiscale deve essere:

– razionalizzata la disciplina normativa dell’imposta di registro;

– rivista la modalità di applicazione dell’imposta di registro sugli atti giudiziari;

Pertanto, in sede di attuazione della delega fiscale, potrebbero, rispettivamente:

a) essere accorpate o soppresse alcune fattispecie imponibili oppure essere revisionate le basi imponibili o le aliquote applicabili, secondo quanto indicato nella legge delega stessa.

Nel silenzio del legislatore, in linea con quanto indicato nella legge delega, si potrebbe meditare una risistemazione della tassazione degli accordi transattivi e delle risoluzioni dei contratti.

Inoltre, potrebbero essere riscritte, tra l’altro, le norme che non sono ancora allineate all’autoliquidazione prevista per l’imposta di registro (per esempio art. 16, D.P.R. n. 131/1986, in cui è ancora prevista l’esecuzione della registrazione di un atto “previo pagamento dell’imposta liquidata dall’ufficio”);

b) essere previsti dei sistemi per l’agevole identificazione della parte soccombente, quale soggetto passivo dell’imposta di registro, come indicato dalle norme approvate.

Nel silenzio del legislatore si potrebbe intervenire, nello specifico, inoltre, tra gli altri, sugli atti recanti condanna al risarcimento del danno da reato (attualmente registrati a debito con una procedura alquanto complessa devoluta non all’ufficio finanziario ma all’ufficio giudiziario) o sulle sentenze di rigetto del reclamo contro le ordinanze di estinzione dei processi (in quanto sarebbe necessaria una classificazione tra le sentenze di merito e le sentenze di rito ai fini tributari).

E l’alternatività tra imposta di registro e IVA?

A fronte delle singole disposizioni della legge n. 111/2023 concernenti le due principali imposte indirette (l’imposta di registro e l’IVA), non risulta che il Legislatore abbia previsto alcunché, in modo specifico, relativamente ai rapporti tra di esse, benché in ambito IVA sia disposta una revisione – che non potrà che generare ricadute nell’applicazione dell’imposta di registro in alternatività parziale con l’IVA – delle operazioni esenti e, in particolare per le operazioni immobiliari, una rivisitazione del meccanismo di opzione per l’imponibilità che influenza l’applicabilità dell’imposta di registro.

L’alternatività tra imposta di registro e imposta sul valore aggiunto è una delle tematiche che maggiormente rende complessa l’applicazione di queste due imposte. La ragione è da ricercarsi nel fatto che l’imposta di registro è un’imposta d’atto mentre l’IVA è un’imposta che si basa sull’economicità delle operazioni tassate (spesso oggetto degli atti assoggettati a imposta di registro).

Le difficoltà operative nell’applicazione dell’imposta di registro e dell’imposta sul valore aggiunto in alternatività si riscontrano, in particolare, nella pratica, tra l’altro, per le seguenti fattispecie:

– le compravendite e le locazioni immobiliari (così come riconosciuto anche nella Relazione illustrativa al Ddl delega fiscale 2023, sub art. 7);

– i preliminari di compravendita che prevedono caparre e acconti;

– gli accordi transattivi;

– le cessioni dei crediti (compresi i crediti IVA);

– le cessioni dei contratti di leasing strumentali;

– i decreti ingiuntivi.

Tutti questi temi elencati, naturalmente in maniera non esauriente, potrebbero essere dei temi da affrontare nell’ambito della riforma fiscale, tenendo conto, peraltro – argomento che potrebbe essere oggetto di previsioni specifiche in sede di attuazione della delega fiscale – che l’IVA è, in primo luogo, un’imposta sul consumo.

La possibilità di intervenire su questi fronti critici sembrerebbe essere prevista nella disposizione di cui all’art. 21, comma 1, lettera b), della legge n. 111/2023 in cui è stabilito che “il Governo è delegato ad adottare […] uno o più decreti legislativi […] per il riordino organico delle disposizioni che regolano il sistema tributario […] attenendosi ai seguenti principi e criteri direttivi: […] coordinamento, sotto il profilo formale e sostanziale, delle norme vigenti, anche di recepimento e attuazione della normativa dell’Unione europea, apportando le necessarie modifiche, garantendone e migliorandone la coerenza giuridica, logica e sistematica, tenendo anche conto delle disposizioni recate dai decreti legislativi eventualmente adottati”.

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