IVA non dichiarata e non versata: legittima la sanzione commisurata all’imposta dovuta
- 19 Maggio 2023
- Posted by: Studio Pozzan
- Categoria: News Commercialista
Con la sentenza C-418/22 del 17 maggio 2023, la Corte di Giustizia UE è intervenuta in merito ad alcune questioni relative alla compatibilità, sul piano comunitario, delle disposizioni dell’ordinamento belga in tema di sanzioni amministrative dovute in caso di omessa dichiarazione e versamento dell’IVA.
La fattispecie in esame
Una società belga, per gli anni 2013-2015, ha omesso di presentare le dichiarazioni periodiche e di versare la corrispondente IVA.
Le Autorità fiscali, oltre a pretendere il pagamento dell’imposta, hanno applicato i relativi interessi e sanzioni, queste ultime nella misura del 20% dell’IVA “a debito”, cioè relativa alle operazioni attive di ciascun periodo di riferimento delle dichiarazioni omesse.
La società si è opposta sostenendo che le sanzioni dovrebbero essere calcolate tenendo conto dell’IVA “a credito”, assumendo quindi come base di commisurazione l’imposta dovuta sulle operazioni attive al netto di quella assolta sulle operazioni passive, per la quale la società ha diritto di esercitare la detrazione.
In sintesi, secondo la società:
(i) il debito IVA del soggetto passivo si compone sempre dell’imposta dovuta sulle prestazioni a valle al netto dell’imposta detraibile assolta sulle prestazioni a monte dello stesso periodo;
(ii) per un medesimo periodo, le prestazioni a valle e quelle a monte sono indissociabili;
(iii) il principio di proporzionalità impone agli Stati membri di non applicare una sanzione di importo pari all’IVA detraibile, altrimenti il diritto di detrazione sarebbe privo di senso e di sostanza.
Le Autorità fiscali hanno ritenuto inapplicabile al caso di specie le indicazioni della citata giurisprudenza comunitaria, in quanto relative all’esercizio della detrazione.
Infatti, nella fattispecie oggetto della causa C-418/22 in commento, la sanzione è stata irrogata non in conseguenza di un’indebita detrazione senza pregiudizio per l’Erario, ma per l’omesso versamento dell’imposta relativa alle operazioni attive, con una perdita di gettito in caso di mancato recupero dell’imposta dovuta. Oltretutto, la sanzione non è pari al 100% dell’indebita detrazione, ma al 20% dell’IVA dovuta.
Utilizzare l’importo netto dell’IVA come base di calcolo della sanzione condurrebbe, inoltre, al risultato che la sanzione proporzionale sarebbe essere pari a zero nel caso in cui l’imposta “a credito” sia uguale o maggiore dell’imposta “a debito”, con la conseguenza che al soggetto passivo non sarebbe irrogata nessuna sanzione sebbene abbia violato l’obbligo di versamento dell’imposta.
I motivi del rinvio alla Corte europea
In mancanza di armonizzazione della normativa comunitaria nel settore delle sanzioni applicabili per le violazioni degli obblighi d’imposta, gli Stati membri restano competenti a scegliere le sanzioni più appropriate. Tuttavia, essi sono tenuti ad esercitare la loro competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali e, quindi, nel rispetto del principio di proporzionalità (causa C-564/15); in particolare, i provvedimenti adottati dagli Stati membri non devono eccedere quanto necessario per raggiungere gli obiettivi perseguiti e non possono, pertanto, essere utilizzati mettendo in discussione la neutralità dell’IVA (causa C-138/12).
Al fine di valutare se le sanzioni applicate siano conformi al principio di proporzionalità, occorre tenere conto, in particolare, della natura e della gravità dell’infrazione, nonché delle modalità di determinazione dell’importo delle sanzioni stesse (causa C-935/19).
Sebbene il principio di neutralità non si applichi direttamente alle sanzioni previste in caso di inosservanza degli obblighi IVA, il giudice nazionale si è chiesto se tale principio debba essere preso in considerazione nell’ambito dell’esame del rispetto del principio di proporzionalità.
La Corte è stata, quindi, chiamata a valutare la compatibilità, sul piano comunitario, della normativa nazionale in forza della quale la violazione dell’obbligo di dichiarare e versare l’IVA all’Erario è sanzionata con un’ammenda pari al 20% dell’imposta dovuta, senza considerare l’imposta detraibile. Alla Corte è stato, inoltre, chiesto se influisca sulla soluzione della questione il fatto che il soggetto passivo, a seguito di un controllo fiscale, abbia volontariamente o involontariamente versato l’importo dell’imposta esigibile al fine di regolarizzazione la violazione e, quindi, di conseguire l’obiettivo di garantire l’esatta riscossione dell’imposta.
L’orientamento della Corte di Giustizia UE
Fatte salve le verifiche che spettano al giudice del rinvio riguardo al carattere proporzionale della sanzione inflitta nel caso di specie, la Corte ha confermato la legittimità delle disposizioni nazionali in forza delle quali la violazione dell’obbligo di dichiarare e versare l’IVA è punita con una sanzione pari al 20% dell’imposta “a debito”.
Fermo restando che, nella fattispecie, non è avvenuta alcuna regolarizzazione volontaria, la circostanza che, in seguito ad un controllo fiscale, il soggetto passivo abbia, volontariamente o involontariamente, regolarizzato i pagamenti insufficienti constatati dalle Autorità competenti può essere rilevante per valutare la proporzionalità della sanzione alla luce dell’obiettivo di garantire l’esatta riscossione dell’imposta.
In ogni caso, considerata la natura e la gravità delle infrazioni contestate, e tenuto conto del carattere effettivo e dissuasivo delle sanzioni in materia di IVA, la Corte ha ritenuto che l’applicazione di una sanzione pari al 20% dell’imposta “a debito” non ecceda quanto necessario per garantire l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare la frode.
Tanto più che la sanzione inflitta alla società non ha rimesso in discussione il diritto alla detrazione dell’IVA, posto che, come risulta dai fatti di causa, all’atto dell’accertamento del debito fiscale, le Autorità finanziarie belghe hanno proceduto d’ufficio alla detrazione dell’imposta a monte.